“ECCHISIETEVOI” – UN LIBRO DI GRAZIELLA FALCONI.
di MICHELE PETRUCCI ♦
Dallo Statuto Albertino alla Carta Costituzionale, dal parlamentarismo concesso al parlamentarismo scelto: è l’ appassionante viaggio che Graziella Falconi compie nella sua ultima fatica: “ECCHISIETEVOI. Escursioni ( e incursioni) fra Parlamento e parlamentari”(Edizioni All Round).
Il volume rappresenta un altro importante passaggio di un percorso di vita, personale prima che professionale, che ha portato l’autrice, a lungo impegnata in battaglie sui temi della democrazia e della formazione politica, a divenire una attenta saggista ed acuta analista, che sente “prioritariamente il dovere di una onesta ricerca” e sa al tempo stesso essere una apprezzata divulgatrice nel rendere accessibili anche temi in genere riservati ai non addetti ai lavori. (come in passato hanno testimoniato i suoi lavori tra cui si ricorda la riedizione delle Favole e dell’Albero del riccio di Antonio Gramsci oppure il volume “Nel partito e nel movimento”, raccolta di discorsi e scritti di Nilde Jotti).
Una chiave di lettura, tra le tante che questo libro propone, che costituisce la cifra autorale della Falconi, il cui stile, asciutto ma di scorrevole lettura, combina l’analisi politica non convenzionale con la divulgazione. Caratteristiche che le permettono di affrontare tematiche come la democrazia, le sue forme istituzionali e le funzioni del Parlamento semplificandole attraverso una narrazione arricchita da citazioni illustri ed episodi reali – le “escursioni (ed incursioni) del sottotitolo – che rendono il suo racconto di piacevole lettura anche ai non addetti ai lavori (una volta si sarebbe detto al colto e all’inclita!).
Una capacità ancora più utile in un testo come questo che dedica un rilievo particolare alla Costituzione, cardine dell’architettura istituzionale del Paese in forma di Repubblica parlamentare. Nel testo vengono infatti ripercorsi i momenti salienti della evoluzione del Parlamento dell’Italia unita, da come nasce ai tempi dello Statuto Albertino fino al ruolo odierno. Sono raccontati e illustrati gli (scarsi!) successi e i (molti!) fallimenti dei (numerosi!) tentativi per aggiornare la Costituzione. Per testimoniare, come afferma la stessa Falconi, “la resistenza e la difficoltà a modificare la carta costituzionale del 1948”.
Il libro pur trattando un tema di primaria importanza lo rende semplice e di agile comprensione, catturando il lettore già con un titolo ironico e dissacrante: una “monelleria”, secondo l’autrice, ispirata a una citazione, di Italo Calvino che rimanda all’origine del termine “parlament” (per indicare quel luogo dove si dibatte e discute per arrivare a decisioni politiche il più possibile condivise). La cui apparizione risale, come spiega la quarta di copertina, al 778 d.C. quando Carlo Magno nel radunare i suoi paladini per avere consiglio su come affrontare i Mori, si rivolge loro con la esclamazione “ECCHISIETEVOI”) per accertarsi che abbiano titolo a difenderlo. Così, l’autrice immagina che anche i cittadini degli anni 2000, a causa del crescente discredito che investe oggi deputati e senatori, si rivolgono ad essi per assicurarsi che abbiano titolo a difendere il Parlamento democratico di cui fanno parte. Ma l’intento divulgativo non penalizza nè il rigore da ricercatrice nè la chiarezza da analista politica con cui la Falconi (dopo averle puntualmente ricostruite attraverso documenti, discorsi ma anche aneddoti) approfondisce e spiega le vicissitudini delle istituzioni parlamentari di un Paese nell’evoluzione verso un solido assetto democratico. A partire, come si diceva, dalla Statuto “benevolmente concesso ai suoi amatissimi sudditi” da “ Sua Debolezza” Carlo Alberto, che però “per tranquillizzare liberali e monarchici” si riservò anche il diritto di annullarlo “qualora il popolo non si fosse comportato bene”.
