Il Bacio della sconfitta

di PATRIZIO PAOLINELLI

Tra le poche cose buone fatte a suo tempo dalla giunta 5 Stelle ci fu la rimozione della cosiddetta Statua del bacio piazzata sul lungomare di Civitavecchia da una precedente giunta comunale di destra. Da qualche giorno la statua è tornata in città grazie a una nuova giunta di destra. Come noto la statua riproduce la celebre foto scattata a Times Square il 14 agosto 1945 dal fotografo Alfred Eisenstaedt. Nell’immagine un marinaio e un’infermiera si baciano con tanto di casquè durante manifestazioni spontanee di gioia per la fine della Seconda guerra mondiale. Propagandata come magistralmente sanno fare gli statunitensi la foto divenne il simbolo dell’amore. Ma i due protagonisti della foto non si conoscevano e l’infermiera sostenne che il bacio le era stato estorto, complice l’euforia del momento.

Nei Paesi anglofoni la foto è nota con la sigla V-J Day, che significa Victory over Japan Day. Già, perché alcuni giorni prima gli USA avevano commesso uno dei più atroci crimini di guerra del Secondo conflitto mondiale: lo sgancio di due bome atomiche sulla testa di civili indifesi a Hiroshima e Nagasaki. Bombardamento che avvenne nonostante il Giappone fosse irrimediabilmente sconfitto e secondo alcuni storici stesse trattando segretamente la resa. E così la foto del marinaio e dell’infermiera venne battezzata anche come Bacio della Vittoria. Dunque dietro quell’immagine non c’era alcun vero romanticismo mentre invece c’erano montagne di cadaveri. Ma si sa, la funzione dei miti non è certo quella di raccontare la verità storica seppure questa verità incidentalmente emerge. Infatti, le statue che riproducono l’immagine-icona, realizzate dallo scultore Seward Johnson, sono battezzate: Unconditional Surrender (Resa Incondizionata).

Con una certa disinvoltura noi italiani ci dimentichiamo che anche noi abbiamo perso la Seconda guerra mondiale e ci siamo arresi. Dunque siamo un Paese sconfitto e come il Giappone e la Germania la nostra sovranità è parecchio limitata. A essere molto, ma molto diplomatici diciamo che siamo un Paese satellite degli Stati Uniti. Ma non è il solo problema che abbiamo. Se sul piano politico-militare siamo un Paese satellite, su fronte culturale siamo ormai una vera e propria colonia. Possiamo tranquillamente definirci una stella spenta della bandiera statunitense. Nel senso che il processo di americanizzazione dell’Italia sembra compiuto. Tutto o quasi in Italia parla la lingua d’oltreoceano. A iniziare dalla nostra lingua massacrata da una panoplia di inglesismi fino alla tecnologia, i vaccini anti Covid-19, la cultura pop, la Coca Cola, i fondi di investimento, il neoliberismo ecc. ecc.

Si può dire che la cultura di massa d’oltreoceano ha plasmato intere generazioni di italiani. D’altra parte come resistere?  Dalla stampa, alle produzioni cinematografiche e a quelle musicali è tutta un’esaltazione dei miti americani: la frontiera, la frenesia, la competizione, la gioventù, il consumismo ecc. ecc. A guardarla retrospettivamente la cultura pop si è rivelata un’arma formidabile per l’abbattimento delle culture nazionali e per il controllo della coscienza collettiva. Gli stessi statunitensi riassumono quest’operazione nella formula del soft-power (da utilizzare con o senza l’hard power, dipende dalla resistenza dei popoli).

Dopo i jeans e il jazz del Secondo dopoguerra da qualche tempo abbiamo importato Halloween, il Black Friday e il glamour d’oltreoceano (con tutto ciò che comporta in termini di visione del corpo, di modelli di divertimento ecc.). Contemporaneamente stiamo ammazzando il Primo Maggio e la Festa della Liberazione, per non parlare delle feste religiose. Oggi la cultura di massa made in Usa è esausta. Come riconoscono diversi studiosi da tempo è praticamente incapace di produrre vere novità, ma continua a esercitare il suo ruolo. Non vedete la bandiera a stelle e strisce sventolare decine di volte al giorno su ogni tipo di schermo?

Oltre alla cultura di massa l’american way of life ha investito anche la politica (sul modello statunitense Berlusconi propone la creazione di un Partito Repubblicano da opporre al Partito Democratico), il lavoro (sempre più precario e sfruttato), la distribuzione della ricchezza (sempre più iniqua). Gli Usa sono un Paese con una miseria spaventosa, un ceto medio indebitato fino al collo, un’élite sempre più ricca, un popolo in pratica senza diritti sociali (ma che può protestare per quelli civili, tanto sono messi sempre in discussione) Esattamente quello che è diventata l’Italia.

La Statua del bacio ha dunque un significato politico enorme che il mito nasconde. È l’ennesimo tassello della progressiva perdita di identità del nostro Paese e dell’Europa (non riconosciuta come entità politica dagli USA).  Nel suo piccolo Civitavecchia segue la scia. D’altra parte la città ha un Genius loci debolissimo, anzi forse non ce l’ha proprio, e dunque non mi aspetto che una sollevazione del locale mondo della cultura né della sinistra moderata. C’è invece da aspettarsi che per i civitavecchiesi il Bacio della Vittoria costituirà un’attrazione maggiore di Forte Michelangelo. Anzi, col tempo forse diventerà il simbolo della città. Ma per quel che mi riguarda è il Bacio della sconfitta.

PATRIZIO PAOLINELLI

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