LA CARBONARA, UN PIATTO UN MITO
di LUCIANO DAMIANI ♦
Ci sono pochi piatti, come la pasta alla carbonara, capaci di essere così popolari e nello stesso tempo capaci di evocare una città, piatti che tutto il mondo conosce e tenta di fare. Certo la Pizza Napoletana e la pasta col pomodoro restano irraggiungibili, ma questa pasta non è molto distante ed identifica Roma, la capitale. A Campo de’ fiori, c’è il ristorante “La Carbonara” e dove poteva essere? Nel cuore di Roma la moglie di un carbonaio preparava pasti caldi in una bottega vicino al negozio del marito. Nel 1912, recita la storia del locale, quella famiglia aprì una trattoria col nome di “Il Carbonaro”. Dopo la guerra divenne La Carbonara”.

Il Ristorante La Carbonara – foto dal sito
http://www.ristorantelacarbonara.it/
Nel sito del locale si legge che dal 1927 presero a scrivere le ricette che provavano in un ricettario, si citano fra gli altri gli “spaghetti alla carbonara”. Tenete presente questa cosa.
Volessimo cercare le origini di questo piatto non troveremmo un gran che. Come spesso accade dovremmo considerare il piatto moderno una modificazione di un piatto popolare da cui ha avuto origine.
Si dice che nasca dall’incontro della “pasta e caso” napoletana con le truppe americane del secondo conflitto mondiale. In buona sostanza c’è chi protende per l’idea che qualche soldato propose di unire il suo “bacon” e le uova alla pasta bianca col formaggio e pepe. La pasta “caso e pepe” è documentata ben prima della guerra, idem con l’aggiunta di uova. Quella che conosciamo oggi e riconosciuta da tutti, considera l’uso del guanciale e non della pancetta, inoltre nella ricetta napoletana “Pasta caso e ova” viene riportato l’uso della ‘nzogna (sugna), ciò porterebbe a pensare che l’attuale sia una evoluzione della nzogna verso il guanciale e non una “contaminazione” di qualcosa che viene da fuori come sarebbe il “bacon” del soldato americano.
D’altra parte par di capire che la ricetta della pasta alla carbonara fosse già presente nel ricettario del ristorante di Campo de Fiori già dal 21 o comunque dagli anni subito seguenti, cosa che escluderebbe, appunto, la contaminazione d’oltre oceano.
Basta, non indugio più sulla cultura storica di questo piatto dalla spiccatissima personalità, anche perchè non c’è niente di più da dire… che io sappia.
GLI INGREDIENTI
Uno dei punti sui quali i puristi o fondamentalisti che dir si voglia insistono è l’uso del guanciale, negando decisamente l’uso della pancetta. Il guanciale ha una struttura meno fibrosa della pancetta, per cui, scaldato, rilascia molto più grasso sciolto di quanto faccia la pancetta. La ricetta dei puristi non prevede l’aggiunta di olio, per questo si usa il guanciale che è decisamente più indicato della pancetta. Ricordo che la pasta Caso e pepe si faceva con la nzogna molto usata nel napoletano, la si usa infatti anche per O’ Rau’ (il ragout) e per tante altre preparazioni, col tempo l’olio ha alleggerito la dieta. Quindi il guanciale ha preso il posto della ’nzogna, forse per il gusto o forse per la difficoltà per i “cittadini” di trovarla.
Le uova dovranno essere freschissime e possibilmente ruspanti, comunque di ottima qualità. L’uovo va cotto ma senza farne frittata, come vedremo più avanti, potrebbe capitare che non si riesca a cuocere del tutto, quindi, di qui l’opportunità che sia molto fresco.
Gli altri ingredienti: pecorino, parmigiano e pepe.
Il piatto è uno di quelli che si definiscono “veloci” il tempo di far bollire l’acqua e cuocere la pasta.

