CIVITAVECCHIA: CITTA’ CON IL PORTO O CITTA’-PORTO?
di TULLIO NUNZI ♦
Dalla giunta De Sio in poi, tutte le Amministrazioni Comunali hanno avviato protocolli d’intesa con l’Autorità Portuale. In gran parte, per ragioni economiche, ma tutte con l’intento di creare una maggiore sinergia tra porto e città.
Civitavecchia può essere definita una città con il porto, diversamente da altre città (vedi ad esempio Genova) che dopo una serie di investimenti, accordi, sinergie, sono diventate a tutti gli effetti città-porto.
La differenza tra le due tipologie, non solo salta agli occhi visivamente, ma anche a livello di percezione tra i cittadini. Si ha la sensazione di divisione tra città e porto (come fosse un mondo a se) e la percezione sbagliata, che Civitavecchia subisca quelle che sono tutte le negatività di un porto (inquinamento, traffico) ma non ne riceva benefici.
Sensazione sbagliata, ripeto, perché sicuramente sono saliti i livelli occupazionali ed anche perché il fatto che Civitavecchia veda scendere circa tre milioni di crocieristi/visitatori/turisti, permetterebbe una promozione turistica del nostro territorio non indifferente.
Come giustamente affermava un dirigente dell’autorità portuale, esiste una differenza tra croceristi e turisti. I primi si fermano un giorno, dovrebbero essere incentivati da pacchetti turistici, da itinerari turistico culturali e da itinerari dello shopping.
Esistono diversi progetti, sul tema sia di CNA che di Confcommercio ma credo che l’obbiettivo primario, lo slogan, il mantra che la città e le organizzazioni imprenditoriali dovrebbero fare proprio, dovrebbe essere ”da croceristi a turisti”.
Fare in modo che i milioni di persone che scendono dalla nave, sia per andare a Roma, sia per rimanere nel territorio, siano convinti a tornare presentando loro, le bellezze di un territorio, di una marca, di un sistema turistico. Ovviamente bisogna crederci; molti pensano che Civitavecchia non abbia attrattive turistiche. Per quanto mi riguarda lo vado proponendo da anni questo territorio ha fondamentali turistici adeguati, variegati, purché qualcuno li sappia mettere in rete.
Ai detrattori di uno sviluppo turistico, ricordo che a Nord ed a Sud di Civitavecchia, esistono patrimoni archeologici, che sono patrimonio UNESCO. Che Tolfa ed Allumiere sono un patrimonio naturalistico ed archeologico non indifferente (vedi l’attenzione di paesi finnici), che Civitavecchia e Santa Marinella hanno vissuto un passato roseo, da un punto di vista turistico per i loro aspetti balneari e per la presenza di un impianto termale, che ahimè è ormai diventato uno dei tanti problemi eternizzati di questa città.
Ovvio bisogna crederci; il sistema delle 5 terre, era una delle zone più povere della Liguria ed è diventato uno dei poli attrattivi più importanti per merito di qualche visionario. Di visionari a Civitavecchia siamo stati carenti però, forse da un punto di vista strategico, bisognerebbe cominciare a pensare seriamente a riportare una vera vocazione turistica in questo territorio, nonché al futuro sgombero delle centrali Enel, ed ipotizzare da subito che tipo di destinazione si voglia affidare ad uno dei tratti più belli della costa ormai devastata.
Per quanto mi riguarda, ovviamente parlo a titolo personale, credo che sia necessario riadeguare, riportare a vocazione turistica, un territorio che ha potenziali enormi; posizione logistica invidiabile.
Civitavecchia è il primo porto in Europa per crocierismo; ha in quei tre milioni che scendono un serbatoio di promozione turistica invidiato da tutta Italia. Potrebbe essere la capofila di una vera marca turistica, un vero sistema turistico territoriale estremamente attrattivo. Ovvio che in questa visione sia determinante per fare di Civitavecchia una vera città porto. Una governance comune tra la città e l’Autorità; Piani regolatori sinergici; visioni politiche e strategie comuni sullo sviluppo del territorio.
