“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – UN PAPA’
di STEFANO CERVARELLI ♦
Da un paio di settimane ho cercato di porre all’attenzione di chi segue questa rubrica sui problemi che attanagliano il mondo del calcio giovanile. Un problema non certo da poco visto l’altissimo numero dei bambini ed adolescenti che frequentano campi di calcio e anche, sopratutto, tenendo conto della loro fascia d’età, fascia d’età che richiede da parte dei grandi (istruttori, allenatori, dirigenti e genitori) una sensibilità ed una interpretazione dello sport e del loro ruolo che spesso viene meno.
Abbiamo letto la protesta di una mamma che denunciava il comportamento, a dir poco indecoroso ed offensivo nei confronti del figlio da parte dell’allenatore che si rivolgeva al ragazzo appellandolo più volte con la frase” figlio di p…a”.
Certamente siamo rimasti colpiti dalle parole che un bambino, in una lettera indirizzata al suo papà, rimproverandolo per un modo di fare, che se vuole essere d’affetto nei confronti del proprio figlio, finisce invece, parole del bambino, per creargli disagio, e anche, vergogna.
Questa volta a reclamare attenzione è proprio un papà che fa sentire la sua voce a proposito di quella che lui definisce: ”Una demonizzazione delle società calcistiche nei confronti dei genitori dei giovani calciatori”.
Leggiamo cosa dice in una lettera aperta.
“Con queste poche righe la mia intenzione è quella di far riflettere sul vezzo del nostro calcio giovanile, diventato ormai usuale, circa la demonizzazione da parte delle società calcistiche nei confronti dei genitori dei giovani calciatori.
Va bene, è vero, che ci sono gli esagitati che spesso, accecati dal tifo per il proprio figlio, si lasciano andare a gesti e parole assolutamente inammissibili; non dico niente di nuovo affermando che questi vanno ridimensionati, rimessi in riga e ricomposti nel loro ruolo.
Quello che voglio dire, in questa occasione, riguarda però il rapporto esistente tra genitori e società premettendo che ci sono richieste di tanti sacrifici da parte delle famiglie, anche economici.
Si chiede di compartecipare a tutto e poi ci si dimentica il diritto ad un dialogo per la crescita del ragazzino? Tu genitore vorresti avere un rapporto più aperto, più inclusivo – si badi bene- senza assolutamente entrare nel merito del discorso tecnico, in fin dei conti si tratta dei nostri figli, per di più bambini.
Vorresti, ma ti fermi perché sennò fai la figura del genitore rompiscatole… e poi ci rimette tuo figlio… quindi zitto, paga e non fare il fesso… Però alla fine si può accettare anche tutto questo se almeno trovassimo la stessa professionalità ed obiettività, tanto palesata con tanta presunzione tra le righe, di quei famosi cartelloni rivolti ai genitori. (Qui è necessaria una precisazione: su tanti campi sono apparsi cartelloni riportanti norme di comportamento per i genitori).
E qui sorge una questione: quindi gli allenatori sono i soli depositari della verità e dell’insindacabile giudizio dei giovani calciatori? E’ giusto che il singolo allenatore decida se tuo figlio sia degno di giocare nel settore agonistico o meno? Almeno un colloquio od una spiegazione? Quindi a questo punto chiedo: gli allenatori sono all’altezza di tutto ciò? Sono qualificati se poi vengono pagati 200,00€ al mese? I responsabili ed i direttori sportivi sono competenti?
Io mi domando perché, all’età di 13 anni, si selezionano solo i giocatori “pronti subito” soprattutto da un punto di vista fisico, ossia prematuri? Questo è a scapito dei più piccoletti o no? Perché non si vede il ragazzino in prospettiva e per il talento e la predisposizione al ruolo? Si fa del bene a mandare avanti ragazzi che sono solo grandi e grossi per la loro età? Quale è il principio che porta a vere e proprie storture ed ingiustizie così dannose per i futuri giocatori ? La precocità fisica? Certo a 13 anni c’è chi è cresciuto e chi no e permettetemi di dire che questo è un’assurdità! Per me c’è solo una questione, oltre la regola di per sè sbagliata di praticare campionati under 13/14 in campi regolamentari immensi per i ragazzini, per di più con le stesse regole degli adulti dove ci sono un portiere titolare e pochi cambi per i giocatori… La vera questione è che le società di calcio giovanile tengono solo a fare loro la “bella figura”!!! La fanno vincendo campionati, tornei, rafforzando il loro blasone e con seè gli allenatori e direttori vari!!!