Una evoluzione continua ma faticosa e contrastata così da sembrare talvolta un’involuzione come testimoniano gli avvenimenti ed il dibattito pubblico in corso proprio in questi giorni. E qui si evidenzia un’altra caratteristica di questo lavoro di Graziella Falconi (peraltro comune a molte sue opere): prendere spunto dal passato per indagare, come avverte la seconda di copertina “fatti anche complessi in modo semplice che ciclicamente hanno investito ed investono il rapporto tra le massime istituzioni, il senso della democrazia della partecipazione democratica e della rappresentanza”. Esperienze che hanno segnato un Paese complicato (definito dall’autrice “di regnicoli”) che, come ricordato nel capitolo di apertura, dopo aver raggiunto la sua unità “dopo secoli in cui era stato diviso” ha visto “ due guerre mondiali, una monarchia, un ventennio di dittatura fascista prima di “conquistare libertà e democrazia”.
Un esercizio prezioso di rilettura e riproposizione di temi e situazioni per trarne lezioni ed insegnamenti da applicare ancora oggi perché di grande attualità e per districarsi nel dibattito in corso nel Paese proprio in queste settimane, per una coincidenza, come si diceva, non solo fortunata con l’uscita del volume.
Di qui l’utilità per chiunque, cittadino o addetto alla politica voglia capire meglio e partecipare (la partecipazione è un altro delle “passioni” della Falconi che ricordiamo essere anche promotrice di Delib, un’associazione che si occupa proprio di promuovere partecipazione di quanti interessati alle scelte pubbliche sulla base di impatti sociali, economici ed ambientali).
Anche se l’autrice nega qualsiasi intento scientifico (parla “da lettore a lettore”) è innegabile che una ricostruzione così puntuale e meticolosa costituisce una lavoro prezioso perché può essere di monito, consentendo di comprendere perché nelle democrazie occidentali il Parlamento è in crisi ma soprattutto perché è indispensabile e quanto pericoloso sia l’antiparlamentarismo predicato dai movimenti populisti. Ciò rende peraltro il volume, la cui sistematicità risente della precedente esperienza dell’autrice nel campo della formazione politica, anche adatto a fare da testo base per un corso o progetto di educazione civica utile a favorire nelle giovani generazioni conoscenze e riflessioni sul significato e l’importanza delle forme democratiche.

Venendo ai contenuti, si evidenzia che il volume, nonostante le oltre 400 pagine, si presenta articolato in tre sole parti, e riporta in allegato il dispositivo della Carta Costituzionale, che ne rappresenta il perno narrativo.
La prima parte (anche qui con un titolo evocativo: “Un fantasma si aggira per l’Europa…la democrazia?) costituisce un vero e proprio compendio sulla democrazia e si rivela,per completezza, un prezioso strumento per approfondirne potenzialità e limiti e per capire come superare l’attuale, oggettiva, crisi delle democrazie occidentali. Resa ancor più preoccupante, secondo Falconi, da “una sindrome influenzale, ovvero il populismo che in ITALIA ha conosciuto e conosce forme precoci ed inquietanti ,dilaganti anche in EUROPA”.
Nella seconda parte (stavolta con titolo immaginifico: “Costruzione della libertà”) la Falconi, passando dal fascismo alla liberazione, dai Comitati di liberazione nazionali ai congressi dei partiti e alla rinascita dei sindacati, ripercorre ed approfondisce i momenti decisivi del percorso che la democrazia del nostro Paese ha compiuto negli anni mettendone in evidenza i rischi che ancora corre. Pagine che offrono numerosi spunti di riflessione, se non inediti certamente poco noti, che l’autrice propone, attingendo anche alle esperienze del suo impegno politico (che l’ha vista occuparsi a lungo anche della storia delle donne). Per esempio quando definisce l’anno 1943 (in cui Badoglio firma l’armistizio dell’8 settembre e “lo Stato si disfa, si sbriciola”) come “ il tempo delle donne”, ricordando che nel Novembre 1943 a Milano nacquero i Gruppi di difesa delle donne, esempio di femminismo in nuce il cui scopo era “non solo di appoggiare e assistere moralmente e materialmente ma anche per dare alle donne il mezzo per elevarsi nella società e portarsi all’altezza dell’uomo e a pretenderne gli stessi diritti” i partigiani”. La Falconi ricorda che grazie a questo ed altri gruppi analoghi si muovono i primi passi di un percorso che nel marzo 1946 (data in cui in occasione delle prime elezioni amministrative postbelliche, “le donne con almeno 25 anni di età potettero eleggere ma soprattutto essere elette”) avrebbe portato alla elezione delle prime sei sindache di sesso femminile.