In questa visione si colloca la mia personale avversione all’Outlet proposta dall’Amministrazione a Fiumaretta. Non si tratta di una posizione ideologica. Per quanto mi riguarda sono per una strategia di vera democrazia economica per cui dall’ambulante al centro commerciale ci debba essere piena libertà di impresa, senza creare Far West di selvaggia liberalizzazione. Un sistema dove tutti siano messi in grado di competere, dove tutti abbiano garanzie di competizione. Bisogna quindi promuovere la città, a quella massa di turisti che sbarcano. Questo credo sia l’elemento centrale di una Amministrazione. Purtroppo, non so se sia solo una mia sensazione, ma da noi si tenta di creare circuiti chiusi all’interno del porto, come se si volesse impedire un rapporto con la città.
Come si può comprendere il terminal del gusto: eccellenze alimentari, presenti in città, ma che invece venivano previste all’interno del porto, ipotizzando itinerari interni al porto, impedendo un rapporto commerciale, culturale con la città.
Progetto presentato come la panacea dell’occupazione, con nessuna voce contraria. Un imperdibile sviluppo turistico a cui i soli commercianti si opponevano. Il tutto come si sa è fallito miseramente con danni notevoli per le aziende e per l’immagine del porto e della città.
L’Outlet sarà lo stesso. I croceristi saranno presi, portati nell’Outlet dove rimarranno per la giornata intera; verrà previsto qualche punto di ristoro e il rapporto culturale, commerciale, turistico con la città andrà a farsi benedire. Ovviamente con danni devastanti ad un tessuto commerciale già in crisi per carenze di decoro urbano e servizi e per consumi, in una città con tassi di disoccupazione da profondo Sud.
Se il tutto fosse fatto e proposto dagli armatori, ci poteva stare ma che sia appoggiato dall’Assessorato al Commercio che dovrebbe tutelare i commercianti, mi sembra eccessivo. Si tratta di problemi di cassa? Ma mi sembra assurdo che tali problemi si risolvano, mettendo in crisi un sistema commerciale intero che, ricordo per l’ennesima volta, in questa città partecipa in maniera prioritaria all’occupazione e alla creazione del PIL.
So benissimo la bocca da fuoco finanziaria che hanno i gruppi che sono dietro all’Outlet.
Spero che sindacati partiti, organizzazioni di imprese, tutti un po’ troppo afasici sulla materia si rendano conto che l’Outlet sarebbe un ostacolo verso l’evoluzione di una città porto e affonderebbe un settore, quello del terziario, che in questa città ha una valenza primaria.
Per questo ho proposto un referendum, almeno per rispetto della città e di una categoria sempre troppo sottostimata, e reputata per arcaiche ragioni veteromarxiste, improduttiva.
Un referendum rivolto alla città, perché un Outlet avrebbe sviluppi di natura commerciale, sociale, ambientale, logistica da dovere coinvolgere l’intera città.
TULLIO NUNZI
Avrebbe anche sviluppi di natura urbanistica (e lo si è fatto presente).
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Condivido in toto, è un fronte di battaglia decisivo.
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Al solito: bisogna scegliere fra qualche scorciatoia relativamente facile a beneficio soprattutto di pochi non-locali ed al prezzo di nuove servitù e la più ardua strada di un complesso e paziente “sistema” economico-culturale in grado di offrire alla città ed a tutto il comprensorio alternative di civiltà e benessere. Insomma, una vera… “mission” per una classe dirigente che se la senta di dedicarsi ad essa.
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Assolutamente d’accordo…. e ci vedrei un centro fieristico in quel luogo al posto di un outlet segregato, ma ci vuole capcità, volontà e sinergie adatte a progettare il futuro… di questo materiale ne abbiamo pochino.
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