“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – LI FACCIAMO GAREGGIARE? NO!…SI’?..BOOH!!

di STEFANO CERVARELLI ♦


Un mio amico, giorni fa, con amara ironia, diceva che per evitare le guerre il mondo dovrebbe stare in stato di ….perenne olimpiade!

L’affermazione, seppure nella sua ironica paradossalità, nascondeva il senso di una tragica ed inaccettabile  realtà: lo sport come unico mezzo di dissuasione ed interruzione di vicende belliche.

Oggi raccogliendo la provocazione e, proseguendo nell’ironia, dubito che saremmo capaci di imitare gli antichi greci che si astenevano dal guerreggiare durante tutto il periodo dei giochi; questo anche se il codice di comportamento impone (sarebbe meglio dire: imporrebbe) una tregua che inizia 15 giorni prima e termina 15 giorni dopo la conclusione delle olimpiadi.

Un’osservanza deontologica della quale la Russia però non ne ha tenuto conto, invadendo l’Ucraina  nel pieno della manifestazione (ricordo che gli ultimi giochi olimpici  sono  stati  le Paralimpiadi invernali iniziate il 4 marzo e terminate il 13 dello stesso  mese).

Oggi il mondo, le nazioni non fermano di certo le loro guerre, piccole o grandi, in occasioni  dei giochi; al contrario lo sport  diventa sempre più terreno per rinfocolare contrasti ideologici, politici e sociali; gli esempi non sono certo mancati sia nel lontano che nel recente passato.

Sport e politica, anche quando non sembrava, hanno sempre camminato affiancati a volte prendendosi a braccetto, a volte allontanandosi, per arrivare, a volte, addirittura  ad abbracciarsi; il loro è stato, in ogni caso, sempre un cammino parallelo, d’altronde non poteva, ne può, essere differente data la diffusione globale della quale gode lo sport che è servita, in momenti diversi, a più di un Paese per fare “riecheggiare” più forte  il suono di un qualsiasi conflitto: sia politico, sociale, che militare. L’Olimpiade poi, essendo una manifestazione “sovrana“, è fuori dubbio che goda di una riconosciuta universalità della quale si è servita – e continuerà a servirsi- la politica, proprio per il fatto che lo sport, pur essendo un fenomeno periferico del sistema politico internazionale rappresenta, a tutti gli effetti, un valido strumento della politica estera.

Questo è possibile anche perché lo sport possiede una particolare peculiarità: quella di avere un doppio essere ”apolitico e politico” che fa sì che il CIO sia parte integrante della diplomazia internazionale, svolgendo all’interno di questa, seppur tra mille contraddizioni (come sta avvenendo in questi giorni) un ruolo importantissimo.

Oggi il tema di questo ”intrecciato” rapporto tra sport e politica, causa l’invasione della Ucraina,  è tornato prepotentemente alla ribalta attraverso la domanda più diretta e semplice: ”E’ giusto espellere dalle competizioni internazionali gli atleti e le squadre russe e bielorusse?”.

Credo che ognuno di noi a questa domanda  abbia la sua risposta; da parte mia ritengo che per una  giusta analisi bisognerebbe estraniarsi un momento dalle varie passioni o idee di natura politica riguardo il conflitto perché il sentimento, la partecipazione emotiva,  la rabbia davanti alle atrocità  che vediamo compiere ogni giorno  potrebbero incidere sull’obiettività della valutazione che diamo ai provvedimenti, in materia sportiva, adottati.

La risposta, la soluzione al problema quindi non è semplice, ma soprattutto non può non essere articolata, essendo articolato e variamente composto il mondo nel quale i provvedimenti restrittivi vanno a cadere.

Nello sport non esiste, o non dovrebbe esistere, elemento discriminante di nessun tipo, se non quello del rispetto delle regole, ma neanche possono mancare provvedimenti restrittivi nei confronti di quei Paesi che violano diritti umani (e l’invasione dell’Ucraina è un evidente violazione dei diritti ) o che operino una vera e propria strategia di ”droga di stato“ Ed allora cosa fare?

Manco a dirlo non sono certo io a indicare la strada giusta, però posso invitarvi a fare insieme alcune riflessioni  ed allora, alla luce di quanto detto, entriamo un po’ più da vicino nella questione.

Come dicevo prima, discriminazioni esistono solamente nei casi di violazione dei diritti umani e, nel nostro caso, questa invasione senza dubbio lo è; come lo era nel 1964 quando il CIO impedì al Sudafrica per  la sua linea discriminatoria e razzista di partecipare ai giochi di Tokyo, tanto per ricordare un caso dei più eclatanti.

Premettendo che degli sport di squadra me ne occuperò più avanti, c’è  una  constatazione da tener presente: negli sport individuali l’atleta rappresenta sempre la sua nazione o se stesso? Non  è differenza da poco, a tale proposito voglio sottolineare che la vittoria è sempre individuale e lo dimostra il fatto, come vedremo, che un atleta può gareggiare anche senza le insegne del suo Paese.

Questo ci porta a porci una domanda che ritengo sia quella che arriva al cuore  del problema, quella più importante: ”Un atleta  può essere “punito” per  colpe che non ha? Per scelte dei suoi governanti?”.

Prima di continuare nella disamina dell’argomento provo a dare qualche risposta, senza, ovviamente avere la pretesa nè della giustezza nè, ancor più, della verità.

