Ci risiamo. Ecco a voi “l’ossidatore termico”

di ISMAELE DE CRESCENZO ♦

La sensazione è che ci risiamo. Come in una macabra lotteria, Civitavecchia estratta ancora dal cilindro. E stavolta nessuno può permettersi di scomodare la sindrome di Nimby, sbandierata negli anni da più o meno autorevoli sviluppisti e inquinatori ai danni di cittadini sgomenti e impauriti. Stavolta siamo messi peggio delle altre volte perché il Centro Tecnico Logistico Interforze NBC di Civitavecchia, comunemente chiamato Centro chimico, è l’unico nel suo genere in tutta Italia. Nato nel 1936 per stoccare le armi chimiche della Grande guerra, nel corso degli anni ha consolidato il suo ruolo. Nel 1993, con la convenzione di Parigi, i paesi aderenti, tra cui l’Italia, hanno deciso di portare a termine la demilitarizzazione di tutto l’armamentario chimico rinvenuto. E fin qui tutto bene. Recentemente il Governo italiano si è però accorto di essere in ritardo con tali accordi. Al Centro chimico di Santa Lucia rimangono da “eliminare” almeno 10.000 proiettili a caricamento chimico. Da qui l’idea di fare in fretta bruciandoli o, per essere più politicamente corretti, ossidandoli. Hanno dovuto persino coniare una nuova parola, “ossidatore termico”, per tranquillizzare le masse.

E’ bene ricordare che siamo in presenza di un progetto che non è affatto nato oggi. Nel 2010, nelle more di quel famoso protocollo d’intesa firmato dall’allora Sindaco di Roma Gianni Alemanno, insieme a Ignazio La Russa, in quell’occasione nel ruolo di Ministro della Difesa (sic!), proprio in quell’area, nel quarto lotto del centro chimico, i due signori avevano individuato la possibilità di costruire un termovalorizzatore, opera complementare a quella “cittadella dei rifiuti” che nelle ambizioni di Alemanno doveva sostituire “Malagrotta”, la discarica più grande d’Europa. Evidente, anche nella continuità amministrativa del dicastero della Difesa, l’interesse strategico per quell’area. L’opera dovrebbe avere un costo che varia tra i 18 e i 21 milioni di Euro. Fine lavori entro il 2020.

Questo il quadro, almeno attualmente, in attesa che la segretezza che circonda tutta l’operazione venga meno a fronte di comunicazioni ufficiali del Ministero stesso o dei vertici militari.. Ad oggi c’è solo una risposta ad un’interrogazione parlamentare del 2014 in cui si minimizza la portata dell’impianto e il suo carico emissivo. Com’è il vino Oste? Buono!

Inevitabile quindi la reazione del territorio. Un comitato spontaneo di cittadini ha chiamato a raccolta tutti, ma veramente tutti. Rappresentanti istituzionali ad ogni livello e di ogni partito che hanno messo in campo nuove interrogazioni parlamentari al Ministro Pinotti e mozioni depositate per la discussione in Camera e Senato. Almeno trecento persone Mercoledì scorso per la prima assemblea in una biblioteca comunale gremita, strapiena. E fa piacere.

Fa piacere perché la nostra città è a un bivio, l’ennesimo, forse definitivo. La battaglia unitaria contro l’inceneritore non rappresenta solo la capacità di trovare le forme della mobilitazione al fine di fermare l’opera in sé. Rappresenta molto di più, ha persino una valenza antropologica. Da tempo abbiamo smarrito il senso di appartenenza, l’idea di comunità. Un’anomia che attraversa tutti i settori della sfera pubblica, dentro un dibattito inquinato da volgarità e approssimazione. La politica, che questa volta si è mossa prima dei comitati dei cittadini, ha una straordinaria opportunità di riconnettersi sentimentalmente con la cittadinanza. E non è un caso che tutti gli schieramenti abbiano aderito e partecipato all’assemblea. Dopo tante delusioni occorre essere chirurgici, non sbagliare niente. Obiettivi chiari, ovvero l’immediata interruzione del progetto e la bonifica dell’area. Pratiche altrettanto chiare, vale a dire la partecipazione orizzontale, assembleare ed eterogenea. Settarismi e primati personali al bando.

di ISMAELE DE CRESCENZO