il guanciale ordinatamente disposto sul fondo della padella perché possa sciogliersi meglio ed uniformemente. La padella di rame stagnato è ideale, sia per sciogliere il guanciale che al momento di saltare la pasta poiché il rame, grande conduttore di calore, riesce ad avere una temperatura ben diffusa su tutta la superficie, ed il suo spessore a mantenerla.
Per prima cosa ci occupiamo del guanciale, ripuliamolo della cotenna e della parte ricoperta di pepe, lo affettiamo più fino che possiamo e con questo ci copriamo il fondo della padella, che sia tutto il fondo coperto. Accendiamo il fuoco e lo lasciamo molto basso, il guanciale si deve sciogliere piano piano ma non deve friggere, il grasso fritto non è una boccata di salute.
Mentre il guanciale si scioglie, mettiamo la pentola dell’acqua sul fuoco. Prepariamo le uova che sbatteremo assieme al formaggio parmigiano e pecorino al 50%. Per le uova si consideri uno per 100 grammi di pasta, per il formaggio un paio di cucchiai, sempre per 100 gr. Alcuni usano solo il rosso, ma io non vedo perché si debba buttare l’albume, del resto non credo proprio che un piatto popolare e povero possa prevedere di gettare l’albume dell’uovo. Se abbiamo il pepe in grani, converrà macinarne una buona dose per averlo pronto all’occorrenza.
Mentre l’acqua arriva a bollore o la pasta cuoce, controlliamo il guanciale. Se ha già rilasciato sufficiente grasso, togliamolo via con una paletta forata o comunque con qualcosa che ci permetta di farlo senza portar via anche il liquido. Tiriamo via il guanciale e teniamolo a parte in una ciotola.
Una parte del guanciale rimosso la utilizziamo per guarnire il piatto con una nota di croccantezza saporita. Per fare ciò mettiamo un poco d’olio in un pentolino e facciamoci friggere qualche pezzo di guanciale in quantità ragionevole per ogni commensale, deve solo guarnire e dare un tocco di saporito croccante. Attenzione a non bruciarlo.
Quando la pasta è cotta siamo arrivati al momento topico, la maestria si dimostra nella capacità di cuocere l’uovo senza farlo rapprendere ovvero producendo una “crema”.
DA SAPERE:
L’uovo si cuoce attorno ai 60/65 gradi rimanendo semiliquido, attorno ai 70 si rapprende tipo frittata.
Durante l’ebollizione la pasta rilascia una certa quantità di amido. Possiamo sfruttare questa caratteristica per addensare la salsa.
LE FASI:
La padella col grasso disciolto la rimettiamo sul fuoco, aggiungiamo metà del pepe e quindi ci scoliamo dentro la pasta che faremo insaporire di grasso e pepe saltandola un poco.
Aggiungiamo quindi l’acqua di cottura della pasta (un buon mestolo per 200 grammi di pasta), continuiamo a saltare fino a che inizia chiaramente ad addensarsi.
Togliamo la padella dal fuoco, attendiamo qualche attimo per far scendere la temperatura, quindi aggiungiamo le uova col formaggio e riprendiamo a saltare fuori dal fuoco.
Dopo qualche salto sufficiente a distribuire la salsa, continuiamo sopra la fiamma, ad una certa altezza, sufficiente a far sentire il calore ma non troppo direttamente.
Quando la salsa si addensa è il momento di scegliere quando smettere, più o meno asciutta, ma sempre cremosa.

La fiamma tiene calda la padella a distanza senza farle raggiungere una temperatura troppo alta.
E’ quindi l’ora di sistemare la pasta nel piatto aggiungendo qualche pezzo di guanciale croccante preparato in precedenza e una abbondante spolverata di pepe.
La Carbonara è un piatto assai popolare e affatto raffinato, ma possiamo renderlo meno rustico, magari con la scelta del formato di pasta ed il pepe. In questo caso ho utilizzato dei paccheri lisci di prim’ordine (Benedetto Cavalieri) e del pepe lungo. Il pepe lungo ha un sentore di noce moscata.

Paccheri Benedetto Cavalieri, il produttore conferma che il grano utilizzato viene dalla Puglia settentrionale e dal Molise. Lavorazione delicata ed essiccata a bassa temperatura, sino a 40 ore.
Riguardo i paccheri è bene utilizzare una marca che mantenga la forma anche una volta cotta, che cioè non si appiattisca. Altra cosa da tener presente è che questo formato (specie quello liscio) spesso è piuttosto fragile, si rompe se viene rimestato troppo o se si attacca anche leggermente al fondo, quindi il consiglio è di usare una pentola con scolapasta incorporato oppure di posare sul fondo qualche cosa che eviti il contatto della pasta con la superficie radiante. Si potrà così cuocere senza il rischio che si attacchi e senza necessità di dover rimestare frequentemente. Per lo stesso motivo è preferibile saltare la pasta piuttosto che rimestarla con un cucchiaio sia pur di legno.

Il piatto finito, i paccheri, ancora in forma ma cotti, restituiscono un aspetto ben diverso da quello che avrebbe con paccheri “schiacciati”.
DRITTE
Se abbiamo difficoltà nel “saltare” la pasta, possiamo poggiare la padella sulla pentola nella quale abbiamo cotto la pasta col fuoco acceso e basso. Il vapore non violento terrà sufficientemente calda la padella dandoci la possibilità di mescolare senza far rapprendere l’uovo. Possiamo anche cuocerlo a bagnomaria e poi aggiungerlo alla pasta nella padella fuori dal fuoco.
DA RICORDARE
Poiché useremo pecorino e guanciale, potrebbe risultare tutto troppo salato se non faremo attenzione nel salare l’acqua di cottura, ricordiamoci di assaggiare il pecorino. 🙂
Se tutto sarà fatto con amore ed attenzione il risultato sarà un gran bel piatto.
LUCIANO DAMIANI