Un fenomeno drammatico
di TULLIO NUNZI ♦
Dopo l’ultimo femminicidio, siamo veramente di fronte ad un fenomeno drammatico su cui è necessario intervenire.
Perché si tratta di un problema grave per il paese ed è obbligatorio non dividersi ma affrontarlo comunemente.
Per il lavoro che ho svolto nella mia professione sono sempre stato abituato a partire dai numeri ,da dati certi, anche se in questi casi prende lo sconcerto, la rabbia per delitti assurdi.
Se si guardano i dati relativi agli omicidi di donne da parte di uomini o familiari, ai primi posti troviamo paesi nordici: Austria Croazia, Germania, Paesi Bassi, Lettonia, Francia sono posti per numero di dati davanti all’Italia, dodicesima (fonte eurostat).
Se si allarga poi un po’ lo sguardo al mondo, Canada, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, si trovano sempre tassi superiori a quelli italiani.
Si tratta di un paradosso, il cosiddetto “paradosso nordico”, per cui paesi più civili hanno un tasso così elevato.
Se poi si va a guardare in Italia, la maggioranza dei casi riguarda il centro nord, di gran lunga superiore rispetto al sud.
Una delle ipotesi, per quanto riguarda il nostro paese, è la sopravvivenza di una logica patriarcale; ci può stare, ma ovviamente i dati dimostrano anche qualcosa di diverso.
Non posso pensare che società avanzate come quelle finniche o il Canada stra-avanzato nei diritti, possa avere problemi di patriarcato, pertanto tocca tenere conto e esplorare anche altre interpretazioni.
In questo caso bisogna stare molto attenti: c’è già chi afferma che il problema possa essere la presenza di immigrati, in particolare di fede islamica.
Altri reputano che proprio la logica delle realtà avanzate sia la causa scatenante.
Nelle società arretrate si ha la consapevolezza di poter fallire, in quelle più avanzate, dove si arriva persino a picchiare i professori, o si è abituati che esistano diritti naturali, non frutto di impegno e fatica, nel momento in cui ti trovi davanti ad un rifiuto sentimentale, senza protezione familiare entri in crisi. A ciò si aggiunga la mancanza di consapevolezza dei diritti e del valore della donna, a cui solo la scuola e la famiglia possono dare una risposta effettiva
Bisogna ovviamente abbandonare toni da talk show, avviare un risveglio delle coscienze, ed una mobilitazione contro questa barbarie sociale.
Da dati della associazione “non una di meno” si evidenzia che la fascia delle donne a maggiore rischio è quella delle sessantenni/ settantenni e questo è un dato che fa stupire non poco.
Nei 1108 casi registrati gli autori del delitto sono operai dirigenti impiegati commercianti disoccupati pensionati.
La metà degli aggressori o si suicida o ha avuto problemi psichici o di devianza.
Altro dato di cui tenere conto la presenza di persone di nazionalità straniera, però con differenze notevoli.
Il rischio che una donna italiana sia uccisa da uno straniero e di 7 volte superiore di quello che una donna straniera possa essere uccisa da un italiano.
Dati che fanno saltare visioni stereotipate e che mettono al centro del problema le donne della terza età.
Credo che insieme ai morti sul lavoro, si tratti di un problema sociale devastante che ha bisogno di una forte ed immediata risposta.
Il tema é piuttosto complesso e forse, complice la diffusione mediatica, sopravvalutato. Chi ha la mia età e qualche anno in più, dovrebbe ricordare che la cronaca nera era relegata ad una pubblicazione marginale, ricordo che al cinema distribuivano un giornale “La Notte” le cui pagine erano zeppe di cronaca nera, femminicidi compresi, figli che ammazzano madri ecc… Insommamun bel campionario di fatti che non assurgevano alle cronache dei telegiornali o dei quotidiani nazionali, almeno non me ne ricordo. Oggi, che tutto finisce in prima pagina, ci pare che siamo di fronte ad una tragedia collettiva mai conosciuta… non so se sia così, ma sarebbe, ripeto, interessante avere dei numeri statistici per gli ultimi 60 70 anni. Riguardo poi alla questione latitudinale nel senso di società avanzate, mi verrebbe da pensare che sia legata alla quota di “indipendenza femminile” laddove la donna é più competitiva episodi di grave intolleranza si manifestano più frequentemente e più violentemente, credo sia una idea da valutare. Infine credo che il ‘patriarcato’ c’entri poco, specialmente nelle società più avanzate esso è scomparso da tempo credo piuttosto che ci sia una gran quota di frustrazione maschile una sorta di impotenza, per alcuni patologicamente insopportabile. Quanti uomini riescono ad accettare senza problemi una compagna indipendente, più intelligente, più forte economicamente e socialmente di lui? Quanti uomini pensano di non avere un minimo di maschilismo in se? Ecco, più che con il patriarcato me la prenderei con il maschilismo, ben più duro, a mio parere, da superare, e, piaccia o no, in questo entra in gioco la questione sessuale, piaccia o no é innegabile. Non é una giustificazione, sia chiaro.
