Almanacco civitavecchiese di Enrico Ciancarini. 31 marzo 1946: a Civitavecchia un colore solo. La prima volta delle donne e degli uomini civitavecchiesi insieme al voto.

di ENRICO CIANCARINI

Venerdì 29 marzo 1946 era l’ultimo giorno per i comizi elettorali in vista delle elezioni amministrative che si sarebbero tenute a Civitavecchia domenica 31 marzo.

I tre grandi partiti di massa italiani, il Partito comunista, il Partito socialista e la Democrazia cristiana, inviarono nella distrutta città portuale i loro “pesi massimi”: per i comunisti Luigi Longo vicesegretario del partito; per i socialisti Pietro Nenni, vicepresidente del Consiglio e ministro alla Costituente; per i democristiani il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi.

L’Avanti! sul numero del 30 marzo dedicò all’intervento civitavecchiese di Nenni un lungo articolo:

“Verso la Costituente. Discorso di Nenni a Civitavecchia.

Civitavecchia, 29. Nel pomeriggio di oggi il vice Presidente del Consiglio, compagno Pietro Nenni, ha tenuto davanti ad una folla di lavoratori, un applauditissimo discorso.

Egli, dopo aver ricolto un saluto a tutta la cittadinanza, passa ad esporre l’azione di governo svolta dal Partito Socialista ed illustra la legge sulla Costituente.

Si sofferma quindi particolarmente sul programma del nostro partito e sulle prossime battaglie politiche.

Intrattenendosi poi sui rapporti con i comunisti e con la Democrazia cristiana, mette in guardia i lavoratori dai falsi partiti che sotto il manto della democrazia e della libertà, mirano ad opposti interessi.

Non nasconde le difficoltà che ancora vi sono da superare, ma invita i lavoratori ad avere fiducia perché il giorno radioso verrà ed allora cesserà l’attuale stato di privazioni e sarà assicurato il benessere a tutti.

La fine del discorso è stata sottolineata da un prolungato applauso. Il compagno Nenni, prima di fare ritorno a Roma, si è recato a visitare la nuova sede del Partito Socialista”. 

Sul quotidiano L’Unità del 31 marzo fu pubblicata una breve cronaca che riuniva al suo interno i comizi di Longo e di De Gasperi:

“CIVITAVECCHIA, 30. Ieri il compagno Longo ha parlato in un comizio elettorale dinnanzi a 8.000 persone. L’oratore ha dichiarato: ‘Vi sono dei sacerdoti che dicono che votare per il Partito comunista è peccato capitale. Ma i peccati capitali sono sette e non risulta che votare per i comunisti sia peccato capitale.

Noi siamo, ha concluso il compagno Longo, per una politica di reciproca tolleranza e di intesa con tutti i democratici e con i cattolici in primo luogo’

Nello stesso pomeriggio ha parlato anche l’on. De Gasperi il quale accennando all’importanza delle elezioni amministrative, si è richiamato ad un suo discorso pronunciato al Brancaccio ed ha detto che nessuna riforma in senso popolare troverà l’ostilità da parte della democrazia cristiana condizione, però, che due cose siano salve nel metodo: la libertà di iniziativa dell’individuo e la libertà di coscienza di tutte le persone”.

Da una nota del Ministero dell’interno, elaborata al momento della chiusura dei seggi,  apprendiamo i dati degli iscritti e dei votanti:

iscritti maschi n. 9785, votanti maschi n. 7.097 (72,53%);

iscritti femmine n. 10,326, votanti femmine n. 7.382 (71,49%);

iscritti totale n. 20.111, votanti totale n. 14.479 (72%).

(da Mirella Scardozzi, Civitavecchia tra Resistenza e ricostruzione. Quaderni della Resistenza laziale).

I risultati delle elezioni amministrative svoltesi a Civitavecchia il 31 marzo 1946 furono pubblicati su l’Unità e sull’Avanti! il 2 aprile (non comparivano i Repubblicani che si erano presentati con il PdA):

Partito Comunista: voti 4.721

Partito Socialista: voti 4.449

Democrazia Cristiana: voti 4.019

Partito d’Azione: voti 793

Indipendenti: voti 301

Il quotidiano comunista aveva spedito un suo inviato speciale per documentare queste prime elezioni amministrative libere a Civitavecchia. A Roma e in molte altre città italiane si era votato due settimane prima.

Il giornalista era Giovanni Puccini detto Gianni. Nel Dizionario Biografico degli Italiani (volume 85, 2016) una voce scritta da Emiliano Morreale lo ricorda. Era nato a Milano nel 1914. Nel 1934 partecipò ai Littoriali fiorentini nella sezione critica letteraria. In quell’occasione strinse amicizia con Pietro Ingrao, rimasto fra i suoi amici più cari. Nel 1935 si iscrisse al neonato Centro sperimentale di cinematografia, l’anno dopo si laureava in letteratura tedesca. Nel 1939, al ritorno da un viaggio in Danimarca, entrò nel gruppo di autori della rivista Cinema diretta da Vittorio Mussolini. Collaborò con Giuseppe De Sanctis, Domenico Purificato, Mario Alicata e Carlo Lizzani, tutti futuri esponenti del Partito comunista. Contribuì alla stesura di Ossessione il capolavoro di Luchino Visconti ma venne arrestato il 2 dicembre 1942 e rimase in carcere fino alla caduta del fascismo avvenuta il 25 luglio 1943. Entrò nei GAP romani ma fu di nuovo arrestato nel marzo del 1944 a casa del regista Visconti.

