VEDI NAPOLI E CI TORNI
di LUCIANO DAMIANI ♦
L’ultima volta era a cavallo della Befana. Arriviamo, attorno all’ora di pranzo, alla Stazione Centrale. La stazione è moderna, pulita a specchio, affollata ma nessuno pare correre. C’è un pianoforte a disposizione di chi voglia suonare qualcosa, c’è un signore che suona alcune antiche melodie partenopee ed un capannello di persone, chi con la valigia e chi senza, è fermo tutt’attorno a godersi lo scorrere delle note, le dita picchiano abili sui tasti bianchi e neri. La musica napoletana predispone bene l’animo ad affrontare la città, come se volesse dotare le persone del giusto atteggiamento, una sorta di “ritmo lento” se pur a volte serrato. In effetti nessuno pare andare di fretta.

– Il pianoforte pubblico alla Stazione centrale, c’è sempre qualcuno che suona ed un capannello di gente che ascolta e a volte canta.

M1 Stazione Mater Dei
La guida che ci accompagna si sofferma sull’uso dei sotterranei come rifugi durante l’ultima guerra. Interessante il racconto della “mappatella”. Un fagotto che la gente teneva sempre pronto nel quale venivano raccolti i “beni preziosi” di casa. Come suonava la sirena d’allarme c’era l’incaricato di famiglia che doveva prendere la “mappatella” e portarla con se nel rifugio. Sul tufo erano scavate delle mensole che ospitavano appunto le “mappatelle” delle famiglie, nessuno le toccava. Qualche oggetto del tempo rimane a testimoniare quei giorni, qualche branda oramai distrutta dalla ruggine, qualche gioco, frammenti di bombe portati giù per collezione dai ragazzi. Alcune scritte graffiate sulle pareti raccontano delle persone che vissero in quei giorni nel sottosuolo napoletano. I bombardamenti erano tanto frequenti che alcune famiglie si stabilirono in modo fisso in quei luoghi. Il genio militare si occupò delle infrastrutture essenziali, una linea a bassa tensione, alcuni gabinetti. La parte del rifugio che serviva i quartieri più signorili era meglio attrezzata, servizi di Richard Ginori ancora fanno mostra di se nei bagni dei signori.

Servizi igienici dei rifugi nel sottosuolo napoletano
Prima della guerra, quando il sottosuolo era utilizzato a mo’ di acquedotto, l’acquaiolo scendeva lungo improbabili e difficili camminamenti fino al livello dell’acqua, la ripuliva in qualche modo e periodicamente svuotava e puliva le vasche, non sdegnando di sporcarle per poter essere richiamato per pulirle nuovamente e quindi guadagnare qualche soldo in più. Qualche volta l’acquaiolo, indossando un mantello come fosse monaco, saliva nelle case sovrastanti per rubare oggetti o denari, e qualche volta anche il piacere di qualche moglie. Il “monaciello” divenne, in quei tempi, una sorta di spirito che frequentava le case facendo sparire le cose, ma anche facendo misteriosamente ingravidare le fanciulle e le signore. Il mistero del “monaciello” era bastante a padri e mariti per farsene una ragione. Chi è stato? E’ passato il monaciello e ha detto amen.
L’Associazione che si occupa di gestire i sotterranei, ha ripulito quella parte di sottosuolo dalla monnezza e dai detriti con un lavoro volontario durato 5 anni, ora gli stessi volontari accompagnano i visitatori incassando il prezzo di un biglietto con il quale pagano le spese ed il “fitto” al Demanio per gestire quel luogo in concessione. 5 anni di lavoro volontario sperando di incassare un giorno il prezzo del biglietto. Ci vuol coraggio, l’assurdo a Napoli è di casa.
Negli ultimi anni la Galleria Borbonica, che sbuca ad un capo al livello stradale, in via Morelli, fu usata come deposito giudiziario di auto e moto sequestrate. Ne è conservata una interessante collezione arrugginita e coperta di polvere come a raccontare il tempo passato, assieme ad interessanti sculture realizzate con pezzi di ferro da demolizione. Altre mille storie raccontano quei sotterranei.

Nella folla di Via Toledo un piccolo corteo in costume preceduto da una tarantella
Nelle trattorie alla Pizza si affianca la pasta e patate con la provola, la propongono un po’ tutti, da piatto di casa è divenuto alla moda nelle trattorie cittadine. Addirittura l’abbiamo vista servita dentro una grattugia, quelle tonde e larghe che si usavano una volta. Una spanna sopra tutto, però, è la pizza fritta dell’Antica Pizzeria Bellini, al limite dell’omonima piazza. Una pizza fritta da urlo, che non ti unge se la mangi con le mani, fai prima a digerirla che a mangiarla. Come non c’è via senza pizzeria, nel contempo non mancano presepi in tutte le salse, mostre presepiali sono frequenti e c’è anche una mostra “scenica”: al posto di più presepi ci sono singole scene della vita di Gesù, dalla nascita alla Resurrezione, vi è anche una scena nella quale una famiglia di “signori” ammira il bel presepe realizzato nel proprio salotto.

Mostra presenile scenica: l’ultima cena
Napoli non è certo solo i luoghi del turismo, le vie dei negozi ed il lungomare, Napoli è forse soprattutto un reticolato di vicoli che fanno a gara a chi è più stretto, a chi è più ingombro di panni stesi. Napoli è una moltitudine di cortili spesso bui e sgarbati. Napoli è una moltitudine di palazzi che testimoniano una antica ricchezza e signorilità. Portoni con archi imponenti nascondono corti di antica nobiltà. Mi tornano alla mente i discorsi dei partenopei doc cui ancora dolgono le ferite lasciate dal sacco Savoiardo, dall’Unità d’Italia voluta da altri, voluta da un Regno Sabaudo alla canna del gas che ha visto nella ricchezza Borbonica la possibilità di rifarsi delle spese militari sostenute in anni di guerre.

Cortile interno del palazzo conosciuto come “Dello Spagnolo”
A volte la pulizia delle strade contrasta con lo stato degli immobili e ti domandi come si possa essere “allegri” in un simile contesto, e pensi all’estate a quanto fa caldo nel basso che fa tornare alla mente la commedia di De Filippo, e pensi alla miseria.
In tutto ciò c’è forte una evidente spiritualità diffusa: edicole ed altarini sono continuamente presenti nei vicoli e nei cortili, e più ti allontani dal centro e più sono presenti.

Uno dei tanti murales del rione Sanità
Tutto è molto “sgarupato”, ma alcuni manifesti elettorali promettono che basta un si per cambiare Napoli, e mi viene da ridere. Qualcuno vende friarielli percorrendo la via con il suo apetto.

Le spoglie anonime delle anime adottate dalle famiglie napoletane

Donna Concetta, l’anima che dispensa numeri al lotto oggetto di tanta devozione.
Il culmine della spiritualità partenopea si manifesta in occasione del miracolo di San Gennaro, la “Faccia Ingialluta”, con la liquefazione del sangue nell’ampolla, assicura che nulla di brutto avverrà, al contrario, quando il miracolo non si manifesta, si teme la catastrofe e la gente in cattedrale urla e strepita reclamando il miracolo. San Gennaro, però, non ha l’esclusiva della liquefazione del sangue, anche Santa Patrizia a San Gregorio Armeno, liquefa il suo sangue, ma pare non abbia significati particolari.
Ecco non ho mai assistito al miracolo di San Gennaro, mi pare un ottimo motivo per tornare a Napoli, oltre ai taralli ’nzogna e pepe, e le pizze fritte….. ovviamente.