La città secondo un’ottica di genere
di ROSAMARIA SORGE ♦
La secolare esclusione delle donne dai luoghi di potere e dalla scena pubblica ha comportato la realizzazione di spazi urbani settoriali dimenticando di affrontare le necessità di anziani, bambini, disabili, donne in stato di gravidanza , etc. mentre oggi emerge l’esigenza prepotente di ripensare la città in funzione delle mutate esigenze di fruizione quotidiana.
Quindi è necessario affrontare un ripensamento delle politiche urbane secondo un ottica che si concreti nel prestare maggiore attenzione alle esigenze individuali e collettive, lasciando alle spalle come un ricordo lontano la distinzione degli spazi pubblici come luoghi della socialità maschile e spazi privati come luoghi della socialità femminile.
Bisogna riconoscere che la pianificazione urbana non può essere considerata un atto neutrale ma che ogni scelta crea disuguaglianza, differenze sociali ed economiche. Forse non è possibile annullare tutto questo ma attenuarlo grazie all’individuazione del pubblico interesse attraverso una serie di strategie che vanno dalla progettazione partecipata alle strategie di gender mainstreaming. Sulla scia di queste nuove strategie internazionali merita di essere menzionato il caso della città di Vienna in cui è stato istituito un apposito ufficio (Making Woman Visible) di esperti e rappresentanti della società civile che monitora costantemente esigenze, progetti e risultati in ambito urbano. Il successo di questa politica nasce a Vienna dalla volontà della pubblica amministrazione di abbattere alcune discriminazioni e stereotipi. Questa volontà si è concretata anche attraverso il finanziamento dei soli progetti che rendono efficace una politica urbana attenta alle differenze di genere
Anche in Italia si parla di questo approccio alla pianificazione affrontando quelle problematiche che caratterizzano il punto di vista femminile nel quotidiano vivere cittadino e nella prefigurazione di una diversa qualità della vita nella città; tra questi assume particolare rilievo una rilettura dei tempi della città, una città vicina ai tempi di vita delle donne degli anziani e che non prescinda dalla necessità di integrazione multietnica, che si propone di sostenere le pari opportunità tra uomini e donne e conciliare i tempi di vita delle persone. Anche il tema della mobilità urbana entra pienamente a far parte delle proposte per armonizzare i tempi della città e a tal fin si rende necessaria una pianificazione che preveda un interazione costante tra gli organi municipali, le partecipate, la cittadinanza e ogni altro ente che si occupa della città e del territorio ma questa interazione deve coinvolgere anche quegli organismi che si interessano alle relazioni sociali che nel territorio si realizzano e che da queste vengono influenzate e che a loro volta condizionano le dinamiche di trasformazione.
Il risultato sarà una città più sicura, più attentamente illuminata, con piste ciclabili, wifi, manutenzione del verde esistente e creazione di nuovi parchi,attenta al suo patrimonio storico e archeologico trasformato in risorsa e opportunità scientifica, culturale ed economica e in cui i tempi della città siano armonizzati con le esigenze degli abitanti, insomma una città più smart in tutti i sensi.
Concludo augurandomi che in un prossimo futuro anche a Civitavecchia sia possibile ridefinire la città con l’apporto di un’ottica di genere che in questa città è venuta meno, dilatando la visione del futuro e prefigurando tutte le caratteristiche per una città sostenibile.
di ROSAMARIA SORGE
Del tutto condivisibile. Dalla volontà politica e dalla capacità pratica di dare attuazione alla parità di genere (e non solo a quella), a cominciare dalle configurazioni urbane, si misura la civiltà di una comunità. A Civitavecchia siamo purtroppo al “non classificabile”.
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Da tempo sono convinto che le questioni che tu poni debbano essere la priorità ed il cuore di un serio programma amministrativo per la nostra città.
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Non si chiamava così, ma i maestri (Quaroni, Piccinato, Amaturo, Di Cagno, Calzolari, Ghio ECC.) che ho avuto la fortuna di seguire all’università e poi i Cervellati e tutti i ionieri della pianificazione comunale degli anni Sessanta e Settanta ci hanno insegnato a pensare le città in questo modo. Che non siamo riusciti spesso a realizzarle forse è colpa nostra, almeno in parte.
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