IL RIMEDIO – 3. L’Aharat’sir
di FEDERICO DE FAZI ♦
3. L’Aharat’sir
L’aria della mattina era fredda e pungente, ma Pavel la sentiva solo sul volto. Il suo corpo era coperto da un tessuto caldo e la paglia era asciutta e morbida.
Non sapeva per quanto tempo aveva dormito. Quando era fuggito da quello strano mago si era rintanato nella stalla e aveva pianto a lungo prima di addormentarsi. Ora doveva essere tanto tempo che galleggiava tra il sonno e la veglia.
Uno strano rumore percussivo però lo afferrò e lo svegliò completamente. Era il battere di zoccoli di cavallo.
Da dov’era, Pavel non poteva vederlo, ma poteva udire chiaramente Samaele che parlava con voce sussurrata in una strana lingua dai suoni aspirati e aperti. Alzò la testa e vide il mago, vestito con un farsetto marrone chiaro di tessuto simile al feltro e un copricapo cilindrico corto e largo dello stesso colore, da cui scendeva una cuffia bianca. Anche la coperta in cui Pavel era avvolto era dello stesso tessuto. Samaele doveva avergliela messa addosso mentre dormiva, forse durante l’alba.
Il mago accarezzava il muso di un cavallo dagli strani tratti caprini, continuando a salmodiare sottovoce, poi si girò verso Pavel.
<<Buongiorno, ragazzo. Spero che Solstizio non ti abbia disturbato durante il sonno>>.
Non si era neanche accorto che la stalla fosse occupata, anche se la sera prima aveva visto Samaele portare nella stalla il singolare animale accompagnato da un uomo in armatura.
<<Quello è un cavallo-incubo>> notò stupito Pavel. <<Mia madre mi diceva che, se non facevo il bravo, uno di quelli sarebbe venuto a farmi visita la notte. Credevo fosse una fesseria>>.
<<Invece gli Aharat’sir esistono, anche se è più unico che raro vederli nel mondo della Veglia>>.
La bestia singolare scrollò il capo, sbuffando nervosamente. Samaele si voltò verso l’entrata della stalla e vide un gigante riccioluto più o meno della sua stessa età, vestito con abiti dimessi, che avanzava verso di lui con aria adirata.
<<Ehi, tu! Che cosa ci fai qui? Vai via o ti faccio un buco in pancia>> disse, afferrando una stanga e puntandola contro il mago.
<<Pace, fratello>> disse lui, arretrando e sollevando le mani.
<<Pace un paio di cotiche! Io non sono tuo fratello>> sbraitò l’uomo, continuando ad avanzare e giurando empiamente sul dio Percunno che, se Samaele non fosse uscito immediatamente dalla sua stalla, l’avrebbe impalato come si conviene ai ladri.
<<Pertica, fermati!>> gridò Pavel, chiamando lo stalliere con un soprannome che senza dubbio valeva per la sua corporatura mastodontica.
Il bestione si girò verso il ragazzo.
<<Anche tu? Lo dicevo io che prima o poi la combinavi grossa! Eh, ma questa volta, lo giuro, possano accecarmi, lo dirò al maestro che…>>.
<<Mastro Pertica>> intervenne Samaele <<lasciatemi spiegare. Si è trattato di un malinteso>>.
<<Il malinteso che vuoi rubare il cavallo del mago arrivato dal Sud?>>.
<<Sono io quel mago>>.
<<A sì? Be’ allora dimostralo. Fammi una magia>>.
Samaele tentennò.
<<Così, su due piedi? Non saprei…>>.
<<E allora ti buco!>>.
Pertica caricò il mago, che fece un balzo indietro tenendo le mani avanti.
<<Va bene, va bene, avrete la vostra magia>>.
Lo stalliere si fermò.
<<Avanti!>>.
<<Un attimo, mi ci vuole un po’ di preparazione>>.
