Sognando il regno di Crono..
di CATERINA VALCHERA ♦
Stanca del balletto e degli arzigogoli che i media da 120 giorni ci propinano sulle ragioni e sulle strategie della guerra in corso, delle posizioni venate di ideologismo contrapposto di intellettuali della domenica, che ripetono il loro mantra con una capacità di convinzione paurosamente decrescente e in modo sempre più generico e fumoso, salvo rare eccezioni, ho pensato di ricostruire, con materiale editoriale del quotidiano la Repubblica del 25 e 26 Settembre 2002, lo scontro etico e ideologico affidato a due voci a me care per diversi, anzi opposti motivi: quella di Miriam Mafai e di Gino Strada. I loro interventi, lucidi e chiarissimi, sostanzialmente opposti, seguivano ai venti di guerra e al nuovo volto assunto dal terrorismo dopo la tragedia delle Torri Gemelle, allorché Bush annunciava un’”azione preventiva” contro l’Iraq. Nella straordinaria situazione di allora, l’appello per la pace proposto da Emergency riscosse un grandissimo consenso e fu sottoscritto da migliaia di italiani, leader politici e sindacali, scrittori, intellettuali, giovani no-global e sacerdoti. L’iniziativa, presentata solennemente in Campidoglio da Gino Strada e Sergio Cofferati, titolava “Basta guerre, basta morti, basta vittime”. Ma l’appello non convinse tutti, naturalmente. Le argomentazioni, nonostante i protagonisti e lo scenario internazionale fossero ben diversi, risultano per molti aspetti identiche a quelle offerte dai due fronti che si contendono la verità sulla guerra che oggi attanaglia le nostre menti, le nostre economie e il nostro linguaggio. Nihil novi sub divo. Non farò alcun commento, salvo rilevare che anche allora ricorrevano, contrapposti o paradossalmente congiunti, i principi di libertà e necessità. Come in questo momento.
Miriam: Non mi convince il pacifismo assoluto, di tipo ideologico che lo ispira, l’idea generosa e insieme debole di coloro che ritengono sia possibile, anzi doveroso, escludere sempre e dovunque l’uso della forza nelle relazioni internazionali.
Gino : Non credo sia così, almeno per quanto riguarda Emergency; la scelta della non violenza e della pace deriva, al contrario, dall’aver avuto a che fare con più di trecentomila vittime di guerra che abbiamo operato, curato, conosciuto. Non dall’ideologia, ma dal vedere sui tavoli operatori migliaia di esseri umani straziati da bombe e mine -il trenta per cento bambini- nasce il nostro rifiuto e disgusto per la guerra.
Miriam: La libertà di cui godiamo è nata dal bagno di sangue che si è consumato attorno a Stalingrado e sulle spiagge della Normandia: la guerra fa parte, insomma, della mia vita e della mia esperienza. Con tutte le sue tragedie e sofferenze.
Gino : Ma è indispensabile che quel bagno di sangue non si ripeta, perché ci lascia molto amaro in bocca, per usare un eufemismo, una libertà conquistata e goduta al prezzo di milioni di morti.
Miriam : Proprio perché ho vissuto una guerra “necessaria” non posso dichiararmi “pacifista” in senso assoluto. Sono convinta che, in alcune occasioni, per quanto doloroso, può essere necessario per evitare maggiori sciagure. Vittorio Foa, che nessuno potrebbe accusare di essere un guerrafondaio, mi raccontava del disprezzo che aveva nutrito per i “pacifisti” francesi che di fatto, negli anni Trenta, aiutavano Hitler e Mussolini e ricordava la vergogna di Monaco, quando , nel 1938, la Francia e l’Inghilterra in nome della difesa della pace rinunciarono a fermare Hitler che aveva già occupato l’Austria e i Sudeti.
Gino : La tesi della “guerra necessaria” per porre fine a feroci dittature è anche la critica più comune al movimento per la pace. Anche di ciò si dovrebbe discutere a lungo. Può darsi che il movimento per la pace non sia in grado di far cadere un dittatore, ma una cosa è assolutamente certa, che non ne ha mai creati né aiutati ad imporsi con armi e fiumi di denaro. Siamo convinti, perché lo vediamo ogni giorno, che le vittime siano la prima e forse l’unica verità della guerra, e che l’alternarsi di governi e dittatori ne siano soltanto, questi sì, effetti collaterali. [..] Credo che un bambino che sparisce nelle Torri gemelle valga quanto un bambino afgano che resta ucciso sotto le bombe. Non vale di meno, ma neanche di più. E siccome quei bambini mi interessano, entrambi, ho anche la stessa opinione su chi li ha fatti fuori, l’uno e l’altro.
Miriam: Non tutte le guerre sono ugualmente e sempre condannabili e un pacifismo assoluto ideologico, se può essere proposto come un valore da uomini di Chiesa, può non reggere alla dura prova della politica. La stessa Sinistra italiana, nel 1998, non si è ritratta di fronte alla necessità di intervenire in Kosovo e ha dato il suo assenso ai bombardamenti su Belgrado. Tuttavia, mentre coraggiosamente si assumeva questa responsabilità, non portava a fondo quel riesame della propria storia che pure sarebbe stato necessario. Così nella coscienza di una parte almeno dei suoi militanti e, forse, dei suoi dirigenti, si conservano intatte la memoria e la nostalgia delle antiche battaglie pacifiste.
Gino: Mi piacerebbe che ci fosse un più ampio dibattito su questi temi, senza dimenticare tuttavia, quando si scrive di “guerre necessarie” e si fanno paralleli storici, che la nuova guerra, (scil. quella contro l’Iraq), più che di libertà, ha una maledetta puzza di petrolio.
Gino carissimo, oggi probabilmente diresti che puzza maledettamente di gas…
CATERINA VALCHERA
Perfetto, Caterina, grazie❤️
"Mi piace""Mi piace"
Bello
"Mi piace""Mi piace"