IMMAGINE DELLA MADONNA DELLA SUGHERA E SUOI MIRACOLI
di STEFANO CERVARELLI ♦
Dopo aver raccontato la storia del ritrovamento del quadro della Sughera e prima di narrare le vicende della chiesa, costruita nel luogo in cui questo fu ritrovato, è il momento di parlare dell’oggetto che destò tanta venerazione.
Si trattava di un dipinto su tavola, eseguito secondo gli studiosi nel 1400 dalla scuola del Francia, e precisamente, dal primo dei due pittori conosciuti con questo appellativo cioè Francesco Raibolini (1460-1517).
Sulla tavola vi è raffigurata la Vergine seduta che sorregge con la mano destra il Bambino Gesù in piedi al suo fianco, in atto beneficente, cinto ai reni da una sottile fascia trattenuta dalla mano della madre; nella mano sinistra il Bambino tiene un globo rappresentante l’universo.
Il manto della Madonna, di finissima porpora, sul bordo del collo e sull’estremità delle maniche ha ornamenti di pietre preziose; un manto, orlato di merletto, scende dalla testa e va a coprire le spalle, questo secondo manto viene raccolto dalla Vergine sulle ginocchia con la mano sinistra.
La descrizione del quadro si è potuta ricavare esaminando una incisione in rame, eseguita nel 1637 dal pittore Barone Camuccini, che riproduce l’originale, in quanto questo fu trafugato dai soldati francesi durante l’occupazione del 1799, dopo aver represso nel sangue l’insurrezione tolfetana.
In seguito del quadro furono fatte altre copie e anche riproduzioni fotografiche.
Ma è su una tela in particolare che ritengo giusto porre l’attenzione, sia perché è l’unica riprodotta avendo come “modello” l’originale (anche se l’autore si è lasciato andare ad una sua libera interpretazione), sia perché la sua storia vede coinvolta anche la nostra città.
Nel 1852 un padre domenicano officiante nella Chiesa di S. Maria – in Civitavecchia – trovò nel coretto annesso alla chiesa un quadro ricoperto da una tendina. Staccatolo dal muro e ripulitolo riapparve l’effige della Madonna SS. della Sughera. La tela appariva in pessimo stato, ma si potevano rilevare alcune iscrizioni fra cui una in particolare: “Joannes Ferrerius fecit fieri…novavit”, seguita da una data da decifrare ..50.5.0..
Doveva trattarsi del Cardinale Giovanni Stefano Ferrero (1473-1520) che, nominato cardinale nel 1502; tre anni dopo si recò al seguito di Papa Giulio II a visitare la Madonna della Sughera.
Nell’angolo inferiore destro del quadro vi era ritratto di profilo il volto di un uomo, in atteggiamento di preghiera con il Rosario tra le mani. Probabilmente doveva essere lo stesso Ferrero, da qui l’ipotesi che sia stato lui il committente.
L’effige venne consegnata al pittore Carta affinché provvedesse al restauro e dopo di ché venne esposta sull’altare maggiore della Chiesa di S. Maria.
Nel corso del tempo venne dimenticato che si trattasse di una copia della Madonna della Sughera, diventando ai fedeli nota come Madonna della Quercia; ed è con questo appellativo che venne indicata nella monografia “Civitavecchia” pubblicata dalla “Latina gens” nel 1932 dove si parlava e si illustrava la madre chiesa civitavecchiese. Ma non c’era nessun dubbio che si trattasse della Madonna della Sughera in quanto nell’aureola dorata che adornava il capo di Maria si leggeva distintamente: “La Madonna della Sughera effige vera”. Questo perché nell’intenzione di chi appose la scritta apparisse ben evidente il valore di tale opera riprodotta dall’originale. Da questa però la figura del Bambino appariva tronca all’altezza delle ginocchia. Si pensò che fosse stata tagliata per adattarla alla cornice più piccola.
Arrivò la Seconda Guerra Mondiale ed il quadro, nonostante il suo valore, non rientrò tra le opere da porre in salvo o magari non si fece in tempo, subendo così la violenza dei bombardamenti. Al termine del conflitto l’opera fu ritrovata con altro materiale nel Convento dei Cappuccini. Era in uno stato miserevole tanto che nessun rigattiere l’avrebbe accettata. Per la gente di Tolfa, alla quale fu donata la tela, seppur mal ridotta, aveva un valore particolare; grazie a fotografie scattate precedentemente fu possibile provvedere al secondo restauro. Se ne fece carico il Circolo Culturale di Tolfa. Il quadro, la cui storia fu curata con passione dallo storico Ottorino Morra, fu posto nel tempietto nell’anno mariano nel 1954 e successivamente donato al museo.
I molti miracoli operati dalla Madonna della Sughera sono ricordati in un codice che si trova presso la Biblioteca Vaticana.
Detto che il primo, ovviamente, è quello del ritrovamento del quadro sull’albero, la successiva scomparsa dalla Chiesa della Misericordia ed il nuovo ritrovamento sullo stesso albero, ne ricorderò alcuni tra i più importanti, iniziando dal più grande prodigio: quello della risurrezione.
Un giovane di Tolfa di nome Ascanio morì lasciando sola la sorella, della quale era l’unico sostegno. La salma venne portata alla Chiesa della Sughera per il rito funebre e la successiva tumulazione; la giovane si prostrò innanzi all’immagine della Madonna implorando il prodigio. La sua grandissima fede e la fervente supplica ottennero quanto volevano: il giovane aprì gli occhi ed alzò la testa.
Un altro miracolo si verificò quando Roma venne colpita dalla peste nel 1527. Anche Tolfa fu colpita dalla tremenda epidemia; si levarono preghiere e suppliche alla Madonna della Sughera e si fecero solenni processioni affinché il morbo avesse termine. La richiesta fu esaudita.
Nel 1540 il paese fu nuovamente colpito da un’altra epidemia di peste. Il Consiglio di Tolfa fece voto di donare una campana, se anche questa volta la Madonna avesse disteso la sua protezione sugli abitanti. A quanto pare la richiesta venne esaudita perché esiste prova documentale che la campana fu veramente donata, nel 1543, come risulta dai documenti dell’Archivio Comunale di Tolfa. La campana è conservata nella chiesa.
Vale la pena aggiungere che, secondo tradizione, nel 1796 la Madonna della Sughera mosse gli occhi, così come avvenne in tante altre immagini mariane a Roma, a Civitavecchia e nel centro Italia, durante la calata dei francesi nello Stato Pontificio.
Secondo me, comunque, il miracolo più grande operato dalla Madonna della Sughera è stato quello di far crescere nel popolo tolfetano la fede nei suoi confronti. Un culto mariano che, sui Monti della Tolfa, grazie anche alla Madonna di Cibona e alla Madonna delle Grazie, è sempre vivo e molto sentito.

Immagine ritrovata nella Chiesa di S.Maria a Civitavecchia
STEFANO CERVARELLI
Stefano Cervarelli