I CANTASTORIE TRADITI – COME SI DISTRUGGE IN CINQUANT’ANNI E SPICCI UNA CIVILTÀ COSTRUITA IN TREMILA ANNI.

di EZIO CALDERAI

Capitolo 2: Il Naufrago.

   Kyros si era svegliato, ma non riusciva ad alzarsi. Pur seppellito di coperte, non ricordava di aver mai sentito tanto freddo. Doveva farlo, altrimenti Dafne, sua sorella, l’avrebbe rimproverato: «le bestie non aspettano i tuoi comodi, le devi governare, non essere pigro».

   Kyros adorava sua sorella, ma quando ci si metteva …

   Si mise addosso una coperta e andò nella grande cucina. Dafne era già in piedi, aveva acceso il fuoco, gli aveva scaldato il latte e messo il pane in tavola.

   Anche Dafne adorava suo fratello, più piccolo di lei. Pochi anni li dividevano. Non ci fosse stato lui e la piccola Kalliope non avrebbe sopportato la morte del marito, vittima di una disgrazia in mare.

   Erano stati insieme dalla nascita e avevano entrambi 15 anni quando si erano sposati. Gli Dèi avevano voluto che lo restassero soltanto per tre anni. Le era rimasta la bambina. 

   I due fratelli parlarono dei programmi della giornata. Il tepore della cucina aveva rinfrancato Kyros, che però non se la senti di uscire per lavarsi alla sorgente di acqua calda pur distante pochi metri da casa; si lavò con l’acqua che portavano la sera in casa. Quell’acqua era miracolosa, quando entravi   nella piccola vasca ne uscivi rigenerato, con la pelle che tornava quella dei neonati. Per una volta, pensò Kyros, se ne poteva fare a meno.

***

   Prese velocemente la strada per la caverna dove erano ricoverate le pecore e le sue caprette. La strada era impervia, in forte salita, ma ormai, malgrado il freddo intenso e la pioggerellina nebulizzata, aveva recuperato le energie. Si sentiva bene.

   Camminando lungo il ciglio che costeggiava l’insenatura dell’asino a un’altezza di 20 metri dalla spiaggia, la sua attenzione fu attirata da una macchia di colore in basso. Guardò meglio e capì che era un uomo. Scese a perdifiato verso la spiaggia. Il sentiero era scosceso ed estremamente pericoloso, ma Kyros l’aveva fatto mille volte per andare al mare e soprattutto alla grotta tra gli scogli dove scendeva l’acqua calda.

   In un attimo fu accanto all’uomo riverso. Era ancora vivo. Lo scosse ripetutamente, respirava, ma non dava segni di vitalità. Lo trascinò per allontanarlo dalla risacca, ma non tentò neppure di portarlo nella grotta. Non ce l’avrebbe mai fatta, era troppo pesante. Come una furia risalì fino alla strada e corse verso il villaggio.

***

   Bussò alla porta di Leonida, che era il punto di riferimento di tutti nel villaggio. Kyros, con il cuore in gola, gli raccontò quel che aveva visto, bisognava far presto, disse, non potrà resistere a lungo.

   Leonida aveva già deciso cosa fare. Non possiamo andare con la barca, disse, ci vorrebbero pochi minuti, è vero, ma il mare è troppo grosso rischieremmo di non farcela a doppiare il promontorio che ci separa dall’insenatura dell’asino; tu vai a bussare a tutte le porte, raduna gli uomini, io preparo le funi e le tavole: lo porteremo su a forza di braccia.

   In meno di un’ora il naufrago era al riparo nella casa di Kyros e Dafne. Respirava, ma sembrava divorato dalla febbre. Dafne, sempre apprensiva, lo coprì con tutte le coperte che aveva trovato e disse a Kyros di andare dalle bestie tanto lì non poteva fare niente. Anche, la piccola Kalliope, per il trambusto, si era svegliata e seguiva la scena con i suoi occhi straordinariamente intelligenti.  

***

   Il naufrago era stato steso dai soccorritori su una panca nella grande cucina. Alla spicciolata   accorsero le donne per aiutare Dafne, ma la confusione regnava sovrana. Nessuno sapeva esattamente cosa fare.

   In un attimo tutto tornò al suo posto. Era appena entrata Sofia, con il suo scrigno di erbe miracolose.

   Anche se non lo dava a vedere era di gran lunga la persona più autorevole del villaggio; chiunque avesse un problema la cercava. Per tutti, donna o uomo che fosse, aveva un consiglio, una parola di conforto o di rimprovero, se necessario, una cura. Solo a parlarle uno si sentiva meglio. Non era più una bambina, ma la sua energia era proverbiale. Non sprecava un movimento, una parola, non c’era una volta che non sapesse cosa fare e le sue scelte erano sempre quelle giuste.

   Guardandosi intorno, Sofia rimase inorridita, 10 donne, forse di più, se ne stavano con le mani in mano, non avevano messo neppure l’acqua sul fuoco.

   Si accostò allo straniero e capì subito che era paralizzato dal freddo, chissà quante ore era rimasto in mare. Poi si rivolse con durezza alle donne: «Non l’avete ancora spogliato e pulito, non vedete che la sua fronte brucia, deve essere protetto con abiti asciutti, andate subito a prendere acqua calda alla sorgente, più che potete, io intanto vedo di preparare qualcosa di caldo, su, su, di corsa».

   Qualcuna cercò di giustificarsi: «Sofia, i tuoi rimproveri sono ingiusti, noi siamo donne di casa non possiamo accostarci ad altri uomini». Lo sguardo di Sofia era tagliente come una lama e sarebbe stato più che sufficiente, ma volle aggiungere: «Sciocche, il vostro vano pudore è forse più importante della vita di un uomo?».  

   Non servì altro. In pochi minuti il povero naufrago era stato accudito come forse non gli era mai capitato nella vita. Sembrò che le donne avessero rubato l’efficienza a Sofia, erano perfino riuscite a far ingoiare all’uomo un po’ di zuppa calda. Si spaventarono, aveva cominciato a tremare come una foglia; mettetegli un panno tra i denti, disse Sofia, è un buon segno, comincia a scongelarsi.

   Lo straniero era tumefatto, gli scogli gli avevano lasciato tagli e lividi dappertutto. A quello pensò Sofia con le sue polveri magiche.

   Al naufrago venne fatto posto in una delle stanze della grande casa di Dafne e a tutti sembrò che si stesse riprendendo. Non illudetevi, disse Sofia, ci vorranno molti giorni prima che si riprenda e non è detto che ce la faccia, voi a turno venite ad aiutare Dafne.      

EZIO CALDERAI                                                                     (CONTINUA)

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