Quale casa, quale città dopo?
di ROSAMARIA SORGE ♦
Questa lunga permanenza a casa per una pandemia, per certi versi annunciata, ci costringe a ripensare per il futuro le nostre città e anche le nostre case. Queste in particolare erano il luogo dove ci si fermava poco dove ci si ritrovava, specie nelle grandi città, dove il lavoro ti portava a grande distanza dalla residenza, solo ad ora di cena, e solo nei centri più piccoli anche fugacemente a ora di pranzo, per uscire di gran corsa tutti, ognuno alle prese con i propri impegni, lavoro, studio, sport, svago.
Questa triste e nello stesso tempo incredibile esperienza ci costringe a rivedere tutto il nostro modo di vivere e tante nostre scelte; la lunga convivenza di giorni e ore in famiglia con compagni di viaggio, che ci siamo sicuramente scelti ma con cui a conti fatti abbiamo sempre condiviso un numero discreto di ore, ha fatto emergere e acuito dissidi e incomprensioni, esaltati dalla paura e spesso dalla noia e non ultimo da spazi non adatti a lunghe frequentazioni. A questo disagio hanno risposto meglio le donne che, anche quando lavorano, hanno sempre avuto una marcia in più per affrontare momenti difficili, hanno sempre avuto risorse circoscritte all’ambito casalingo da sviluppare e quindi hanno affrontato questa incredibile situazione con più frecce al proprio arco, e forse si saranno anche rese conto di come l’abitazione non è adeguata a supportare le esigenze di tutti. Ma una casa adatta a un sistema di vita diversa, comporta anche una città strutturata diversamente e dove prevalgano altri criteri rispetto a quelli attuali.
Generalmente,specie nelle grandi città del nord, i luoghi pubblici erano quasi un prolungamento di alcuni ambienti domestici; la cucina si estendeva nei bar, la mattina per la colazione e nei ristoranti e tavole calde a cena e a pranzo, e cinema e teatri sostituivano i nostri soggiorni; invece ora si riaccenderanno i fornelli per cucinare e mangiare con i nostri familiari. Le case non saranno più un luogo di passaggio ma gli spazi della casa si riapproprieranno delle loro funzioni primarie e torneranno ad essere luoghi vissuti con maggiore intensità. L’abitazione quindi riconquisterà quella vivibilità reale fatta di un arricchimento di gesti a cui corrisponderà una migliore disposizione spaziale; ma oggi rimanere a casa significa non potere più fare a meno di Internet e quindi vanno previste più postazioni e più terminali, dislocati in ambienti diversi e collegati anche in rete. In questo modo l’abitazione, luogo privato per eccellenza, attraverso i social, internet, messenger, whatsapp, e poi Zoom, Meet, Skipe, si apre al pubblico. I soggiorni saranno i luoghi della socialità familiare e dovranno attrezzarsi con schermi multimediali e comodi divani; la cucina ridiventa il fulcro della casa e uno spazio esterno, giardino, balcone o terrazza, dove il verde diventa protagonista, assume grande importanza. Probabilmente per molto tempo non si recupererà il precedente stile di vita ed ecco che anche il bagno si trasforma in una spa in grado di ritemprarci e non è trascurabile poi uno spazio che ci permetta un po’ di esercizio fisico. Le funzioni legate all’esercizio fisico o la cura del verde potrebbero in molti casi essere risolti, dove è possibile, ridando nuove funzioni a spazi condominiali interni od esterni spesse volte dimenticati o trascurati.
Se le nostre case dovranno diventare più confortevoli perché ci passeremo molte più ore, problema più complesso è rendere le nostre città a misura del dopo.
Il dopo sarà caratterizzato da un distanziamento sociale tra le persone per un lungo periodo e l’accento andrà posto sui problemi che questa pandemia ha evidenziato; primo, bisognerà ripensare alla globalizzazione che tanti meriti ha avuto ma anche tanti demeriti; in seconda battuta alla Sostenibilità, termine di gran moda ma usato più nelle chiacchiere che nel concreto e che invece deve diventare la base per le azioni future insieme al concetto di economia e di città circolare; al terzo punto il Clima: sottovalutare i cambiamenti climatici sacrificando il pianeta alla produzione incontrollata non appare più tanto saggio; in quarta posizione, le città dovranno superare le divisioni funzionali per spingersi ad una maggiore ibridazione delle stesse; il quinto punto sarà quello di favorire una società reticolare sviluppando al massimo la trasformazione digitale e la massima condivisione di funzioni economiche e culturali; ed infine last but not least, una necessaria attenuazione delle diseguaglianze che costituiscono non solo un problema dal punto di vista etico ma un forte ostacolo ai cambiamenti necessari per salvare la nostra civiltà e il nostro pianeta.
Siamo davanti ad una sfida difficile che non possiamo non accettare, ignorare quello che è successo e considerarlo solo una parentesi, un freno, un ostacolo momentaneo sarebbe il più grosso errore che oggi possiamo fare; accettare la sfida e ridefinire necessità, concetti di sviluppo, funzioni, e di conseguenza spazi di vita diventa la sola possibilità per immaginare un futuro per noi e per le generazioni future.
ROSAMARIA SORGE
Grazie Rosamaria di questo tuo contributo alla riflessione comune sul mondo che verrà. Non so se lo consideri un complimento, ma mi è parsa un’analisi molto sociologica.
Nicola
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Caro Nicola, in parte lo è, non dimenticare che in Architettura si studia anche Sociologia urbana e io ho avuto un maestro eccezionale in Mauro Rostagno
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