“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – FIABA AFRICANA
di STEFANO CERVARELLI ♦
Ci sono storie ed avvenimenti che, per i loro contenuti, per il dispiegarsi degli eventi sembrano davvero uscite da un libro di fiabe proprio perché in esse ritroviamo i tratti tipici delle fiabe: tristezza, avversità, sconforto, speranze, sogni e anche ,se non sempre, il lieto fine.
Così anche nella storia che sto per raccontare ci sarà una Cenerentola che coltiva il sogno di salire sulla carrozza magica per andare al gran ballo che si terrà a corte.
E come può iniziare una fiaba se non dicendo: “C’era una volta…..”.
Ma c’è ancora un lontano povero Paese, ma tanto povero da vedersi dare il triste titolo di Paese più povero del mondo; pur essendo abbastanza vasto non ha molti abitanti, solo poco più di 10 milioni.
All’inizio questo territorio faceva parte di un Paese ancor più grande, ma poi i suoi i suoi abitanti chiedno l’autonomia e così, nel 2011, dopo un referendum quasi plebiscitario ( 98,83) viene dichiarata l’indipendenza diventando così il Paese più giovane al mondo.
E’ l’inizio di una nuova vita. Si prendono tante iniziative, tra queste spicca, considerando la situazione, quella di formare la Nazionale di Basket.
Ora voi sapete quanto indubbiamente lo sport abbia un ruolo importante nella nascita o ricostruzione di una società, di una Nazione; è segno tangibile di vitalità, di ritorno alla normalità, e anche un modo di darsi prestigio, ottenere consensi.
Ma perché proprio il Basket? Intanto bisogna dire che, ancor prima dell’indipendenza, in quel Paese questo sport godeva di una certa popolarità che solo i successivi eventi affievoliranno.
A capo della costituenda Federazione c’è poi un uomo, Luol Deng, originario di quella terra, che è stato un’ex stella della NBA, dove ha giocato per 15 anni, conquistando, per due volte, il titolo di All-Star Game. Egli vuol fare di questo sport motivo d’orgoglio del suo Paese, dal quale da bambino è dovuto fuggire in Egitto, dopo l’arresto del padre, parlamentare, in seguito a un colpo di Stato.
Nel progetto di costruzione della Nazionale quindi impiega tutte le sue risorse e due mesi dopo l’indipendenza, nel luglio 2011, la squadra gioca la prima partita amichevole contro la vincitrice del campionato ugandese, perdendo di due punti.
Ma nel 2013, nel Paese , dove convivono non certo pacificamente 60 etnie e si parlano 60 lingue indigene, scoppia la guerra civile che causerà due milioni e mezzo di morti, provocando una gravissima crisi alimentari e altre dolorose conseguenze.
Nel 2020 la guerra “ufficialmente” finisce, ha inizio una nuova ricostruzione. Luol Deng riprende il progetto della Nazionale di Basket. La prima cosa da fare ovviamente è trovare i giocatori; la maggior parte dei quali, e tra questi naturalmente i più bravi, giocano all’estero, particolarmente in Australia e Stati Uniti (qui però nelle leghe minori) perché nel loro Paese parlare di un campionato era impensabile. Trovati i giocatori e formata la squadra, della quale fanno anche parte due ragazzi nati nei campi profughi in Kenia e quattro orfani della guerra, c’è da affrontare un nuovo problema del quale però si sapeva l’esistenza; nel Paese non ci sono palazzetti dello sport dove poter far giocare le gare interne alla Nazionale.
Il pPresidente, prevedendo tale problema, si era mosso in tempo: forte delle sue conoscenze in Egitto riesce a far sì che la squadra giochi le partite interne ad Alessandria d’Egitto.
Nel frattempo ad affiancare Loul Deng, in veste di allenatore era arrivato dagli Stati Uniti un altro ex giocatore NBA, attualmente assistente coach nei Brooklyn Nets, il suo nome è Royal Ivey.
Ora che è stata formata la squadra, trovato il campo, e un bravo allenatore non ci si può limitare certo ad amichevoli o semplici tornei, bisogna giocare per qualcosa di valido, d’importante.
Perché non dare corpo all’idea che gira nella testa del Presidente? All’inizio la si sussurra, la si manifesta quasi con timore, se ne parla sottovoce, non si vuole essere presi in giro, derisi…perché…ma poi l’intraprendenza, il coraggio hanno la meglio: ”Ma sì, diciamolo ad alta voce, gridiamolo senza paura, perché non puntare a partecipare al Campionato Mondiale di Basket che si terrà a cavallo tra agosto e settembre, in tre paesi asiatici Giappone, Filippine ed Indonesia?” L’idea è senza dubbio delle più audaci, quasi presuntuose: la Cenerentola del mondo vuole andare al gran ballo dei ricchi campioni del Basket! Senza contare poi che un insuccesso rischierebbe di mandare in fumo il lavoro svolto fino a quel momento.
Il coach Royal Ivey non ha assolutamente dubbi ad abbracciare il progetto, anzi è il primo a credere nell’incredibile, è il condottiero capo, l’allenatore di quel drappello di giovani cestisti reclutati in tutte le parti, in ogni angolo.
Dunque è fatta, quella Nazionale allestita alla meglio, ma con i componenti uniti da una grande passione e senso di appartenenza al proprio Paese, parteciperà al girone di qualificazione africano.
E qui, tra la sorpresa di tutti ,, la nazionale del paese più povero del mondo vince 10 incontri su 11; manca l’ultimo, quello decisivo, quello che può tramutare la zucca nella carrozza che porterà Cenerentola al gran ballo dell’elìte mondiale.
Però la strada dei desideri, dei sogni non è certo piana e ricoperta di petali di fiori anzi; spine e pietre si pongono sotto i piedi di chi intraprende quella via, cespugli ne ingombrano il passaggio. Ecco, quindi, che proprio nell’ultima partita, quella decisiva contro il Senegal, coach Ivey non può andare in panchina, la sua franchigia (cos’ vengono definite negli Usa le società professionistiche) asserendo che occorreva la sua presenza negli States, non gli concede il permesso di recarsi in Africa.
Il cammino della Cenerentola mondiale rischia di finire qui? Che fare? Chi andrà in panchina? Chi guiderà la squadra nell’assalto decisivo? Chi assumerà quella responsabilità? Ci si guarda intorno, si valuta, ma come nelle più classiche fiabe anche qui ecco il colpo di scena; con un gesto, che definirei eroico- sentimentale, ad offrirsi come condottiero è proprio il Presidente della Federazione, colui che ha lottato tenacemente per costruire quella squadra, che non può abbandonarla proprio adesso; andrà lui in panchina, l’ex stella NBA a cui le capacità d’altra parte non mancano.
La squadra si stringe intorno a lui e lui abbraccia forte la squadra. Alla fine tutti scopriranno che la carrozza magica che doveva trasportare quella “raccogliticcia” squadra ai mondiali, a mezzanotte non si è trasformata in una zucca.
Il Sud Sudan scrive una bellissima e commovente pagina di storia, non solo sportiva; l’impresa alla quale nessuno, ma proprio nessuno, pensava, si è realizzata.
Il paese più povero del mondo andrà al ballo della “Corte del Basket”.
STEFANO CERVARELLI
Bellissima storia
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Che splendida storia, dà fiducia e speranza che il povero Lazzaro possa sedersi con rinnovata dignità alla mensa del ricco Epulone.
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