CENTO IDIOMI UNA SOLA LINGUA
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
La PRO LOCO di Civitavecchia interviene ancora su un argomento linguistico dopo aver prodotto un evento (circa due anni fa) sulla espressività del dialetto locale.
Venerdì 3 febbraio alle ore 17 presso il Teatro della Fondazione CRC in Piazza Verdi si svolgerà l’evento: “100 idiomi una sola lingua.
Dall’Inferno di Dante si trarranno alcune delle terzine più famose che, dopo esser lette in “lingua originale”, saranno recitate in alcuni idiomi della nostra Penisola. Non è stato difficile scovare volenterosi “lettori in lingua “in una città che, da sempre, è aperta all’influsso di famiglie provenienti da tutt’Italia. Le “lingue” utilizzate saranno: il Toscano, il Pugliese, il Francese, il Napoletano, il Sardo, il Siciliano,il Civitavecchiese, l’Allumierasco, il Bolognese, l’Abruzzese, il Veneto.
Lingue o dialetti? Senza entrare in un tema linguistico che richiederebbe una solida analisi si può solo citare il fatto che sembra essere errato parlare di dialetto quale “deviazione”dalla lingua nazionale( anch’essa, un tempo, dialetto). Ciò che può esser interessante sapere è ciò che afferma Tullio de Mauro, recentemente scomparso, quando afferma che la prima lingua ad essere stata “contaminata” dall’idioma fiorentino, perfezionato grazie all’opera di Dante, Petrarca e Boccaccio, sia stata quella parlata nella Roma del’400. Il “romanesco”sarebbe, dunque, il primo esperimento della “esportazione”del fiorentino letterario.” A Roma si ebbe, con un anticipo di secoli il processo che in altre città italiane si è verificato…..nei decenni del Novecento”. Questo fenomeno di “smeridionalismo dall’alto”( a Roma l’influenza del napoletano era molto presente) che ha subito la lingua romana rinascimentale è stato il risultato dell’influenza medicea nella curia pontificia. A questo si è aggiunta una “smeridionalizzazione” dal basso dovuta all’immigrazione del contado verso la città.
Dopo l’Unificazione la selva di dialetti, che ha da sempre caratterizzato il Paese, ha ceduto spazio alla lingua di Dante ma tutto il processo è stato lento trovando una decisa accelerazione a causa dei mezzi comunicativi di massa a partire dagli anni ’60. Oggi il dialetto non è più considerato una storpiatura della lingua ufficiale: si tende a rivalutare l’insieme delle lingue locali come segno forte di legame con la terra natia. Tuttavia, la lingua italiana non gode certo di buona salute. La giusta armonia tra il senso identitario espresso dal parlare secondo la cultura del luogo e la padronanza di una lingua ufficiale corretta in termini semantici , sintattici e fonetici è uno dei punti fondamentali del momento. Forse, qualche intervento su tale argomento in riferimento alla nostra città non sarebbe da escludere dall’insieme del dibattito sullo stato sociale, economico e culturale di Civitavecchia.
Argomento interessante, questo, riporta alla storia dei popoli ed alle loro vicende. Penso che ora mi piacerebbe essere “esperto” di questi argomenti. Bisognerebbe vivere un’altra vita per averne il tempo ed acquisirne le capacità, la vecchia non voleva morire perchè aveva ancora tante cosa da imparare. L’articolo mi porta alla mente spezzoni di conoscenze, le influenze genovesi in Sardegna, ad esempio, ma anche, cosa che un poco mi sorprese il fatto, toccato con mano, che nel Wurtemberg, una sorta di Lombardia tedesca, gli anziani non comprendano il tedesco, parlano ancora lo Svevo, la toponomastica dei cartelli stradali riporta l’indicazione “Gasse” anzichè “Straße”. E’ pur vero che la Germania è una Republica Federale e che forse non ci sono stati i flussi migratori ed i “rimescolamenti” che il nostro paese ha vissuto e quindi anche le separazioni linguistiche sono più resistenti. Ricordo come il servizio di leva servisse, all’epoca, per creare gli italiani e l’Italia, i ragazzi del sud erano mandati al nord e quelli del nord al sud.
E che dire della Corsica? Chi c’è stato sa bene che pare di essere in Italia, e forse non sarebbe neppure sbagliato dirlo. Tornando alle nostre regioni, sarebbe molto interessante tracciare una sorta di cartina geografica basata sugli idiomi, non per marcare differenze, ma con la consapevolezza che la conoscenza è sinonimo di ricchezza. Se è vero che l’insieme di lingua tradizione usi e costumi identifica la “nazione”, una cartina basata sull’idioma, potrebbe produrre l’evidenza di “nazioni” mai chiaramente conosciute.
Ottima colazione stamane.
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Carlo ma tu sai che la prima lingua che più si avvicinava all’Italiano fu il siciliano parlato alla corte di Federico II di Svevia quindi intorno al 1166 e che diede nome alla Scuola Siciliana?
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