Quante storie per un bacio

di ROBERTO FIORENTINI

Dopo circa otto anni, la Statua del Bacio è tornata sul lungomare di Civitavecchia. La lasciò il 9 settembre 2014, su decisione della giunta 5 Stelle, ma dall’alba del 9 luglio tratteggia nuovamente lo skyline della nostra città. Cittadini e curiosi hanno ricominciato subito a scattarsi selfie sotto l’opera, il cui nome esatto è “Embracing Peace” e rappresenta il famoso bacio scoccato dal marinaio sulla bocca dell’infermiera a New York per festeggiare la fine della Seconda Guerra Mondiale. I protagonisti dello scatto di Alfred Eisenstaedt a Times Square, finito sulla copertina di Life, erano George Mendonsa – scomparso nel 2019 a 95 anni – e l’infermiera (in realtà assistente dentistica) Greta Zimmer Friedman, morta nel settembre 2016. Il ritorno della “statua del bacio” è stato accolto in città con reazioni a dir poco contrastanti. Se, da un lato, molti civitavecchiesi sono stati contenti di rivedere il multiplo d’arte dello scultore americano Seward Johnson, noto anche con il nome “Unconditional Surrender”, le cui copie hanno fatto la loro comparsa in svariate città, tra cui San Diego in California, Sarasota e Key West in Florida, New York e Caen in Francia, per molti altri si è trattato quasi di un delitto di lesa maestà. Al di là dell’aspetto artistico dell’opera dell’artista americano, le motivazioni degli oppositori si rifanno a ragioni molto diverse tra loro. Se “Embracing Peace” piaccia o meno, dipende da questioni che attengono al gusto personale. La statua, di grandi dimensioni, rientra nello stile della cosiddetta Pop Art, movimento artistico nato tra l’Europa e gli Stati Uniti tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60. Questo movimento è espressione della società e dell’immaginario collettivo, ed è un’arte rivolta alla massa e non al singolo individuo. Gli artisti si ispirano ad oggetti della realtà quotidiana e li raffigurano nelle opere allontanandoli dal loro ambiente naturale e isolandoli. Le opere di questo movimento spesso non sono altro che prodotti commerciali ed è per questo che persino gli esponenti principali di questa corrente artistica come Andy Warhol o Roy Lichtenstein sono ricorsi ai multipli delle proprie opere. A me personalmente la pop art piace e mi è piaciuto rivedere “il bacio” alla Marina. Ritengo che la maggior parte delle persone che hanno accolto con favore il ritorno della statua, abbiano in realtà un atteggiamento di questo genere. Leggero. Pop, appunto. Quanti hanno avuto invece un atteggiamento contrario, sollevano questioni, a mio parere, decisamente eccessive rispetto al fenomeno. Proviamo a considerarle, sempre con leggerezza. C’è la questione dei soldi e di quanti dicono che le somme spese per l’affitto della statua sarebbero potuto essere usate per “ben altre” e più nobili motivazioni. L’amministrazione, in conferenza stampa, ha dichiarato che il noleggio sarebbe a costo zero, grazie all’intervento di alcuni sponsors. Non entro nel merito, anche perché non ho strumenti per giudicare se queste affermazioni siano veritiere. In ogni caso si sarebbe trattato di somme piuttosto modeste per un bilancio comunale. C’è poi la questione della estraneità “culturale” dell’opera, che non sarebbe rappresentativa della nostra realtà e persino di chi sostiene che la raffigurazione di un marinaio USA sarebbe fuori posto in una città, come la nostra, distrutta dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Entrambe le posizioni appaiono, a mio parere, capziose e prive di reale significato. Il segno della Pop Art è universalista per definizione e il messaggio della fotografia che è all’origine di Embracing Peace è proprio legato alla fine della guerra e conseguentemente alla pace. C’è persino chi ritiene la “modernità” di quest’opera in contrasto con la necessità di valorizzare le “bellezze” archeologiche della città. In primis la scultura non è decisamente un’opera d’arte contemporanea ma si rifà ad uno stile che vanta ormai 50/60 anni di storia. Circa il secondo aspetto non si capisce perché l’una cosa debba escludere l’altra. L’unica critica che mi sento di condividere è quella relativa alla mancanza di una qualsiasi progettualità culturale a Civitavecchia, di cui il noleggio della statua del bacio sarebbe un simbolo. Non c’è dubbio che la nostra città sia quanto meno carente da questo punto di vista ma, se lo è, lo è di sicuro da molti, molti anni. La presenza di Embracing Peace nel lungomare civitavecchiese, per quanto piacevole, rischia di essere una classica voce nel deserto della politica culturale civitavecchiese. Ben altra cosa sarebbe se la statua del bacio fosse la prima presenza di una serie di installazioni artistiche contemporanee inserite nel tessuto urbanistico. Per fare questo, però, sarebbe indispensabile avere una “vision”, una progettualità, un piano di interventi e di investimenti, magari legati ad un progetto di marketing territoriale, rivolto ad attirare visitatori e turisti. Ma non credo che ci sia nulla di tutto ciò, dietro il ritorno della statua del bacio.

ROBERTO FIORENTINI