LA LETTERA

di CARLO ALBERTO FALZETTI

Mio carissimo nipote,

sei riuscito a trovare, fra Le mie carte sparse, questa busta che ora hai aperto e tratto fuori la lettera. Io non so in quale luogo  mi trovo mentre tu inizi la lettura ,  non so nemmeno  se io sono o in quale modalità io sono. Ma ciò ha poca importanza.

In quale anno sei? Provo ad indovinare, forse è il 2040? Forse nei dintorni di questo anno.

Ma anche questo ha poca importanza.

E’ importante invece che tu sappia il dolore che io provo per il mondo che, presumo, ti sta circondando. Vorrei che tu sapessi quanto la nostra generazione sia stata agevolata in un modo che raramente la storia ha concesso. Il nonno è nato durante una tremenda guerra ma era talmente giovane da non aver patito l’ansia, lo sgomento, la sofferenza che hanno colpito tutti gli adulti, tutti i genitori, le madri, i padri.

Siamo cresciuti in un mondo relativamente tranquillo. La sofferenza la vedevamo sugli schermi, lontana da noi.  Certo esistevano le lotte, le rivendicazioni, le zuffe ma non esistevano le distruzioni, le macerie, gli incubi . Dal cielo proveniva il raggio solare, la pioggia, il vento. Il cielo non era la fonte dell’incubo, della devastazione, della morte. Sovente l’inedia ci prendeva alla gola, ci inventavamo ribellioni, fomentavamo  lacerazioni più di quanto esse esprimessero spontaneamente. Il consumismo ci dominava guidandoci nel percorso.

 Molti ricorrevano a rimedi idealistici presi dal panico dell’insaziabile consumismo. Ma, allora, l’offerta di ideali era tanto ricca in termini quantitativi quanto povera in termini  di attrazione qualitativa. Nel procedere della maturità, poi, anche l’attrattiva andò scemando. Rimase la nausea di un mondo zeppo di rumore che aveva bandito lo stupore e dato vita soltanto al soddisfacimento dell’immediato, del piacere dell’attimo.

 Ma, comunque, la vita procedeva senza che il cielo si trasformasse in inferno, senza l’odio che, intuisco, contamina il tuo tempo, senza che il sangue scorra tra le case devastate,  senza il fetore del gas, il contatto epidermico infetto, la contaminazione letale, l’aria irrespirabile, l’incubo di una fine apocalittica.

Scorgemmo noi, prima dell’avvicendamento terreno, il preludio di quello che prevedo sia il tuo mondo. Gli occhi nostri assistettero al’ansia dell’umano di farsi nuovamente belva, di inabissarsi nelle ancestrali pulsioni rinnegando l’amore, la solidarietà, la fede nell’umanità compassionevole. Avvertimmo l’irrequietezza degli animi, dopo anni ed anni di guerre guerreggiate sul fronte economico dei mercati o di guerre vere sul fronte di poveri  paesi sottosviluppati. Annusammo il desiderio inarrestabile del dissolvimento di se stessi, dell’annullamento esistenziale che la follia dettava nelle anime dei grandi responsabili della politica mondiale.

 Ripetevano essi quei gesti  che da sempre la Storia aveva impresso come un marchio indelebile. La tragedia, tuttavia, presentava un volto nuovo che tu , ahimè, ben conosci: l’arma colpisce colpendo anche chi la utilizza.    

 La Follia come suo antico costume  presenta certo il  ghigno beffardo ma esprime ormai un sorriso ebete : dare morte per ricevere pari morte! La Follia ha raggiunto presso l’umanità l’estremo grado!

Ma noi, non riuscimmo a fermare l’esordio!

 Ci impantanammo nella melma dei concetti, dei rancori, delle petulanti disquisizioni.

Noi siamo i responsabili.

 Noi soltanto potevamo avviare un sistema globale che imponesse la tregua degli istinti. Ma, dovevamo rinunciare al nostro mondo, al mondo dell’apparenza, della futilità, del benessere . Dovevamo rinunciare al nostro mondo costellato dalle passioni tristi dopo che ogni scopo era stato rimosso, scopi politici, ideologici religiosi. Le religioni avrebbero dovuto gettare ai rovi le liturgie, le idolatrie,i distinguo , i fondamenti , i preziosi quanto inutili paramenti  e ritornare all’essenziale, al semplice, all’amore che si dà senza pretendere alcuna adesione.

Ma nessuno volle rinunciare. Solo parole. Tutti rimasero aggrappati all’esistente. Sepolcri imbiancati di pacifismo parolaio e predicatori di guerra come strumento di pace: l’arcobaleno si riempì di tutti colori.

Ma l’unica cosa che doveva esser fatta non si fece: la rinuncia ad un mondo futile in nome di una compassione umanitaria.

Sembrava a noi tutti che la vita non dovesse aver fine, tanto difficile era la rinuncia..

 Poveri esseri illusi di eternità.

 Eternità ?

 Guarda, se vuoi, i nostri sacelli. Sono sotto i tuoi occhi. Venuti dal nulla siamo rientrati nel nulla, niente più!

Il tuo perdono non placherà l’incompiuto,

 Da quale luogo non mi è dato sapere ma accogli, nuovamente, il mio addio!

                                                                                                          1 maggio 2022

.  .  .

Dovremmo, potremmo, vorremmo  sottoscrivere questa lettera?

Provate oggi ad incrociare gli occhi festosi ed innocenti di chi sarà adulto nel 2040 (o dintorni) e decidiamo circa la rinuncia.

Il resto è noia!

CARLO ALBERTO FALZETTI

https://spazioliberoblog.com/