L’ANTIDOTO ALLA RABBIA
di ROBERTO FIORENTINI ♦
Ho parlato parecchio della cosiddetta post-verità su queste pagine, citando esempi italiani e internazionali. Come il bus utilizzato dalla organizzazione pro-Brexit (nella foto ) che denunciava la somma iperbolica che il Regno Unito pagava alla UE :cifre inventate. Oppure il tweet in cui si diceva che Papa Francesco appoggiasse Trump: falso come una moneta da tre euro. E però, ora, Theresa May è la nuova premier del Regno Unito ed ha annunciato una hard-brexit. E Donald Trump è diventato il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America ed ha assicurato che manterrà quanto promesso in campagna elettorale. Insomma la post-verità non da solamente frutti virtuali, ma crea una realtà fattuale, che porta cambiamenti reali, mette al comando persone reali, nonostante si regga sulle bugie. In molti si stanno interrogando sul perché , in tutto il Mondo, la gente creda ad evidenti menzogne e si accodi dietro chiunque spaccia banalità vagamente anti-elitarie, dicendo di rappresentare il popolo. Cos’hanno in comune, alle varie latitudini, i cittadini sedotti dai populismi ? La rabbia, direi. Una rabbia, vaga, ma non per questo meno minacciosa. Non ben indirizzata, indistinta, che si accanisce contro tutto e tutti. Che addita come establishment chiunque , a vario titolo, assurga agli onori della cronaca, sia esso un politico ( certamente la categoria più detestata ) o un giornalista, uno scrittore o un intellettuale. Ma anche un dirigente, un manager, un imprenditore. Questa rabbia, cieca ed assoluta, alimenta un diffuso e omnicomprensivo disincanto verso qualsiasi progetto politico o culturale. Un disincanto che , facilmente, sfocia nella sfiducia totale e generale verso le istituzioni, le gerarchie , le regole e tutto ciò che regge in piedi le società moderne, già abbondantemente rese deboli dalla globalizzazione e dalla società liquida, di cui parlava Zygmunt Bauman, recentemente scomparso. Quando i cittadini non si sentono protetti e rappresentati dalle istituzioni, quando non credono nella politica, nell’informazione, quando non si fidano di nessuno, neppure della religione, i rischi per la pace e la coesione sociale si fanno gravissimi. Senza alcun punto di riferimento e con il web e i social network a soffiare sul fuoco della negatività e del risentimento, i rischi che l’incendio, già scoppiato da un po’, travolga i principi su cui fonda la nostra democrazia occidentale, sono davvero elevati. Intendiamoci: molti dei motivi alla base di tanta indignazione sono giusti e condivisibili. Le disparità sociali ed economiche sono cresciute a dismisura e l’establishment governa queste sperequazioni senza pudore. Ma davvero Trump e la sua schiera di ministri, scelti fra finanzieri e generali, che negano persino l’influenza negativa dell’industria sull’ambiente, rappresentano la risposta alle elites mondialiste ? La rabbia, si sa, è una cattiva consigliera e le scelte che da essa sono ispirate rischiano di aggravare una situazione già abbondantemente difficile. Pertanto serve disinnescarla, questa rabbia, liberarsene, disintossicarsi dal suo veleno. Serve un antidoto. Pensate alle reazioni dei social alla vicenda dell’Hotel Rigopiano e, più in generale, ai gravissimi disagi subiti dalle popolazioni del Centro Italia in seguito alla combinazione tra terremoto e nevicate eccezionali. Tutti ad elogiare i soccorritori e, contemporaneamente, a criticare, in modo feroce, il sistema dei soccorsi. La gente protestava per essere rimasta senza corrente, senza tener conto che , per ripristinare le linee abbattute dal maltempo, bisognava raggiungere zone in cui la neve era alta oltre due metri , difficili da raggiungere anche per i mezzi speciali. Di nuovo: non conta la realtà, non contano i fatti. Contano le emozioni. E quindi lacrime per i bambini salvati e abbracci ai militari che li salvano. E insulti a chi dirige le operazioni. A chiunque. Ma con gli insulti e con le emozioni non si salvano le persone, non si mettono in sicurezza i territori, non si ricostruisce.Gli insulti distruggono e basta. A meno di rivolgere al