La terza e ultima parte (di nuovo un titolo birichino: “Carta vince carta perde”) dà conto del dibattito e degli scontri, (talvolta drammatici, talvolta pretestuosi e surreali) che hanno caratterizzato la storia della Costituzione: dalla Consulta nazionale al referendum del 2 giugno 1946, dalla Assemblea Costituente fino alla sua entrata in vigore, il 1 gennaio 1948, mentre, come osserva la Falconi “ il Paese si rimboccava le mani per uscire dalla miseria”.E poi ancora il Comitato di studio istituito da De Nicola “quasi a prolungamento del lavoro della Costituente” e le elezioni politiche del 1948.
Un excursus, pieno di informazioni e suggestioni, che arriva ai giorni nostri per descrivere gli avvenimenti più recenti come la discussione sulle riforme: dal Federalismo (la Falconi ripercorre l’iter di istituzione delle Regioni, per il quale ricorda che “ci sono voluti ben 22 anni” e che “il trasferimento completo delle funzioni previste nell’art.177 è terminato solo nel 1976”) al tema della stabilità del governo. Molto interessanti le pagine in cui si ripercorre il dibattito sul cambiamento della legge elettorale e gli eventuali impatti sulla rappresentanza, che le varie maggioranze ripropongono a turno da anni (a tal proposito viene rievocata la seduta della Camera del 10 luglio 1923 in cui si avvia la discussione sul disegno di legge con il quale Mussolini “intendeva cambiare il sistema elettorale per dare al fascismo una maggioranza parlamentare inattaccabile”. In particolare è riportato, tra gli altri, l’intervento di Antonio Labriola, deputato napoletano, secondo il quale non spetta alle leggi elettorali assicurare la stabilità del governo perché “il quesito sulla stabilità del governo riguarda il Parlamento non gli elettori. Una buona legge elettorale non deve risolvere che un solo quesito: ottenere una leale rappresentanza degli elettori”).
Progetti, con al centro il rapporto tra capo dello Stato, Parlamento e Governo. In relazione ai quali, nel descrivere in dettaglio le proposte più rilevanti succedutesi (riportandone pregi e controindicazioni) la Falconi ricorda “l’impegno di costituzionalisti, elaborazioni di istituti culturali e partiti” ed osserva che col tempo si sono incentrate “più sulle riforme costituzionali che riforme istituzionali “. Così negli anni ’70 si è ragionato soprattutto sul tema della centralità del Parlamento. Ma poi, a partire dalla proposta Craxi di rilancio della “Grande Riforma in senso Presidenzialista e decisionista”, il dibattito prosegue nelle varie Legislature tra referendum abrogativi (alcuni anche di successo), Commissioni, bicamerali e monocamerali (che vanno e vengono, provando a riempire le presunte lacune lasciate dai costituenti) e maggioranze di vari colori che stringono patti (più o meno ufficializzati) ed elaborano bozze (senza particolari risultati).
Iniziative il cui fallimento, anche se con diverse sfumature, ha portato, secondo l’autrice, anche ad “una sorta di frustrazione…non solo motivata dalla incapacità di nuove norme idonee a rafforzare i poteri del Governo e del suo Organo di Vertice ma anche dalla crescente consapevolezza che in tema di riforme molto dipendeva da fattori extranormativi: in particolare la crisi e poi la scomparsa dei maggiori partiti che avevano guidato la elaborazione costituente sembrò creare una premessa, negativa, difficilmente superabile per l’adozione di una riforma efficace ed insieme equilibrata”.