Ma ripeto…. gli eccessi cui assistiamo, più che alla sfera sociale, secondo me attengono alla sfera ‘patologica’, solo che la diffusione mediatica li trasforma in una questione sociale, ci vorrebbero però alcuni numeri statistici per comprendere bene il fenomeno, che siano più frequenti nelle società avanzate qualcosa significa, ma l’andamento nel tempo sarebbe altrettanto interessante.
Luciano Damiani
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Tutto ciò che voi annoverate come cause diverse dal patriarcato. Sono in realtà solamente sue diramazioni.
Non capisco perché siete così prodighi nel voler trovare analisi e approfondimenti,facendolo da uomini e con parole maschili, piuttosto che accettare che si tratta sempre di patriarcato. Quando esso è religioso, quando esso è economico, quando è transnazionale.
Cos’è che vi infastidisce cosi tanto? A me infastidisce il non accettare la visione delle donne che hanno su come muoiono.
Cosa significa “maschilismo” contrapposto al patriarcato, mi sfugge il nesso di correlazione.
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Valentina, non c’è nulla che ci infastidisce, penso/pensiamo che patriarcato e maschilismo siano due concetti diversi poco nulla dipendenti, si può benissimo essere maschilisti anche in società matriarcali. Forse a te/voi infastidisce il pensiero ‘diverso’, il punto di vista diverso, o forse più semplicemente dà fastidio che gli uomini parlano dei problemi delle donne…. del resto, essendo ‘uomini’ non possiamo che parlare con ‘parole di uomini’, sarebbe curioso se non fosse così.
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Io vorrei veramente conoscere la differenza che attribuisci, non nego che esista, tra maschilismo e patriarcato
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Il patriarcato é un sistema di società familiare nella quale il ‘padre’ é il ‘capo riconosciuto’, colui che ha la responsabilità del benessere e della sicurezza della famiglia sua e della discendenza. il ‘Capo Famiglia’ ha l’autorità riconosciuta sui figli e sulla discendenza ed a lui sono demandate le decisioni che riguardano la ‘famiglia’. Il maschilista invece non ha alcuna autorità riconosciuta, non esercita alcun potere ma solo presuppone egli stesso la sua superiorità rispetto alla donna in ogni campo di confronto intellettuale fisico e morale e spesso la esercita proprio per dimostrare a se stesso questa superiorità che non gli viene riconosciuta, il patriarca invece non ne ha bisogno poiché il suo ruolo é socialmente riconosciuto nella società patriarcale ovvero nella sua famiglia composta da moglie, figli, fratelli minori e discendenze varie. Il patriarca non ha bisogno di usare violenza per ribadire la propria superiorità, il proprio ruolo. Direi anzi che fra le responsabilità del patriarca c’è, o meglio c’era, anche quella di vigilare sul rispetto dei ruoli fra i vari componenti della famiglia, dell’armonia familiare che comprendeva anche il rispetto verso le donne per il loro ruolo anch’esso riconosciuto. Il patriarca é il nonno, il maggiore dei fratelli presso il quale tutti si rivolgono per un consiglio o per avere una qualche approvazione o concessione, e ben me lo ricordo a Natale tutta la numerosa famiglia a casa del nonno patriarca con la nonna altrettanto autorevole, autorità che gli derivava dall’essere la moglie del patriarca. Il maschilista é un tizio che crede di essere superiore alla donna per il semplice fatto di essere maschio e che ha bisogno di dimostrarlo in primis a se stesso nelle varie forme che conosciamo che vanno dalla scarsa considerazione della donna sino all’omicidio passando per le umiliazioni psicologiche e fisiche ecc.. tutte manifestazioni delle quali il patriarca non ha bisogno, lui é superiore per ruolo sociale riconosciuto. Ecco perché penso che la violenza maschilista non discende dal patriarcato, il patriarcato é terminato nel momento in cui le famiglie, intese come gruppi familiari riuniti si sono dissolte andando ognuna per la propria strada, forse in coincidenza con il passaggio dalla società agricola, nella quale la terra teneva tutti uniti, a quella industriale nella quale i nuclei familiari si sono allontanati lasciando la terra ed andando altrove laddove la fabbrica offriva lavoro. Mi verrebbe da dire che il patriarcato é terminato assieme al latifondo. Quindi il patriarca potrà anche essere un ‘maschilista’ per alcuni versi, ma non lo é necessariamente, mentre il maschilista non esercita un ruolo di patriarca, non necessariamente lo é, e non lo é certamente oggi visto che la società patriarcale si é ormai dissolta da tempo. Mio padre, che oggi avrebbe circa 100 anni probabilmente avrà sofferto di non aver potuto rivestire il ruolo di ‘patriarca’ per decorrenza dell’epoca, sfogandosi quindi in atteggiamenti maschilisti, ma i giovani d’oggi non credo sappiamo cosa sia il patriarcato ne abbiano alcuna consapevolezza di cosa sia l’essere patriarca, e dunque, non possono certo averlo nel proprio subconscio.
Luciano Damiani
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