bene l’uso di quelle emozioni. In questi anni molti pensatori hanno tentato di interpretare i vorticosi cambiamenti concentratesi tra la fine del secolo scorso e l’inizio di quello attuale. La globalizzazione ,ad esempio, portata come esempio di molti mali, ha migliorato profondamente le condizioni di vita di milioni di persone in Asia, in Africa e in Sud America. Basti pensare cosa è diventata la Cina in poco più di 20 anni. I social network, accusati di diffondere menzogne e odio, hanno l’indubitabile pregio di consentire a molti un bagaglio di informazioni un tempo impensabili. E’ possibile che l’umanità sia nel bel mezzo di quella che la psicologia transpersonale definisce una crisi di senso globale collettiva. E così come accade per le persone, è altrettanto possibile che sia necessario ricercare una sorta di saggezza globale , in grado di assorbire lo iato evidente tra una società costruita per produrre , vendere e – quindi – possedere il maggior numero di beni e le necessità valoriali e di ricerca spirituale insite nell’uomo. E’ necessario re-incorniciare la vita in un percorso di sviluppo, accrescere il potenziale creativo delle persone, aumentare l’auto-consapevolezza e la responsabilità personale. Paradossalmente l’enorme sviluppo della comunicazione, ad esempio la diffusione planetaria dei social media, che in questo momento sembrano essere apportatori di caos , può essere un efficacissimo strumento atto a diffondere proprio questa ricerca di nuovi valori. E’ un cambiamento reale di paradigma, che parte realmente dal basso, dalla consapevolezza personale, dalla ricerca del Sé , che è al contempo individuale ed universale. Il mondo del management, ad esempio, sta iniziando a muoversi in tal senso e, in gran parte del Pianeta, l’impresa sta tenendo in sempre maggior conto il rispetto dei valori umani ed ambientali come parte del valore dell’azienda. Ci sono nel Mondo, nazioni che stanno programmando, nel lungo periodo, modalità di produzione sostenibili, che mirano ad eliminare i combustibili fossili nel giro di qualche anno. I segnali di risveglio ci sono. Bisogna solamente coglierli. Ed amplificarli. Ed è quello che tutti possono fare. Sarebbe il caso di cominciare a farlo.
Io non capisco se per te il problema da affrontare sia l’emotività della gente incanalata male oppure i tanti problemi profondi di questo paese. E’ vero che del senno di poi sono piene le fosse, ma quando senti dire cose tipo: “ci siamo dovuti attrezzare perchè qui quando nevica la corrente va sempre via” oppure “chi ha allargato l’albergo in questo modo offrendo un muro alto tre piani alle slavine è imbecille patentato” e ti assicuro è difficile dargli torto, oppure quando senti su Radio24 che sta crescendo un fenomeno di malati di epatite C che non potendo permettersi una cura costosissima in Italia se ne vanno in india dove costa molto meno, oppure ancora, quando senti che in qui luoghi hanno una sola “turbina”, oppure senti che dopo qualche mese ancora per molti la casetta di legno non c’è, oppure di casette che dovrebbero essere a disposizione per queste cose ed invece son affittate. E sono solo elementi di una lista lunghissima; ma davvero il problema è incanalare l’emotività della gente? Ma davvero il problema sono i social? Non dovremmo piuttosto forse preoccuparci di produrre e stimolare una classe dirigente migliore?
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Le guerre mettono in evidenza l’incapacità di vivere in pace, diluvi terremoti nevicate ecc.. mettono in evidenza l’incapacità di affrontarli. Per quanto tutto cio’ e sebbene tutto ciò sia inevitabile e imprevedibile, guerre comprese, non si può non prendere atto di cio’ che non si è fatto o non si è stati capaci di fare, e non si può evitare di riconoscere responsabilità. La nostra è la civiltà delle “deroghe”, ne facciamo continuo uso salvo poi lamentarci che il fiume non doveva essere coperto, che quell’insediamwnto non doveva essere permesso e via dicendo. Si contro la natura spesso poco si può però neppure si possono chiudere gli occhi e le irecchie, idem per ogni problema sicuale e politico.
