“PAROLE DI DONNA” A CURA DI VALENTINA DI GENNARO E ANNA LUISA CONTU – “Per il piacere di chi sono rimasta incinta?”

di VALENTINA DI GENNARO

Nei giorni scorsi,  in tutta Italia, e anche nella vicina Santa Marinella, sono apparsi affissi ai muri, alcuni manifesti del movimento Pro-vita e famiglia. 
In questi manifesti è raffigurato il bel volto di Pier Paolo Pasolini con la frase con cui è intitolato un famoso articolo apparso nel 1975 sul Corriere della Sera. 
“Io sono antiabortista.”
Lo sberleffo rivolto alle femministe italiane davanti alle parole del grande artista italiano, è chiaro. 
Ma come femministe sappiamo esercitare i conflitti e stare nella complessità e non abbiamo paura delle contraddizioni. 
E su questo no, non siamo d’accordo con Pasolini. 
Ma così sarebbe facile chiudere la questione.
E questa è tale che non può essere conclusa così, perché l’articolo di Pasolini è portatore di numerose riflessioni e suggestioni che non possono essere lasciate alla mercé della comunicazione di parte.
Il movimento ProVita e Famiglia decide di strumentalizzare la complessa visione di Pasolini per screditare in primis l’anno Pasoliniano, ricorre infatti quest’anno il centenario della sua nascita, e per continuare a distorcere la realtà sull’autodeterminazione delle donne.
Le parole di Pasolini sull’aborto suscitarono molte polemiche ed è bene leggerle tutte, non solo l’affermazione di partenza.
In quell’articolo l’artista lega la questione alla deriva rozza della società contro le minoranze sessuali.
“Per una serie caotica, tumultuosa e emozionante di ragioni. Io so intanto, come ho detto, che la maggioranza è già tutta, potenzialmente, per la legalizzazione dell’aborto (anche se magari nel caso di un nuovo “referendum” molti voterebbero contro, e la “vittoria” radicale sarebbe molto meno clamorosa). L’aborto legalizzato è infatti – su questo non c’è dubbio – una enorme comodità per la maggioranza. Soprattutto perché renderebbe ancora più facile il coito – l’accoppiamento eterosessuale – a cui non ci sarebbero più praticamente ostacoli. Ma questa libertà del coito della “coppia” così com’è concepita dalla maggioranza – questa meravigliosa permissività nei suoi riguardi – da chi è stata tacitamente voluta, tacitamente promulgata e tacitamente fatta entrare, in modo ormai irreversibile, nelle abitudini? Dal potere dei consumi, dal nuovo fascismo. Esso si è impadronito dalle esigenze di libertà, diciamo così, liberali e progressiste e, facendole sue, le ha vanificate, ha cambiato la loro natura.”
Carla Lonzi, in quei giorni  affrontò il nesso – nato e cresciuto all’interno di una cultura patriarcale – tra la sessualità e la procreazione, sottolineando come quest’ultima, per la donna, non fosse sempre una libera scelta, bensì un’imposizione socio-culturale che andava scardinata: «Le donne abortiscono perché restano incinte. Ma perché restano incinte? (…). L’uomo ha lasciato la donna da sola di fronte alla legge che non le permette di abortire: da sola, umiliata ed emarginata dalla società. Un giorno, lui finirà col lasciare la donna di fronte ad una legge che non le impedirà di avere un aborto: da sola, valorizzata e parte di una società. 
Ma le donne si stanno chiedendo: per il piacere di chi sono rimasta incinta?»
Una riflessione, quella della Lonzi, che ha cercato di offrire non solo a Pasolini un’attenta analisi della questione soffermandosi sul ruolo della società patriarcale che ha attribuito alla donna – come conseguenza di una maggiore libertà sessuale – il compito della procreazione, rendendo in questo modo l’aborto un atto indegno e pertanto punibile. 
Il desiderio di Carla Lonzi e del movimento femminista era, dunque, quello di vincere il patriarcato e comunicare una nuova immagine della libertà sessuale e dei diritti da essa derivanti. Scriveva: «Il nostro obiettivo non era negare la libertà di aborto, ma cambiare il suo significato nella coscienza di chi continuerà a subirlo (…) e a imporlo.
Continua Pasolini: “ Siamo così giunti al paradosso che ciò che si diceva contro natura è naturale, e ciò che si diceva naturale è contro natura. Ricordo che De Marsico (collaboratore del codice Rocco) in una brillante arringa in difesa di un mio film, ha dato del “porco” a Braibanti, dichiarando inammissibile il rapporto omosessuale in quanto inutile alla sopravvivenza della specie: ora, egli, per essere coerente, dovrebbe, in realtà, affermare il contrario: sarebbe il rapporto eterosessuale a configurarsi come un pericolo per la specie, mentre quello omosessuale ne rappresenta una sicurezza. In conclusione: prima dell’universo del parto e dell’aborto c’è l’universo del coito: ed è l’universo del coito a formare e condizionare l’universo del parto e dell’aborto. Chi si occupa, politicamente, dell’universo del parto e dell’aborto non può considerare come ontologico l’universo del coito – e non metterlo dunque in discussione – se non a patto di essere qualunquistico e meschinamente realistico
(…) Secondo: tutto ciò che sessualmente è “diverso” è invece ignorato e respinto. Con una violenza pari solo a quella nazista dei lager (nessuno ricorda mai, naturalmente, che i sessualmente diversi son finiti là dentro). 
Chissà cosa pensa il movimento Pro vita e Famiglia del coito omosessuale. Delle famiglie omogenitoriali, degli orientamenti di genere, delle identità sessuali fluide. 
Chissà se conosce la storia del processo Braibanti. 
Oh Movimento, che sbandieri e attacchi al muro i manifesti con il bel volto di Pier Paolo Pasolini, di quella creatura angelica che ci ha regalato il Novecento e di cui Moravia disse, che ne nasce uno per ogni secolo, le femministe agiscono nelle contraddizioni del patriarcato e non hanno paura di dire che sulla questione dell’aborto non sono d’accordo con il poeta.
VALENTINA DI GENNARO

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