RIFLESSIONI SUL PREMIO EUGENIO SCALFARI CITTA’ DI CIVITAVECCHIA

di MARINA MARUCCI

Il 14 dicembre di questo difficile anno  abbiamo assistito  a Civitavecchia ad  una delle più belle iniziative di carattere culturale  degli ultimi anni : il premio dedicato al giornalismo intitolato ad Eugenio Scalfari, nativo di Civitavecchia , insieme  al  premio per la  poesia al femminile, intestato  ad Anna Maria Frabotta, frequentatrice per  le sue origini materne della stessa città. Tre associazioni  culturali hanno dato vita all’evento, Spazio Libero Blog, Book Faces e Blu in the Face in collaborazione con la Regione Lazio,  prima finanziatrice , insieme ad altri sponsor.

C’è voluto un bel coraggio e soprattutto una visione strategica  ad ampio e lungo respiro per richiedere ed ottenere la più importante struttura artistico culturale della città, il Teatro Traiano, senza farsi intimidire dalle varie Cassandre che già, nel  momento in cui  la macchina organizzativa si era messa in moto, prevedevano o speravano nel  grande flop. La scommessa era  difficile : riuscire a  riempire  il teatro  con una manifestazione  dove sarebbero stati presenti nella giuria  nomi  importanti della cultura italiana , della letteratura  e del giornalismo,  così si è deciso di  attuare  il pensiero  del grande Fabrizio De’ Andre’:

 “ In direzione ostinata e contraria”.

Civitavecchia è una città da interpretare  attraverso  vari livelli di stratificazione, come una cipolla,  le cui squame esterne,  sottili e trasparenti,  devono essere  sfogliate con attenzione ed in fretta, prima di arrivare al suo centro, il solido  bulbo,  pena lo sgretolamento dell’ortaggio e la lacrimazione del bulbo oculare: metafora sorprendente.  E’ una realtà  territoriale che contiene  molte associazioni culturali private, ONLUS, organizzazioni del  volontariato, che malgrado i  tre  anni di pandemia hanno continuato ad operare , spesso con il solo sostegno dei  volontari.  Tutto questo sommerso, chiamato terzo settore, ha grosse difficoltà ad organizzarsi in un’unica  rete che possa incidere fortemente nella realtà cittadina, e tende a perseguire e rivendicare  il primato soggettivo del lavoro svolto. La mancanza di una classe politica attenta ai movimenti culturali che abbia  una visione, una strategia che vada al di là del mero ritorno elettorale, fa sì che le iniziative delle istituzioni   siano ristrette alle  sagre paesane,  ai mercatini  dello street food, allo show con l’effimero cantante vincitore dell’ultimo concorso televisivo,  o alla presentazione di libri, degna di rispetto ma organizzata   in modo estemporaneo e  mal programmata. Il terzo settore quindi  non è  stimolato nella promozione di progetti comuni e condivisibili, poiché i finanziamenti   degli enti pubblici o sponsor privati vengono dirottati verso  altri obiettivi.

Eppure i cittadini civitavecchiesi e del territorio  hanno risposto con entusiasmo al richiamo del Premio Scalfari che ha assegnato alla Free Lance  Francesca Mannocchi il premio per la migliore giornalista dell’anno; a  Luciana Castellina la menzione per aver scritto il miglior articolo dopo la scomparsa  di Scalfari ed a Antonella Anedda  l’altro premio per la  poesia al femminile  dedicato a Bianca Maria Frabotta. Tre donne, tre esperienze completamente diverse che la giuria  ha voluto mettere in evidenza premiando la loro professionalità e dedizione.

 Alcuni elementi hanno concorso all’ottima riuscita dell’evento; la curiosità di ascoltare  nomi celebri del  panorama culturale italiano; l’esporsi in prima persona per poi dire “C’ero anch’io”, ma anche quella voglia di uscire dall’isolamento a cui siamo stati costretti  dalla pandemia. E’ la necessità di condividere, di stigmatizzare con il corpo il nostro essere vivi, insomma di esserci,  non più da remoto , ma in presenza. Molte persone  in quel teatro si sono rincontrati ,  finalmente riabbracciati,   guardati   in faccia e negli occhi ed hanno  colto un nuovo inizio. Il bisogno di cultura e conoscenza che nutre le nostra anima si è palesato nell’ascoltare in religioso silenzio, come fosse un rito che restituisce conoscenza, la poesia della Frabotta dedicata a Civitavecchia, l’articolo della Mannocchi sulla storia di Irina, donna che nella sciagurata guerra d’Ucraina registra e  ricompone i corpi martoriati dei soldati, l’articolo della Castellina che ricorda il suo incontro con Scalfari e la meravigliosa poesia dell’Anedda.

Il 14 dicembre è diventato uno spartiacque tra prima e dopo, nella vita culturale e politica  della città. Potrebbe sembrare retorico, forse troppo ottimistico, visto i tempi ma  l’obiettivo  per il futuro è  ricostruire  una comunità, ricercare gli elementi in comune , senza rivendicazioni di primogenitura, sviluppare  sinergie con le altre associazioni del  comprensorio, insomma far  in modo che quest’esperienza nata dalla realtà cittadina e non calata dall’alto,  possa essere il volano per  una rinascita culturale ed il riscatto morale di una città  che  troppo  spesso  e troppo presto ha dimenticato la sua storia   di   lotte  operaie , di rivendicazioni al femminili  e  di  difesa dell’ambiente.

MARINA MARUCCI

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