L’intellettuale di successo: istruzioni per il montaggio
di PATRIZIO PAOLINELLI ♦
Ancora oggi i libri di Luciano Bianciardi sono letti, ristampati e gli editori vanno persino a ripescare i suoi articoli giornalistici così come ha fatto Neri-Pozza dando alle stampe un tascabile intitolato Non leggete i libri, fateveli raccontare (Vicenza, 2022, 104 pagg., 13,50 euro). Il volume raccoglie sei pezzi che Bianciardi scrisse nel 1966 per il periodico ABC sotto il titolo: “Come si diventa un intellettuale”. E in effetti è proprio questo il tema affrontato da un caustico, ironico e più che mai irriverente Bianciardi.
Innanzitutto due parole sul contesto sociale. Bianciardi vive la sua avventura intellettuale durante il miracolo economico e nella città più capitalista d’Italia: Milano. Qui vede nascere sotto i suoi occhi l’industria culturale italiana del Secondo dopoguerra e il modello che si va affermando è all’insegna del successo commerciale. Certo, in quegli anni il libro riesce ancora a sottrarsi al completo processo di mercificazione e continua a godere di un grande potere e di prestigio tra gli strumenti di comunicazione anche in virtù del fatto che si era immersi nella cultura tipografica. Ma per Bianciardi la strada è segnata: il libro, e più in generale la parola scritta, sono inesorabilmente destinati a perdere posizioni in termini di qualità, potere e prestigio.
Bisogna riconoscere che ebbe la vista lunga: per un ventenne di oggi è meno coinvolgente dei social network e della pubblicità. E tuttavia quello che importa mettere in luce del tascabile Non leggete i libri è la relazione che Bianciardi stabilisce tra il processo di mercificazione del libro e l’intellettuale che gli corrisponde. Chi è costui? È presto detto: un carrierista dedito al culto di sé. Si tratta di un approccio analitico degno della migliore sociologia critica. D’altra parte la sociologia è spesso chiamata in causa nelle opere maggiori di Bianciardi. Basti pensare a Il lavoro culturale del 1957 (formidabile spaccato della politica culturale del PCI negli anni successivi al Secondo dopoguerra) e a La vita agra del 1962 (il suo capolavoro letterario, che a leggerlo oggi, sotto il profilo dello sfruttamento del lavoro intellettuale, resta attualissimo).
Non leggete i libri si caratterizza per un registro ironico, spesso caricaturale. Ma come ogni caricatura la base di partenza è la realtà. Certo, una realtà deformata finalizzata a strappare un sorriso e un pensiero. Si chiede allora Bianciardi: cosa manca al giovane scrittore che aspira ad affermarsi? Un manuale. Ed ecco Non leggete i libri, la guida pratica che in sole sei lezioni spiega all’aspirante intellettuale come fare strada nel mondo dell’editoria. Condizione indispensabile: non possedere alcun talento. Sembrerebbe un controsenso. Invece Bianciardi era solo troppo in anticipo sui tempi. E come capita a coloro che prevedono prematuramente quel che accadrà si ritrovano isolati, incompresi, relegati al ruolo di polemisti, provocatori e così via. Attenzione però: non possedere alcun talento non significa essere privi di conoscenza e intelligenza. Significa essenzialmente essere degli opportunisti. I quali diventano anch’essi una merce tra le merci senza che si pongano alcun problema di coscienza. Gli intellettuali finiscono così per non essere più “il sale della terra, i cani da guardia della società, i pionieri dell’avvenire, gli ingegneri dell’anima.”
Il ’68 e l’epopea dell’intellettuale engagé sembra smentire Bianciardi. Ma così non è. Dal punto di vista storico si è trattato di una fiammata e oggi un Sartre o un Pasolini sarebbero impossibili. Basta osservare come è ridotto l’intellettuale-tipo dei nostri giorni per ritrovare tutte, ma proprio tutte le istruzioni che Bianciardi elargisce nel lontano 1966 al giovane che vuol far carriera nel mondo della cultura.
E quali sono queste istruzioni? Eccone alcune. Innanzitutto la condizione: appartenere o aspirare di appartenere al ceto medio. Poi, se possibile provenire dalla provincia, fare lo studente universitario fuori sede, apprendere l’arte del dire e non dire. E ancora: evitare di leggere libri, perché nessuna persona seria intende formarsi culturalmente: basta informarsi, controllare la gesticolazione, mostrare fiducia nella democrazia (ma, una volta arrivati, credere segretamente nelle caste), imparare l’inglese. Di seguito: nei salotti buoni utilizzare adeguate strategie di conversazione e “si curi molto l’uso delle pause”. Non sbilanciarsi troppo in politica, far parte di un cenacolo culturale, presentare libri (ovviamente senza leggerli). Evitare lavori che comportino timbrare il cartellino e far fuori i concorrenti marcando stretto il padrone (editore o chi per esso). Infine, ecco la tecnica matrimoniale: scegliere una persona ben introdotta nel settore culturale che si intende scalare in modo da avere corsie preferenziali.
Nell’era di Internet e del primato della cultura di massa al manuale di Bianciardi si potrebbero aggiungere diverse altre istruzioni. Il risultato resterebbe comunque lo stesso: un dilagante conformismo.
PATRIZIO PAOLINELLI
D’accordo! Anche Marcovaldo e Fracchia ci insegnano qualcosa. Ora tutto è fluido fluido(merd merd)
"Mi piace""Mi piace"
Patrizio grazie.
Oggi mi hai reso orgoglioso di non essere un intellettuale, meno che mai di successo.
"Mi piace""Mi piace"
Sono enrico
"Mi piace""Mi piace"
Pingback: L’intellettuale di successo: istruzioni per il montaggio | Patrizio Paolinelli