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Se ti fa piacere assolvere te stesso ( e molti ) assegnando la colpa di tutti i mali del Mondo alla ” classe dirigente”, all’ ” establishment “, alla ” casta ” , alle ” elite “, non sei certo da solo a farlo. Anzi, direi, che – non so se è chiaro – questo è uno dei punti della mia umile riflessione. Come, poi , si possa passare dall’essere contro la casta a votare Trump ,( ma il discorso varrebbe anche per Le Pen o Grillo ed altri) questo è un altro punto , sul quale provo a riflettere. Nel pezzo scrivo ( ma forse ti è sfuggito) : ” Le disparità sociali ed economiche sono cresciute a dismisura e l’establishment governa queste sperequazioni senza pudore. Ma davvero Trump e la sua schiera di ministri, scelti fra finanzieri e generali, che negano persino l’influenza negativa dell’industria sull’ambiente, rappresentano la risposta alle elites mondialiste ? “. Credo che la risposta a questo disagio, alla rabbia e persino , guarda un po’ , per risolvere i ” problemi profondi ” ( a proposito : io PROPRIO non ho parlato MAI dell’Italia, a parte l’accenno a Rigopiano) consista , come dico in conclusione , in “un cambiamento reale di paradigma, che parte realmente dal basso, dalla consapevolezza personale, dalla ricerca del Sé , che è al contempo individuale ed universale.” Intendiamoci: è una cosa difficile, davvero difficile ed ha a che fare più con i valori che con la politica. Ma tu, Luciano, hai questo vezzo di leggere tutto ciò che scrivo in chiave politica ( partitica, persino) , cedendo a quello che credo che sia un preconcetto nei miei confronti. Tu sei convinto che le cose che dico siano sempre funzionali ad uno scopo di qualche natura politica. Ma non è così. Ho la volontà – e forse la presunzione – di fare discorsi un tantino più ampi di quelli cui le vicende di Renzi, Grillo e compagnia ci stanno abituando. In realtà dovrebbero essere loro a farli. Ma questo è un altro discorso ancora.
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Decisamente facciamo fatica a comprenderci. Il mio riferimento a vicende italiane non era diretto a “buttarla in politica”, ma a dare un senso alle contestazioni da social ecc.. che come tu dici non sono senza motivo. Che il mio commento sia universale lo si desume dal fatto che parlo di guerre, calamità ecc.
Riguardo poi le “responsabilità” mi riferisco alla parte finale del tuo articolo nella quale indichi come rimedio qualcosa che tu definisci “saggezza globale” all’interno della quale consideri concetti he richiamano “valori”, “spirito” ecc. ma che, a mio avviso, c’entrano poco con la “rabbia” del titolo e che poco possono essere utili come “antidoto” poichè l’antidoto alla rabbia, secondo me, va ricercato nelle misure atte a rimuovere le cause della stessa, non nel mutare attegiamento. La fame nel mondo non si combatte recuperando certi valori magari perduti chissà quando nel tempo e cercando di migliorare se stessi, cosa per altro assolutamente necessaria, ma individuando e combattendo nel concreto le cause che la determinano.
Ti assicuro che non c’entra nulla Renzi ne il PD Salvini ecc..
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Ed allora diciamo che la fame del Mondo ( e l’ingiustizia, la violenza, etc… ) si combatte solamente con la crescita spirituale cui faccio riferimento. Solamente un vero e proprio cambiamento di paradigma può imprimere una svolta decisa ad un pianeta che imboccato una china assai pericolosa.
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Una domanda banale al signor Fiorentini,alla cui so già che non risponderà: la vedo molto dispiacente perché in America è stato eletto il signor Trump,che ha promesso,ma non lo farà,di spazzare via tutti quei infami di islamici che occupano la Siria per cacciare il laico Assad e metterci un califfato.Lei preferiva la signora Clinton che a quelli del califfato,come Obama,avrebbe dato armi,cannoni,carri armati,missili antiaereo e centinaia di migliaia di mercenari per favorire Arabia e Turchia ed Qatar e far mettere il burka a tutte le donne e dilapidarle sulle piazze?
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Lei mi perdonerà se non rispondo alla sua domanda, anche perché non è affatto una domanda. Approfitto , però, per farle notare: 1) dispiacente non significa nulla in italiano; 2) probabilmente voleva dire ” lapidarle ” e non dilapidarle ( significa una cosa ben diversa); 3) alla cui non si dice … 😉
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