La potenza evocativa dei colori e dell’energia ben spesi.

di EZIO CALDERAI ♦

   La felicità è anche una passeggiata all’imbrunire davanti al porto storico di Civitavecchia, a bordo acqua o sulla terrazza creata intorno al 1630 dal Muraglione di Urbano VIII, e riscoprire che le luci di un tenero e sobrio “violetto”, che esaltavano la più antica costruzione romana, che corona con una torretta il molo che parte dalla Darsena Romana e si protende verso il centro dello specchio acqueo, sacrificate alla crisi energetica, erano state riaccese.

   Il “Lazzaretto”, che, nei due millenni della sua straordinaria esistenza ha svolto funzioni diverse, ma tutte strategiche. Torretta di avvistamento, dotata di opere sottoflutto sofisticatissime, che smorzavano la violenza delle mareggiate, chiudeva il braccio di ponente del Porto Traianeo, completato nella prima metà del primo secolo d.C., su progetto di uno dei più grandi architetti di tutti i tempi, Apollodoro di Damasco, ricordato per innumerevoli opere e il nostro Porto figura tra le principali, insieme al ponte sul Danubio, di cui resta imperitura memoria, e al Foro e al Mercato dell’Imperatore Traiano, tuttora visibile e realizzato quando Roma aveva superato un milione di abitanti.  

   Non solo una passeggiata, dunque, ma un inchino alla bellezza, ché aprirà il vostro sguardo alla Fontana di Vanvitelli, alla Fortezza Bramantesca, impreziosita dal maschio, cioè il torrione principale, realizzato da Michelangelo Buonarroti. Mancano, distrutti dalla follia degli uomini, l’inimitabile Arsenale di Gian Lorenzo Bernini e innumerevole altre opere romane, conservate dall’ingegno di Leonardo da Vinci, che nel suo periodo romano amava venire a Civitavecchia per disegnarle.

   L’energia ben spesa rimane intatta nel cuore degli uomini.

   Mi sento di ringraziare l’Autorità Portuale per aver colto l’insopprimibile importanza dei simboli.

EZIO CALDERAI

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