MI RACCONTO – (9)  1947 La ricostruzione e la malattia del mattone.

di MARIO BENNI

Nel 1978 in Kuwait stiamo avviando il getto della fondazione del reattore dell’impianto ammoniaca che pesa circa 500 tonnellate, con una base molto piccola e quindi un carico concentrato.
Io sono il direttore delle costruzioni della TPL in visita al cantiere.
Le centrale di betonaggio è un complesso di silos, nastri trasportatori, bilance ed un grande quadro di controllo.
Il computer ci ha dato la ricetta pesi: inertesiliceo,inertecalcareo,granulomerie,cemento,acqua,fluidificanti ed altri dati.
GO!!
La centrale  mette in moto nastri, bilance, silos, miscelatori.
Da uno scivolo scende il calcestruzzo nella bocca di una betoniera già in moto, pronta un’altra.

La palazzina di via del Pozzolano 13 è a due piani per dodici appartamenti costruita in un terreno che ha lasciato nella parte anteriore orti/giardini destinati agli appartamenti del piano terra, e nella parte posteriore un’area maggiore destinata a stalle, magazzini ed orto.
Proprio in questa area è caduta una bomba che ha creato un grosso cratere sollevando terreno che ha investito il fabbricato. Facciata, infissi e terrazzo danneggiati.
La squadra per la ricostruzione: mio padre Ilario, mastro Tommaso, Titino, Peppe il falegname e Grillo con carretta.
Una squadra gira tra le macerie della città e recupera mattoni, ferri di ogni tipo, legname e calcinacci che passati con una rete forniscono la pozzolana, la sabbia si prende al mare.
La calce viva si compra in sacchi e si spegne con l’acqua  in una buca .
Il cemento viene dallo stabilimento Italcementi  che ha ripreso a produrre
L’asfalto ed il bitume dagli stradini che stanno riparando le strade
Il tutto viene impastato, sollevato, montato e applicato a mano.
Per impermeabilizzare il terrazzo viene la squadra con un grosso pentolone messo su un braciere con sotto legna che brucia. Asfalto in pezzi e bitume rimescolati con un palo di ferro che termina con un cucchiaio. Quando la miscela è pronta con il cucchiaio si riempiono dei mastelli di legno, sollevati con la carrucola al piano terrazzo, versati e spalmati con un legno a T, poi sabbia.
E’ lì che ho preso la malattia del mattone, osservando curioso, trafficando, mettendo le mani dovunque, con mio padre:-attento Mariù che ti puoi far male.
La malattia del mattone non dà febbre od altri sintomi se non la voglia di costruire, fare, impiastrare con qualsiasi mezzo: terra, legno, pittura, fili, ferro. E non c’è guarigione.
Mi sono laureato in Ingegneria Chimica, specializzazione Petrolchimica.
Inizio a lavorare prima ancora della laurea nella Società di Ingegneria e naturalmente nella sezione Processo, dove si sviluppano i calcoli con il regolo di legno degli schemi di processo, le specifiche delle apparecchiature ed i sistemi di controllo degli impianti,
Ci resto tre mesi, passo al gruppo di progetto che sta progettando  una unità di Platforming per la Raffineria di Falconara e dopo qualche mese sono in cantiere come Field Engineer.
E’ la malattia che si manifesta!

1947 Dai Salesiani.

A giugno ho terminato la prima media, promosso
Mio Padre. – Bravo hai fatto il tuo dovere!!.
– A Mà vado ai Salesiani!
– Aspetta che vai con tuo fratello, attenti ad attraversare la strada!
I Salesiani ora sono aperti dalle tre del pomeriggio tutti i giorni e la domenica mattina alle nove per la Messa ed il pomeriggio alla tre cinema o teatro.
Si può giocare a pallone, ping pong, palline e figurine, o altri giochi inventati al momento,
Il campo di calcio sarà 60 metri per 30,con due porte in legno: una di fronte alle sale gioco e l’altra sul muro di cinta  proprio in corrispondenza del negozio di generi alimentari aldilà della strada, dove spesso finisce il pallone che non è voluto entrare nella porta giusta.
Per il recupero del pallone dal Sor Giuseppe è fissata la regola: deve andare il tiratore responsabile  con un piccoletto innocente.
Il piccoletto entra con la sua  aria innocente e
-Sor Giuseppe mi ridate il pallone??
-Certo che te lo do, ma con un grosso buco!!
Stringe il pallone sul petto e con un coltello, lo punta
-Nooo sor Giusè…. Fa finta di piangere o piange davvero il piccoletto
-Piccolè lo conosco er  teatrino: mandano avanti te innocente e quer mascarzone che m’ha distrutto er negozio magari sta qui fori!
Esce dal negozio e minaccia il mascalzone con l’aria più cattiva che gli è consentita .
-Pe’ sta vorta er pallone lo ridò a sto regazzino innocente pe nun fallo piagne. Ma la prossima ve lo  ridò ma in quattro pezzi!!Avete capito?? E avvisate i vostri compagni che questa è l’urtima vorta!!
Il sor Giuseppe rientra nel negozio con un sorrisetto sotto i baffi aspettando l’ultima volta
La sceneggiata è  la cosa più allegra di una giornata passata  dietro il banco.

-Dai facciamo i capi!
Alberto si dirige verso il centro del campo con il pallone che Donpandò gli ha consegnato.
Renzo si fa avanti e si pone di fronte ad Alberto e fanno la conta.
Chi vince la conta sceglie il giocatore per la sua squadra. Certo prima i migliori e poi tutti gli altri fino ad esaurimento dei presenti, senza limite di giocatori.
Le regole sono: vince chi arriva prima a sei golle, tre cornere un rigore, ensi in area rigore. E basta.
Il pallone ora è di pelle ma il campo è sempre base calcinacci e  ha reso il pallone peloso.
Io gioco ala destra perché sono veloce, ma non colpisco mai di testa perché la volta che l’ho fatto il pallone era bagnato e m’ha fatto un occhio nero.
Se i giocatori sono molti il campo si divide in due realizzando una porta provvisoria nel cento  dove coesistono i portieri delle due partite. Se il pallone di uno finisce nel campo dell’altro il fair play prevale e viene rinviato.

MARIO BENNI

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