Samaele mise una mano in una delle scarselle che aveva allacciate intorno al farsetto, frugò un po’ e la tirò fuori. Poi giunse le mani, incrociò le dita più volte e le allontanò lentamente, tenendo le dita leggermente incurvate. Tra le due mani comparve una fiammella azzurrina che si espanse, ardendo nell’aria.
Pavel guardò lo spettacolo con aria di sufficienza. Era poco più di un gioco di prestigio, di quelli che facevano i ciarlatani nelle fiere o certi monaci predicatori per sorprendere i sempliciotti. Pertica, però, che non aveva mai visto qualcosa di simile ed era terrorizzato da quello che avrebbe potuto fare una fiamma libera in una stalla di legno piena di paglia, disse: <<Va bene, mi avete convinto. Adesso però spegnetela, mastro…>>.
<<Samaele, ma potete chiamarmi Lontra, mastro Pertica>> rispose lui, allargando le mani e facendo dissolvere la fiamma, che spanse un lieve odore di uova marce.
<<Vogliate perdonarmi il fatto che mi sia introdotto nella stalla di vostra competenza. Per abitudine mi occupo personalmente dei miei animali e spero che la cosa non vi abbia offeso>>.

Disegno di Andrea De Fazi
Pertica tossicchiò e si strofinò gli occhi irritati dall’ossido di zolfo.
<<Perdonatemi voi, mastro Lontra. Quando arrivaste l’altra sera dormivo già e nessuno mi ha chiamato per occuparmi di voi>>.
Samaele allargò sorridente le braccia e diede una lieve pacca sulle spalle allo stalliere, che intanto aveva abbassato l’arma.
<<Quello che conta è che ci siamo chiariti. Ora, però c’è una cosa molto importante e molto urgente da fare>> disse, trascinando il gigantesco stalliere in modo che non si accorgesse della natura non propriamente terrena di Solstizio il quale, innervosito, aveva assunto un aspetto decisamente poco rassicurante.
<<Che cosa?>> chiese Pertica, che non si era ancora accorto delle zanne e degli attributi caprini del cavallo.
<<Come, che cosa? Non si fa colazione dalle vostre parti?>>.
<<Be’, quando si può fare, certo>> ammise Pertica, lasciandosi portare sul cortile sterrato che separava la stalla dalla foresteria.
<<Quindi non avete nulla in contrario se vi unite a noi per mettere qualcosa sotto i denti. Prima di uscire ho incontrato la signora Nadia in cucina, che mi ha promesso di preparare qualcosa di abbondante per me e il mio attendente. Non credo ci siano problemi ad aggiungere un piatto alla tavola>>.
<<Per la verità non so quanto convenga che un sudicio stalliere mangi a una tavola riservata agli ospiti illustri>> intervenne Pavel.
Pertica si irrigidì. Stava per dire qualcosa, ma Samaele intervenne per primo.
<<Mastro Pertica è più pulito di me quando sono entrato nella foresteria la prima volta e di te adesso >>.
<<Non è quello che voglio dire>> ribatté il ragazzo.
<<So bene quello che volevi dire, ma in tutta franchezza non mi interessa più di tanto>> tagliò Samaele, forse con una severità che non gli competeva, pensò, ma se c’era un comportamento che non tollerava, quello era l’altezzosità irrispettosa.
<<Al Primo maestro non andrà a genio questa cosa…>> borbottò Pavel .
<<Se ti prende a bacchettate anche questa volta, il sudicio stalliere non dirà una parola per difenderti>> disse Pertica.
<<Come se servisse a qualcosa>> ribatté sarcastico il ragazzo, che già sapeva quello che gli sarebbe capitato.
Samaele sbuffò sconsolato.
<<Va bene, ho capito. Facciamo così: voi due mi aspettate qui e cercate di non azzannarvi alla gola mentre sono via. Io sistemo questa faccenda>>.
I due, a metà strada tra la stalla e la foresteria, si fermarono indecisi.