Da qui discussioni e proposte sempre meno concrete e di difficile comprensione, non solo per l’opinione pubblica. Come nel caso della forma di governo (si pensi alle formule del cd “premierato forte” o del cd ”semipresidenzialismo”) o quello dell’assetto delle Camere (dal bicameralismo asimmetrico al monocameralismo più o meno puro) al centro anche di un referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Oppure ancora il tema della sfiducia costruttiva o dei maggiori poteri al presidente della Repubblica (che, ferma rimanendo la sfiducia, prevederebbe un governo costituito anche senza preventiva fiducia parlamentare) . Oppure stabilendo una fiducia a durata predeterminata (sempre salvo sfiducia).
Nella parte conclusiva che arriva fino ai giorni nostri, la Falconi ripercorre le proposte andate a vuoto per cambiare la legge elettorale (alcune delle quali da far impallidire la legge Truffa di De Gasperi). In particolare per i ripetuti tentativi, che ancora oggi si susseguono, con l’alibi di rafforzare la governabilità, per cambiare la legge elettorale ma il cui vero, inconfessabile, obiettivo è di rendere possibile controllare gli eletti, (come peraltro avviene con l’attuale legge elettorale attualmente in vigore) delegittimando il parlamento non solo per la rappresentatività.
Non fa eccezione il recente taglio del numero dei parlamentari avvenuto senza la approvazione, né preventiva né successiva, di una legge elettorale che ne tenesse conto: una norma peraltro votata anche dal forze politiche che l’avevano proposta (e non si capisce se per miope idiozia o scellerata complicità, tertium non datur!). Il che conferma come negli anni l’impegno costituente si è di frequente risolto nello sforzo di piegare le forme della democrazia parlamentare, stabilita dalla Carta Costituzionale, ad interessi opachi, contingenti e particolari.
Comportamenti che hanno contribuito a screditare i membri dei Parlamenti agli occhi di una opinione pubblica ormai disincantata e comprensibilmente scettica (d’altra parte chi si fiderebbe di un Parlamento non pienamente rappresentativo affidandogli il mandato di cambiare la Costituzione?).
Una crescente diffidenza che però ha portato a livelli preoccupanti l’astensionismo di un elettorato sempre più sfiduciato, soprattutto nelle fasce dei più giovani e dai più socialmente deboli. Malumori che si stanno trasformando in vera e propria insofferenza gravida di rischi per i sistemi democratici che così, come spiega la Falconi, hanno gravi problemi (in Italia come nel mondo). Dunque, anche se questa non è più la Repubblica pensata dai nostri padri costituenti, la sola contestazione non può essere la risposta. E qui sta forse il maggior valore di questo libro: aiuta a capire che il Parlamento, pur avendo i suoi difetti perché (anche perché, come diceva Matteotti, essi sono pubblici e controllabili) va salvaguardato. Soprattutto non bisogna attribuire alla Istituzione le colpe (assenza di eticità, valori ed ideologie, trasformismo, etc) dei suoi membri (che peraltro, al di là di ogni considerazione sulle leggi elettorali, sono pur sempre stati eletti dai cittadini).E anche se restano aperte molte delle delle principali domande che Max Weber avanzò nel 1919 (La politica come professione), il Parlamentarismo costituisce pur sempre l’architrave principale della democrazia. Certo talvolta pecca di una lentezza, per certi versi ontologica, su cui però occorre riflettere per individuare i rimedi per costruire una nuova democrazia (“democrazia decidente”, come l’ha definita Luciano violante) in grado di assicurare davvero libertà, tutele e diritti anche in tempi di cambiamento come quelli che viviamo.
Ma questo è già un altro tema: forse l’argomento del prossimo libro che Graziella Falconi potrebbe regalarci dopo che con questo ha dato un contributo importante alla comprensione di un sistema istituzionale democratico e del suo stato in questo Paese.
MICHELE PETRUCCI

E il valore della tua lucida presentazione di un testo che ripercorri con precisione appassionata. Un testo tanto più significativo in tempi in cui l’assalto alla Carta è quotidiano, irrelato e insultante. Con una smorfia di disprezzo(che però è un tratto fisiognomico permanente) il presidente della Almirante Association ospite a Di martedì ha affermato che la Costituzione tanto decantata (ergo mitizzata) non è poi questo granché. Meditiamo gente… E grazie Michele
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