IL “ BEATLE” LETTERATO
di ETTORE FALZETTI ♦
Ci conoscemmo nel 1962, eravamo nella stessa classe di ginnasio e frequentammo insieme i cinque anni di liceo. Ben presto nacque fra noi un’amicizia che si sarebbe protratta nel tempo. Andavo spesso a casa sua, in via Doria, e tutte le sere ci incontravamo in quel salotto all’aperto che era allora corso Centocelle a fare le cosiddette vasche, cioè camminare avanti e indietro lungo la via per chiacchierare e incontrare amici. Devo dire la verità, parlavamo soprattutto di sport, non di musica perché io non lo seguivo nella sua grande passione per i Beatles (si era addirittura comprato il berretto da marinaio come quello che portava John Lennon), però ancora di più Silvio era appassionato di letteratura, soprattutto italiana contemporanea. Era un lettore voracissimo, ricordo che aveva una predilezione per Elio Vittorini, fu lui a farmi conoscere quello straordinario libro che è Conversazione in Sicilia. E poi, già da allora, scriveva: brevi racconti che, se non ricordo male, firmava come Valentino Silvio col nome dell’editore che più apprezzava, Bompiani.
All’università le nostre strade si separarono, lui naturalmente scelse lettere moderne, io filosofia, ma ben presto ci ritrovammo insieme nell’agone politico sessantottesco e facemmo subito squadra. Ci occupavamo soprattutto della propaganda: lui aveva montato sulla sua 850 un altoparlante; percorrevamo la città in lungo e in largo. Silvio guidava e metteva la musica, ovviamente canti e inni politici, io lanciavo slogan. Al di là dell’etica dell’impegno, devo dire che c’era molto di goliardico in quell’avventura che rafforzò la nostra amicizia.
Poi dovemmo cominciare a costruire il nostro futuro lavorativo. Silvio fece una scelta radicale, andò a insegnare in un piccolo borgo sul delta del Po, un’esperienza, mi raccontò poi, didatticamente e umanamente particolare e feconda. Peraltro fu lì che conobbe la sua futura moglie, Elena.
Quando, dopo alcuni anni, tornò a Civitavecchia ci mettemmo subito in contatto e io lo invitai ad assistere, nei locali di una radio privata, a una trasmissione elettorale condotta da mia moglie, Anna Rita Schiavi. Un evento per così dire galeotto, perché in quella circostanza Silvio scoprì un mondo, quello delle comunicazioni radiotelevisive, che avrebbe poi abbracciato con l’entusiasmo e le qualità che ben conosciamo, d’intelligenza, competenza e autenticità.
Da allora in poi ci appoggiammo, ci sostenemmo e non di rado collaborammo in iniziative culturali che credo abbiano avuto una qualche importanza per la città.
Superfluo dire quanto Silvio abbia contribuito a indagare sulla storia, grande o minuta, di Civitavecchia, e quanto siano stati importanti negli ultimi anni i suoi studi su Stendhal. Né va dimenticato che è stato prima di tutto un insegnante: gli studenti che “ereditavo” da lui ne parlavano con affetto e gratitudine.
La città gli deve molto, ma molto gli devo anche io per un’amicizia durata una vita sempre nel segno di una grande intesa e fratellanza.
ETTORE FALZETTI
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Grazie 💙
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In quegli anni ginnasiali mi arrivavano per telefono canzoni dei Beatles, cantate a viva voce, con chitarra, da Mauro, Gino, Rino e forse Silvio..
Ma il quadro cambia, con ciclostile al Sindacato, ora canti sessantotteschi, ma Silvio, vittoriniano, comunista ortodosso🌹🌹
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Un bel ricordo Ettore, l’avventurosa tensione di quegli anni e le relazioni di vera amicizia… Valgono per tutti noi. 💞
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