<<Potete anche aspettarmi alla stalla, se volete. Di sicuro starete più caldi>>.
Il mago entrò in cucina dalla porta di servizio, di lato all’ingresso principale della foresteria, lasciando i due sul piazzale.
<<Questi Surransi sono uno più strano dell’altro>> grugnì Pertica divertito.
Pavel fu scosso da un brivido di freddo. Lo stalliere lo guardò amichevolmente, ma non disse nulla.
<<Vado ad aspettare il maestro nella stalla>> disse il ragazzo dopo un po’.
<<Non fare scemenze>> lo ammonì lo stalliere.
<<Tanto faccio solo quelle!>> si lamentò Pavel allontanandosi.
A breve Samaele fece capolino dalla porticina, tenendo tra le mani una pignatta di terracotta avvolta in un panno.
<<Ah, mastro Pertica, meno male che siete rimasto. Mi aiutereste con questa?>> chiese, porgendogli la pignatta. Lo stalliere la afferrò, notando che emanava un gradevole odore di uova e carne cotta. Poi Samaele entrò di nuovo e ne usci con una casseruola sempre avvolta da un panno con sopra una brocca, seguito da un donnone di poco più grosso di Pertica, con un grembiulone macchiato e una cuffia bianca sporca che faceva intravedere dei capelli a tratti rossicci e a tratti bianchi.
<<Buongiorno, Pertica>> Salutò la donna, rossa in viso, con l’aria di chi aveva riso ininterrottamente per una buona mezz’ora.
<<Buongiorno Nadia>>.
I due si scambiarono un’occhiata di divertito disagio.
<<Pavel ci aspetta nella stalla? Benone>> disse Samaele, guidando il gruppo verso l’edificio di legno.
Samaele poggiò la pignatta a terra e prese uno sgabello e la coperta, che in realtà era un telone piegato in due con diversi lacci lungo i bordi. Il mago sgrullò il telone e lo dispose per terra vicino allo sgabello, poi spostò la casseruola sul telone, trasformato prima in coperta e poi in tovaglia e invitò Pertica e Nadia a fare lo stesso.
Nella pignatta c’era una gigantesca porzione di uova strapazzate, mentre nella casseruola riposavano salsicce e pancetta. Nadia aveva portato un grosso paniere con dentro una pagnotta e una pila di ciotole di terracotta.
<<Non preoccupatevi di sporcare la tovaglia>> disse Samaele, notando una certa apprensione da parte di Nadia nel fare le porzioni. <<È di lana vegetale trattata: è immune alle fiamme quanto allo sporco>>.
Pavel, evidentemente molto affamato, si gettò subito sul pasto, mentre Pertica chiese: <<Mastro Lontra, scusatemi, da che viene il vostro nome?>>.
<<Lontra, dite? È mestiere della mia famiglia. Alleviamo lontre>>.
Nadia sgranò gli occhi.
<<Commerciate in pelli di lontra? Allora dovete essere molto ricco! La moglie del signor starosta ha un pellicciotto di lontra. È così morbido! Dev’essere così caldo! Come vorrei…>>.
Samaele pose le mani avanti con un sorriso imbarazzato.
<<No, avete frainteso cara donna. Non siamo pellicciai, siamo pescatori. Le lontre ci servono per prendere granchi e molluschi o per spingere i pesci nelle reti. Ogni tanto prendono qualche spigola o un lustro, ma non oseremmo mai ucciderle per farne pellicce, mai!>>.
Pavel arricciò le labbra in una smorfia di disgusto, mentre Nadia sospirò disillusa.
<<Be’, però devono pur crepare di qualcosa, le bestiole. Non dico che ci si debba fare un pellicciotto o una giubba, ma un collo o un manicotto…>>.
Il volto di Samaele arrossì lievemente.