Alla liberazione di Roma si inserì nella redazione dell’Unità. Dopo l’esperienza giornalistica si dedicò completamente al cinema. Diresse i più famosi attori di quegli anni Alberto Sordi, Marisa Allasio, Marcello Mastroianni e Giovanna Ralli, Nino Manfredi. Il suo ultimo film girato nel 1968, pochi mesi prima di morire, fu I sette fratelli Cervi.

Il suo articolo su quello che accadde a Civitavecchia nei giorni delle elezioni amministrative risente molto del suo occhio cinematografico, regalandoci un bel pezzo di “colore” ricco di numerosi spunti poetici: 

Ieri a Civitavecchia un colore solo (dal nostro inviato speciale)

Civitavecchia, 1.

Fino a tarda ora, ieri, il popolo di Civitavecchia, vincitore alle urne, ha riempito le strade e le piazze ritornate sue, e vive dei colori dei manifesti rossi, bianchi, verdi della campagna elettorale che quasi attutivano l’orrore delle macerie; l’ha riempite del suo calore, della sua gioia, dei suoi evviva e dei suoi canti. C’erano vecchi con le lagrime agli occhi, che aspettavano questo giorno da venticinque anni, donne coi pupi sulle braccia, i loro uomini vestiti da domenica, ragazzi e bambini. Dopo venticinque anni il comune è stato riconquistato dai lavoratori: Civitavecchia ha mostrato come allora, e come durante la resistenza, il suo vero volto. Tutta la giornata di lunedì è stata festa come una domenica, come la domenica delle votazioni; festa pur nella tensione dell’attesa, festa dopo la vittoria, quando migliaia di popolani si sono raccolti sotto le bandiere rosse comuniste, socialiste e repubblicane, dinanzi alla Sezione del nostro Partito, e si sono avviati in un corteo che ha percorso, man mano ingigantendosi, tutta la città.

Dal comune hanno parlato oratori dei Partiti di sinistra e, applauditissimo, Edoardo D’Onofrio, segretario della Federazione comunista romana, ha portato ai civitavecchiesi il saluto e la gioia dei lavoratori di Roma. Più volte, gli oratori sono stati interrotti dalla folla, che non sapeva resistere al fiotto dell’entusiasmo, ravvivato, come a ondate sempre nuove, dall’arrivo di nuovi dimostranti; prima, musica in testa, gli operai della Italcementi, gli stessi che avevano acceso, fin da sabato sera, la falce e martello e la stella che con le loro lampadine brillanti avevano illuminato in queste notti le macerie, il mare e la campagna; poi i camion delle frazioni, e fin quelli di paesi vicini, come Allumiere, vincitori nelle giornate precedenti e fieri della vittoria di Civitavecchia popolare.

Gli scrutini s’erano chiusi verso le cinque del pomeriggio. Ma fin dalla mattinata il tabellone affisso alla Sezione comunista, coi dati che affluivano via via dai seggi, aveva richiamato una folla che seguiva appassionata la ridda dei risultati. Ci fu un momento critico pei nostri compagni, quando, con l’arrivo dei risultati dei tre seggi di Santa Marinella, frazione del comune, subimmo un colpo d’arresto che ci portò a duecento voti di distacco dai competitori. Da allora, come durante lo svolgersi d’una gara sportiva, seguimmo col cuore in gola la ‘rimonta’, suggellata da un grande applauso allorché il distacco si ridusse di dodici punti, e terminata, come ogni buon finale di gara, col trionfo e l’evviva.

Io sono nuovo a questi spettacoli: e vorrei dire che più di tutto, nel gran corale di questi giorni, m’hanno colpito le donne di Civitavecchia, e anche i ragazzini, una muta di Gavroches scatenati, che si sono arrochiti a forza di cantare Bandiera rossa e te li trovavi sempre fra i piedi, a darti una mano o a chiederti ‘foglietti’, cioè manifesti. Le donne: hanno votato a gara, prima della spesa o della messa e dopo; ne ho viste piangere più di una per non aver ricevuto il certificato elettorale e non poter quindi partecipare anch’esse.

E prima: non dimenticherò mai le popolane di piazza Leandro, del ‘Ghetto’, del cortile d’un’enorme casa popolare detta la ‘Nona’, che assistevano affollate ai nostri comizi volanti, ascoltavano attente, volevano penetrare le nostre parole, e poi erano trasportate dall’entusiasmo e dalla passione. Ieri, coi bimbi in braccio o per mano, ridenti, gli occhi lustri, ne ho viste a centinaia con fiocchetti e sciarpe rosse al collo e sui capelli. Ieri c’era un colore solo a Civitavecchia, e incendiava le macerie come una speranza di ricostruzione e di rinascita.

Gridavano, ieri, festeggiavano la vittoria. Sono stati giorni animati e felici: si vedeva crescere la democrazia, costruirsi, farsi esperienza concreta di ventimila persone d’una città coraggiosa e risoluta. Adesso, amici di Civitavecchia, bisogna dar una mano alle frazioni meno avanzate, affratellare città e campagna, gli operai e i contadini e i ‘ceti medi’. Allora il contributo di Civitavecchia all’altra battaglia da vincere sarà ancora più saldo. I lavoratori di Civitavecchia andranno alla Costituente rafforzati dall’esperienza del 31 marzo, e i canti, il 3 giugno, echeggeranno fino a Roma.

Gianni Puccini”

I quaranta seggi del Consiglio comunale furono così assegnati: 13 consiglieri ciascuno Partito Comunista e Partito Socialista; 12 consiglieri Democrazia Cristiana; 2 Partito Repubblicano e Partito d’Azione.

Il 23 aprile 1946 il Consiglio comunale elesse sindaco il comunista Renato Pucci con 21 voti.

ENRICO CIANCARINI

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  • L’immagine di copertina è tratta dall’archivio del Corriere della Sera