La società di Nessuno

di PATRIZIO PAOLINELLI

Oggi esistono numerose di definizioni della nostra società. Società dell’informazione (Lyon, Mattelart), della sorveglianza, (Lyon, Zuboff), società liquida (Bauman), del rischio (Beck), della prevenzione (Pitch), della prestazione (Chicchi, Simone), società post-razionale (Costa), società irretita (Ferrarotti) e così via. E come dimenticare le definizioni più vecchiotte ma di grande fortuna: società di massa (Wright Mills), dei consumi (Baudrillard), opulenta (Galbraith), dello spettacolo (Debord), amministrata (Touraine), post-industriale (Bell), post-moderna (Inglehart).

In sostanza si assiste da anni a una vera e propria gara a inventare nuove aggettivazioni. Tra le più recenti: società signorile di massa (Ricolfi). Tutte queste definizioni hanno senz’altro un loro valore euristico e va precisato che alcune si propongono come chiavi di lettura generali, mentre altre utilizzano il concetto di società circoscrivendolo a un definito oggetto di studio (Kaufmann parla della coppia coniugale come di una società). Infine, trovano accoglienza nel dibattito pubblico espressioni quali: società moderna, società tecnologica, società della conoscenza, società complessa, società globale.

Lungi dall’aver esaurito l’elenco c’è da chiedersi qual è il risultato di questa proliferazione di etichette. Rappresentano un avanzamento della conoscenza o generano un effetto babele? Considerando solo l’aspetto quantitativo propendiamo per la seconda ipotesi perché sospettiamo che l’effetto babele sia funzionale (intenzionalmente o meno non importa) al mercato linguistico e relative trappole. Certamente si tratta di trappole assai più elaborate di quelle del marketing e della pubblicità (strumenti che peraltro utilizzano la sociologia), anche perché provengono dal mondo universitario, da centri studi, istituti culturali, think tank. Tuttavia: 1) alcune di queste definizioni finiscono nel gorgo di quella nuova forma di ignoranza che è l’iper-specialismo; 2) non colgono l’essenza della nostra società, ovvero non fanno emergere il fattore determinante, quello che influenza tutti gli altri (dall’elenco di cui sopra fa eccezione Debord); 3) il cittadino comune non capisce in quale società vive, o, come in una via dello shopping, acquista l’idea di società più alla moda per poi magari passare a un’altra e un’altra ancora e alla fine stancarsi di tutte.

Quest’ultimo punto è quello politicamente più preoccupante perché va a vantaggio delle classi dominanti, in particolare dell’élite economica. La quale si mimetizza nella sempre più fitta giungla di etichette e a questo punto non ha senso parlare di società capitalistica. Non che l’idea di capitalismo sia espunta del tutto dalla ridda di definizioni della società oggi in circolazione. Ma appare come una presenza-assenza. Un po’ grazie all’uso astorico della storia da parte di tanti studiosi passati e presenti: dominati e dominatori, ricchi e poveri sono sempre esistiti e sempre esisteranno. Un po’ grazie all’uso di astuzie praticate nella storia: così come la concubina Cixi governò la Cina per cinquant’anni partecipando alle udienze ufficiali nascosta dietro un paravento, allo stesso modo i capitalisti governano la società celandosi dietro le loro classi di servizio intellettuali, politiche, giornalistiche, amministrative e così via.

Nel ‘900, secolo delle rivoluzioni politico-sociali, l’idea di società capitalistica implicava il suo superamento. Nel XXI secolo le uniche rivoluzioni consentite sono quelle tecnologiche e del costume. E tuttavia, il capitalismo resta il fattore che determina tutti gli altri. Se così è, ciò pone un bel problema ai produttori di nuove definizioni della società: come fanno a spiegare ai cittadini delle democrazie liberali che da oltre due secoli al comando della società ci sono sempre i capitalisti? Si può ignorare questa realtà? Sì, ma non la si può negare. Però la si può circondare con una fitta nebbia di discorsi culturali. D’altra parte la cultura è per sua natura conservatrice e il più delle volte produce per i dominatori i discorsi dominanti: scientifici, parascientifici, letterari, informativi, propagandistici e così via. Da questa produzione ecco emergere il risultato qualitativo dell’odierno effetto babele: cento definizioni di società equivalgono a nessuna definizione. I capitalisti possono dormire sonni tranquilli.

Horkheimer e Adorno individuarono in Ulisse il prototipo del borghese moderno. E quando l’accecato Polifemo invocava l’aiuto dei fratelli e questi gli chiedevano se qualcuno volesse ucciderlo, il ciclope rispondeva: Nessuno mi vuole uccidere! Nessuno.

PATRIZIO PAOLINELLI

https://spazioliberoblog.com/

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  • Immagine di copertina rappresenta la scena dell’accecamento di Polifemo tratto da un particolare del  collo della “Anfora di Eleusi” tratta da Wikipedia.