PANDORA REDIVIVA
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
La causa era ormai chiara: l’avvicinamento dell’asteroide aveva provocato una serie di effetti sulla Terra.
Tra i tanti, l’effetto più sconvolgente era che i corpi umani nel momento della loro morte divenivano evanescenti: la massa si convertiva totalmente in energia. E quell’energia passava alla velocità della luce probabilmente in un’altra dimensione non più percepibile dai sensi umani.
Era così che i fisici tentavano una spiegazione di quell’inaudito fenomeno.
Allo sconcerto iniziale seguì un diffuso sentimento di gioia.
La speranza, che da tempo aveva abbandonato il suolo della Terra, riprese vigore..
Gli affetti, gli amori, le passioni sembrava che potessero resistere alla follia della dissoluzione assoluta.
La Morte mostrava di non essere più la millenaria e premurosa ancella del Nulla.
Questa idea tenebrosa di una nullificazione dell’individuo s’era fatta strada imperiosamente nei decenni precedenti all’evento siderale. Come la cresta dell’onda appare nell’attimo per poi mutare nelle innumerevoli forme del grande mare, così appariva la vita di un uomo, sogno di un ombra.
Ora, tutto però sembrava mutato dopo questa storia delle energie post mortem.
La spiegazione scientifica dell’evento conduceva ad immaginare che le energie potevano nuovamente entrare in relazione pur in una dimensione non-euclidea in un multi- verso sconosciuto ma possibile.
La speranza si tramutava in gioia al pensiero che il nulla poteva non essere il destino necessario .
La speranza si tramutava in gioia al pensiero della impossibilità di quella folle deriva che era l’eterno ritorno dell’uguale, il perpetuo ripetersi del passato con tutte le sue gioie ma anche con tutte i suoi orrori.
La speranza si tramutava in gioia al pensiero di vanificare ogni terribile possibilità di reincarnazione.
Si diffondeva, tra le genti, l’idea che le energie vaganti in una dimensione ”n” (oltre la terna) potessero ancora appartenere all’ “ essere”, pur se in una modalità ignota.
Si diffondeva, tra le genti, l’idea che quelle energie rimanessero non alterate e che , in un modo sconosciuto, potessero entrare in relazione fra di loro conservando le affinità e gli affetti posseduti dalla loro massa quando era in vita. Richiamando i miti orfici si sognava che nessuna acqua del Lethe potesse alterare il ricordo della vita terrena così da pensare quelle energie immerse in una relazionalità “storica”.
Le guerre, gli orrori, le malattie, gli incidenti,i delitti mietevano ancora vittime sulla Terra, come sempre, ma quei corpi che si dileguavano in energia , a differenza di ogni altro ente della Terra che si decomponeva naturalmente, destavano stupore e meraviglia e facevano emergere alla vita un senso nuovo.
Era la possibilità di pensare che l’Amore potesse vincere sul nulla. Pensiero antico, questo, ma dimenticato.
Era la possibilità di pensare che, nonostante l’odio ed il perpetuarsi del Male, il futuro era promessa di Amore.
Qualcosa di grande era subentrato. Ciò che era una flebile, contrastata possibilità si stava tramutando in una vivida, pulsante speranza.
Quell’asteroide che stranamente aveva alterato lo spazio gravitazionale non poteva che essere denominato Pandora.
E così si fece.
Era lei, Pandora, un tempo vendetta di Zeus contro la tracotanza degli uomini, ad essere ritornata. La sua parousìa le aveva permesso di riaprire ancora il vaso, una seconda volta. E ciò perché non tutta la speranza era uscita all’origine dei tempi. Ne rimaneva ancora un residuo, nel fondo.
Zeus, il Consolatore, aveva deciso che il nostro tempo era il momento giusto per la riapertura dell’antico pithos, dopo aver constatato il decadimento, lo sradicamento, lo spaesamento in cui versava l’umanità.
. . .
In questa graziosa favoletta, si ritrova qualcosa di simile accaduto in una cavità rocciosa posta in un piccolo appezzamento fuori di Gerusalemme.
Molti anni orsono.
CARLO ALBERTO FALZETTI
Il grande segreto celebrato dalle tradizioni mistiche, la potenza dell’Uno neoplatonico, le Monadi di Leibniz, gli universi paralleli e la possibilità “ogni tanto” di fare un salto Quantico.
La morte non è alla fine della Storia, ma all'”alba”, quando vi era l’Apeiron, il Regno dell’uno, sottratto alle differenze.
Come tu dici è l’Occidente la terra della sera, angosciata perché esilata…
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Affascinante la tua “favola” un vero Mito riplasmato. E suggestivo il richiamo alla cavità rocciosa nei pressi di Gerusalemme…
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Solo per consolarci in un mondo che non crede più e che, come dice il nostro caro amico Sandro Staccioli, alla fine siamo solo concime per ceci
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Un’operetta morale ma che non esclude la speranza… ❤️
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