<<Be’, ho degli indumenti di pelliccia di lontra che mi hanno tenuto caldo quando sono stato sui Monti centrali. Qualche volta ci capita di vendere qualche pelle, però sono ben poca cosa, anche perché, in linea di massima, non ce la sentiamo di scuoiare un animale che ci ha dato cibo e compagnia per tanti anni. Ci sono allevatori di lontre che lo fanno, ma la mia famiglia no. Comunque complimenti, signora. Siete davvero una cuoca eccellente>>.
La signora sorrise ringraziando. In quel momento una campana suonò nove rintocchi.
<<Accidenti, di già!>> disse Samaele, guardando in alto, come per osservare costernato i rintocchi della campana che entravano dalla finestra. <<Immagino che il Primo maestro rimarrebbe contrariato se arrivassi in ritardo alla sua udienza>>.
<<Immaginate bene>> disse Pavel.
<<Aiutiamo la signora Nadia a sistemare le cose, forza>> disse il mago. <<Faremo prima>>.
Lo stalliere e la cuoca si diedero da fare per mettere le ciotole sporche nella pignatta insieme a Samaele.
<<Pavel, per favore, mi piegheresti il telone e lo riporteresti nella mia stanza?>>.
Il ragazzo rimase per un attimo immobile, poi uno sguardo incitatore di Pertica lo mise in moto. Prese il telone, lo piegò alla bell’è meglio e lo portò fuori.
<<Vi aiuterò a lavare le pentole, signora>>.
<<Non disturbatevi, mastro Samaele. Lasciatemi fare il mio mestiere>>.
Il mago non insistette. Del resto doveva lavarsi, radersi e vestirsi con quegli indumenti opulenti che Pavel gli aveva fatto vedere il giorno prima. Meglio prendersela con calma e non far aspettare i maestri azzurri.
<<State attento con quel ragazzo, mastro Lontra>> disse Pertica. <<Non è cattivo, ma si caccia sempre nei guai e ha una lingua…>>.
La bocca di Samaele si stirò con un sorriso amaro.
<<Già>> disse sottovoce. <<Mi ricorda qualcuno>>.
<<Sei un fessacchiotto, Karol!>> esclamò Nadia, fermandosi all’entrata della cucina. <<Tu ci caschi, ma io no. Quel ragazzo è di una malizia particolare, mastro Samaele. Vedrete che prima o poi cercherà di approfittarsi di voi. Come quella volta che ha preso quell’escremento dalla stalla e l’ha messo sullo scranno del maestro Pranich. Ti ricordi, Karol? Quella volta i guai li hai passati anche tu!>>.
<<È successo tre inverni fa. Ora queste cose non le fa più>>.
<<Perché gli hanno dato tante di quelle vergate che non si è potuto sedere per due giorni. Sfido io!>>.
<<A quel gottoso di Pranich l’avrei messo nel cappello l’escremento, che Acantea lo accolga nel suo grembo>> fece Karol, detto Pertica, toccandosi con la mano destra la fronte, la bocca e il petto, mentre la sinistra rimaneva sul cuore.
<<Ah, sei incorreggibile! Lo difenderesti pure se ti bruciasse la stalla>>.
<<Signori, scusatemi…>> intervenne Samaele, che si era caricato la pignatta con tutti i cocci e ora cominciava a perdere la presa.
<<Oh scusatemi voi, mastro Samaele!>> chiocciò Nadia, aprendo la porta. <<Prego, poggiatela pure qui all’ingresso, che ci pensiamo noi adesso>>.
<<Sicura che non serve aiuto?>> chiese un’ultima volta il mago alla donna.
<<Non preoccupatevi. Ecco, lì va benissimo. Andate pure a prepararvi e datemi retta se vi dico di non fidarvi di quel figlio di…>>.
<<Siate indulgente, maestro>> la bloccò Pertica.
<<Penso che farò entrambe le cose. Grazie per la colazione e la compagnia>>.
FEDERICO DE FAZI