A MILVIA
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Milvia, figliola mia eccoti qui.
I miei ricordi passano attraverso la tua memoria.
Avevi ragione a raccontare che ognuno è fatto a modo suo e che io certo non ero fatto per la politica. Nove mesi di Comitato per la Liberazione mi erano bastati. Troppa nostalgia per i boschi, per la lotta, quella vera e non a parole.
Come sei stata brava a ricordare ciò che ti dissi a proposito della guerra in Libia. Te la ricordi bene la storia dei denti. Già! Me ne cavai un paio: non m’andava quella sporca guerra del Duce. Ma a poco servì. Feci del tutto per non uccidere. E chi dovevo far morire? Gente che nulla m’aveva fatto, nulla di nulla.
Te la ricordi la storia di quel “bacarozzo”, insomma di quel prete che mi vede che donavo un po’ di cose a quei disgraziati che dovevo considerare nemici e mi fa: “ Ma come, tu sei un comunista, miscredente per giunta e fai cose tali che….mi sembri un Cristo?”. Vedo bene dai tuoi occhi che ricordi la mia risposta, già la mia pronta risposta : “Bè si vede che Cristo era un vero comunista!”
E quando fui rinchiuso a Regina Coeli? Veniste a Roma presso una nostra parente, la mamma tu e la sorellina. E per fortuna scampaste ai bombardamenti. Poi poco prima dell’8 settembre mi rilasciarono col foglio di via e tutta la famiglia di nuovo a Civitavecchia. Tu avevi sei anni e per fortuna non riuscivi a capire bene tutto il dramma che ci girava attorno. Fu a quel punto che conobbi Filiberto. Hai capito? Sbardella, insomma. E, poi un altro, un pezzo grosso di cui è meglio non fare il nome. E mi convinsi. Entrai nel gruppo di Bandiera Rossa. Potevo stare con voi, con la mamma e con te, Milvia, e con la sorellina. Ma qualcosa mi chiamava. Ognuno è fatto a modo suo.
I Monti della Tolfa. Il Casalone, La Bianca, Monte Cucco. Assalti dove siamo scampati per miracolo. Ma era ora di finirla, dovevamo agire, prendere l’iniziativa.
Potevo morire Milvia, potevo lasciarvi sole con la sola mamma. Ma io so bene che mi hai perdonato, hai capito che non potevo, che dovevo, per voi, per me, per la mia gente. La taglia! Ricordi che ti ho raccontato che tuo padre era onorato di una bella taglia, io e Antonio Morra: 100.000 lire, una bella cifra che poteva far gola alle spie.
Già le spie!
Il dramma avvenne il Venerdì Santo. Molti avvertivano il bisogno di far festa. Forse la nostalgia della “Pricissione”. Tolfa si riempì di partigiani giunti dalla macchia.
Ma era l’agguato.
Alcuni dei nostri catturati furono trasferiti a Roma, a Roma!
Che ne potevo sapere io di via Tasso? Milvia!
Furono vomitati veleni. La storia dei fondi gestiti male era vera, Milvia! Era vero, era vero perché molti di quei fondi servivano anche per sfamare, per alleviare la sofferenza dei nostri sfollati a Tolfa ed Allumiere.
Ho sempre pensato che la vera lotta da fare è aiutare gli altri, i bisognosi, gli affamati. Quando arrivai a Civitavecchia non riconoscevo più le vie. Iniziava una nuova guerra, Milvia. Mi ricordai di quel prete, in Libia. Già, del Cristo comunista!
Sono molto felice che tu mi abbia ricordato non tanto per la lotta armata ma per quella più importante che feci nel dopoguerra. Ti sei ricordata di quando davo patenti di partigiano a gente che non aveva mai sparato un sol colpo pur di assicurare loro una povera pensione.
Hai ragione Milvia a dire che la politica non ha mai fatto per me.
Penso che la cosa più giusta sia quella di riconoscere un principio: ognuno è grande al proprio posto. Non importa cosa fai ma è come lo fai che conta, con quale amore lo fai.
Milvia, mia cara, non volevo farti commuovere.
Ora che sei qui. Tanto mi basta.
CARLO ALBERTO FALZETTI
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Il ritratto di Milvia Maroncelli ci è stato rilasciato dalla figlia Claudia Stella
Che bel ricordo; ho conosciuto Milvia veramente quando spostò il piccolo New Shop nel palazzo che chiamavano D’Avenia dove anche io avevo studio; mi diede l’incarico di ristrutturare il locale e fu allora che una semplice conoscenza divenne amicizia, e amica si dimostrò davvero che me la trovai vicina in un momento difficile e fu grazie ai suoi consigli se
lo superai facilmente; donna di gran cuore, generosa, ci accomunava il credo politico. Riposa in pace
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Che bei ricordi eh Rosamaria, che belle chiacchierate.
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A Milvia
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GRAZI CARLO,UN ABBRACCIO DA CLAUDIA
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