I CANTASTORIE TRADITI — COME SI DISTRUGGE IN CINQUANT’ANNI E SPICCI UNA CIVILTÀ COSTRUITA IN TREMILA ANNI.
di EZIO CALDERAI ♦
Parte seconda
Capitolo 11: La fantasia, chiave d’interpretazione della nascita della civiltà.
Dobbiamo lasciare il nostro amatissimo Zenone.
Parto della nostra fantasia, l’abbiamo incaricato di fare i primi passi di una storia che sarebbe durata tremila anni.
Tanti uomini avranno percorso le strade del mondo prima e dopo la caduta di Troia, i più audaci avranno attraversato mari e deserti, scalato montagne, guadato fiumi, avranno chiesto ospitalità e l’avranno ricevuta, raccontato e ascoltato storie, conosciuto genti mai viste, ma uno soltanto, mi piace pensarlo, per primo ha avuto coscienza di tramandare la storia destinata a diventare la più straordinaria mai raccontata.
Per questo Zenone meritava una vita piena di emozioni, di grandi eventi, pericoli, felicità, dolore.
L’abbiamo fatto possedere dal sacro fuoco della curiosità che accende la mente e il cuore degli uomini e li spinge verso mete via via più lontane e impervie.
Per lui abbiamo forzato la storia, anticipato avvenimenti e addirittura la scrittura.
Ne valeva la pena.
Ci piacerebbe dire di averlo consegnato al mito, quindi, all’eternità insieme ai suoi cari e al villaggio incantato, che abbiamo eletto a culla della nostra civiltà, e all’isola dove quattro secoli dopo sarebbe nata Saffo, immortale poetessa.
Chissà, forse ci siamo riusciti, forse abbiamo dato corpo alla figura destinata idealmente a essere il primo dei cantastorie che hanno percorso le strade della Grecia arcaica.
Come dicevo, ce ne saranno stati molti altri, ma a Zenone abbiamo consegnato il tesoro della prima storia che meritasse di essere tramandata più di ogni altra, quella che ha alzato il sipario della civiltà occidentale e chi se non uno dei protagonisti delle straordinarie vicende accadute avanti le mura di Troia, nei pressi dell’Ellesponto[1], intorno al 1100 a.C., avrebbe potuto farlo?
[1] Quel che oggi è lo stretto dei Dardanelli.
Il compito che abbiamo affidato a Zenone era idealmente importante, dovendo fare da esempio a innumerevoli cantastorie, che l’hanno ammirato, imitato, che hanno tramandato le sue storie, per poi prenderne il posto e cantarne altre all’infinito, tra cui quella straordinaria del ritorno a casa di Ulisse, prima e ineguagliata storia dei viaggi spirituali e materiali dell’uomo.
Questi artisti, questi prìncipi dell’immaginazione hanno forgiato la lingua dei greci, hanno creato le premesse per fermare nei simboli della scrittura la poesia, la narrativa, il teatro, la storia, la scienza, la filosofia, hanno unito il genio di un popolo, come il direttore d’orchestra con un tratto della mano anticipa i suoni, dà voce agli strumenti e li guida al miracolo della sinfonia.
L’arte e il sapere sono stati i doni più grandi che i greci hanno fatto al mondo, gli unici che li hanno uniti, come testimoniano i teatri che hanno costruito ovunque siano arrivati e che dopo millenni ci emozionano ancora; già perché, neppure nel suo massimo splendore, la Grecia è stata politicamente unita. Al massimo tregue armate, alleanze effimere, con l’eccezione delle battaglie contro i Persiani dove era in gioco l’indipendenza e la liberà di tutti. Sospensione dei conflitti durante i giochi olimpici.
All’epoca dei primi cantastorie, la polis, la città, tra le più alte espressioni del genio del popolo greco, era ancora lontana, ma anch’essa trarrà linfa dall’elaborazione dei cantastorie.
Da parte mia, dovendo rispondere soltanto al mito, non sarò tenuto a rispettare, tempi, lingue, epoche, nessuno potrà rimproverarmi di aver usato parole, frasi, espressioni, storie che sarebbero entrate nel linguaggio e nell’immaginario collettivo secoli dopo o non ci sarebbero entrate affatto.
A chi mi dicesse, guarda i cantastorie non sono mai esistiti, forse vuoi dire gli aedi o i rapsodi, ma quelli nell’anno mille a.C. non erano nemmeno in mente dei, risponderei che a volte è la fantasia, che aiuta a ricostruire i comportamenti, i costumi, la storia degli uomini.
Da Troia tornarono in patria migliaia di guerrieri e combattenti, di marinai, ad essi la guerra rimase negli occhi e nel cuore, la raccontarono nelle loro case ai figli, alle mogli e ai parenti, nelle taverne, bevendo con gli amici. Sicuramente in quella moltitudine ci saranno stati uomini di talento.
Qualcuno avrà raccontato per nostalgia e commozione, ricordando i commilitoni morti, altri per vanagloria, altri ancora solo per il piacere di farlo, qualcuno, infine, per sbarcare il lunario e mettere insieme un pezzo di pane e un bicchiere di vino.
Se la mia fantasia mi assiste, cercherò di dare voce ai cantastorie, perché la storia di Troia, dei vincitori e dei vinti, salga per tutta la Grecia, come sale il mare quando viene la marea ed è la marea che porterà nella Grecia arcaica Omero, Esiodo, Talete. Archiloco, Alceo, Saffo, Esopo, quando ancora le loro opere non venivano scritte, se non, raramente, sui papiri o incidendo la pietra.
EZIO CALDERAI (CONTINUA)