In verità della crescita e delle prospettive dei giovani calciatori non interessa proprio a nessuno, almeno che siano giocatori pronti all’uso !!!
E così, al centro del progetto, non c’è il Giovane Calciatore… c’è la carriera dell’Allenatore o del Direttore! C’è la Società!!!
E allora i meno precoci che fine fanno? Magari smettono di giocare…eppure è così… è così che si bruciano i veri talenti e d’altro canto si illudono i ragazzi che non ne posseggono alcuno… Quindi oltre le questioni economiche e mazzette varie che passano sotto forma di sponsor, cari signori, sono questi i veri danni che si propinano al calcio italiano e che poi portano al fallimento ed alla scarsità dei talenti di oggi…
Allora care società di calcio, cara federazione compiacente, prima di demonizzare tanti genitori per bene con quei cartelli minacciosi, fate una bella autocritica ed un bell’esame di coscienza sul vostro operato e poi permettetevi di dare giudizi e mortificazioni gratuite a genitori e giovani calciatori.
Ma vi rendete conto che arrecate dei gravi danni permanenti a questi ragazzini che sono in età formativa? A 13 anni già sapete se un ragazzino potrà essere un futuro calciatore? Vi chiedete se questo sistema giovanile sia ben concepito? L’età tra i 12/15 anni è un’età molto delicata dei ragazzi… c’è chi è precoce e chi no, chi è maturo e chi no … è così che questo diventa il fattore discriminante per la validità del giovane giocatore?
Permettetemi di dire che non c’è più niente di sbagliato!!! Ma di questo non frega niente a nessuno… mi sorge un dubbio… voi del mondo del calcio siete in grado di comprendere tutto questo? Meditate gente…”.
Da ex allenatore di basket, perdonatemi se aggiungo due parole. Per mia fortuna devo dire che ho quasi sempre trovato dirigenti molto attenti ai rapporti con le famiglie. A livello giovanile ritengo che sia molto importante avvicinarle alla vita della società, affidandogli anche compiti di responsabilità. Sinceramente devo dire, a memoria, che nessun genitore che ha avuto incarichi, nè abbia poi approfittato di questo. Nello stesso tempo però devo dire che ho fatto anch’io l’esperienza di genitori che, con il loro comportamento, rendevano difficile la vita sportiva ai loro figli o figlie, ricordo perfettamente il loro disagio; per fortuna erano pochi.
Quando poi ho allenato piccoli e piccole non mi sono mai posto il problema di vincere ad ogni costo, bensì ho pensato solo a non tenere troppo tempo fermi in panchina i miei piccoli atleti, dando a tutti la stessa possibilità di giocare; certo vincere piace a tutti, ma credetemi, alla lunga un bambino, alla vittoria vista dalla panchina, preferisce una sconfitta, ma giocare, divertirsi.
L’attività giovanile l’ho sempre impostata in prospettiva e mai fine a se stessa. Anche qui devo dire che trovavo l’accordo della società; l’importante era capire dall’inizio i rispettivi intendimenti e programmi.
Per concludere devo dire che ho sempre creduto nel dialogo con i miei giocatori e giocatrici, grandi o piccoli che fossero e con i loro genitori. Dialogo che ho sempre mantenuto anche quando allenavo giocatrici professioniste, ovviamente in modo diverso e che, nel tempo, è servito a creare amicizie e legami che ancora oggi vivono.
STEFANO CERVARELLI
Un’analisi encomiabile e più che corretta Stefano. Fortunatamente esistono anche allenatori che AMANO i loro giovanissimi allievi, ma vige ovunque ormai la prevalente legge del business accompagnata da tanta, più o meno inconscia, presunzione. La responsabilità è enorme e fai bene a sottolinearla, perché in tutto questo, prima dello sport c’è la formazione e preparazione di chi si sta affacciando alla vita. Si dice che lo sport insegni a vivere e a relazionarsi….quanto tu denunci è esattamente l’opposto e vieta anche ai genitori di intervenire, ledendo in effetti pure i loro diritti. Leggete e meditate addetti al settore!
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Grazie!
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