Se l’analisi la si fa alla luce della norma che impedisce la partecipazione ai Paesi (non agli atleti: attenzione) è facile arrivare “sic et simpliciter“  alla conclusione che gli atleti russi e bielorussi non debbano partecipare a nessuna manifestazione sportiva ed il discorso finisce qui. Ma …, c’è un ma, ed è quello a cui mi riferivo poco sopra quando ho fatto la distinzione tra Paesi ed atleti. Una distinzione che è nelle facoltà del CIO.

Tanto per fare un esempio ai recenti giochi olimpici ed altre manifestazioni, gli atleti russi, per via della squalifica inflitta al loro Paese per “droga di stato” hanno partecipato senza i segni distintivi del loro Paese (bandiera, inno, colore della maglia) bensì in rappresentanza del loro Comitato Olimpico, con la sigla ROC (Russian Olympic Comitatee) e con la bandiera olimpica. Questo perché è prevalsa la tesi, e qui mi riporto ad un altro quesito posto, che non è giusto punire  gli atleti, il loro lavoro, le fatiche, i sacrifici, per colpe che non sono loro. Insomma la colpa dello Stato non è stata fatta pagare agli atleti russi. Naturalmente la scelta deve essere condivisa dagli atleti, sapendo che per loro quella è l’unica possibilità di poter gareggiare.

Poi c’è da capire se l’atleta rappresenta se stesso o il suo Paese. Anche qui la risposta la si può trovare nella soluzione adottata ai giochi alla quale accennavo sopra. E’ scontato che un atleta che gareggia senza bandiera, senza inno, senza i colori del suo Paese, non può rappresentarlo, ma rappresenta  solo se stesso. Quindi nel momento in cui rappresenta se stesso non è giusto impedirgli di gareggiare.

Gioverebbe poi ricordarsi di  un altro aspetto della questione, un aspetto dai contorni umani.

Dietro una vittoria che ci fa balzare dai divani rendendoci entusiasti ed orgogliosi come quelle ottenute di recente da nostro Paese, ci sono lunghi duri anni di allenamenti, privazioni, sacrifici, infortuni, ci sono i sogni di un atleta che ogni giorno si sottopone a dure fatiche, avendo in mente il momento della gara; poi quando sta per arrivare quel giorno, quando può vedere concretizzare i suoi sforzi, il risultato del continuo lavoro quotidiano, ecco che per colpa di un qualcuno che non si sa come definire, capriccioso, folle, ambizioso, dittatore, oppure per scelte di governi dai quali l’atleta  oltretutto ha preso le distanze, gli viene impedito di gareggiare: è giusto? A questo proposito ricordo l’ultimo mio articolo dove parlavo di Vera Caslavska.

Esclusione, divieti, imposizioni lasciamoli ai paesi dittatoriali, a quelli che fanno dello sport strumento di propaganda politica.

La mia risposta dunque  è no; non è giusto, l’individuo non può pagare per colpe che non ha.

Voglio inoltre ricordare che in occasione delle olimpiadi Mosca, dove 62 Paesi fecero opera di boicottaggio accusando l’Unione Sovietica di violazione dei diritti umani (!) l’Italia partecipò  senza inni, nè bandiere, ma sfilando con un vessillo bianco con la scritta CONI, nonostante l’esplicito invito del governo Cossiga a disertare i giochi.

Parlavo prima degli sport di squadra, qui la situazione potrebbe essere un po’ più complessa in quanto c’è di mezzo il professionismo, cioè un rapporto di lavoro (a proposito: il tennis è professionismo per eccellenza,…a buon intenditore poche parole).

Così di primo impulso mi chiedo “Ma è legittimo, è costituzionale impedire di svolgere il proprio lavoro?”. Perché questo sta succedendo, non solo con l’esclusione delle compagini professionistiche russe bielorusse dai vari sport,  ma anche la squadra ciclistica che fa capo al colosso russo Gazprom non può svolgere la sua attività. Di fatto c’è un’interruzione del rapporto di lavoro senza che nessuno lo voglia, ma le società sono tenute ugualmente al pagamento degli stipendi, pur non avendo  in cambio attività lavorativa, subendo, al contrario, dall’allontanamento un notevole danno. Non dimentichiamo poi  che diverse di queste società sono quotate in borsa con azionisti di vari Paesi. D’altra parte i club, pur avendo vesti giuridiche diverse, sono iscritte alle rispettive federazioni che  rispondono al Comitato Olimpico Nazionale che, a su volta, fa capo al CIO. Ed è dalla massima istituzione sportiva che è partita la “forte” raccomandazione di escludere squadre ed atleti russi e bielorussi.

Con “la forte raccomandazione” il CIO ecco che viene ad esprimere quella specularità di cui parlavo all’inizio “essere contemporaneamente politico ed apolitico”.

In un comunicato si dice che la decisione  è stata presa “con il cuore pesante” dall’Executive Board del Comitato Olimpico Internazionale, dopo l’attacco della Russia all’Ucraina “Per proteggere l’integrità delle competizioni sportive globali e per la sicurezza di tutti i partecipanti”.

Nello stesso tempo, l’organo del CIO raccomanda che le Federazioni Sportive Internazionali e gli organizzatori di eventi sportivi non invitino o non consentano la partecipazione di atleti e funzionari russi e bielorussi alle competizioni internazionali”. Poi però arriva il suggerimento si può dire pilatesco?  “Nel caso in cui questo non possa essere possibile per motivi organizzativi o legali” il CIO “esorta vivamente” le Federazioni e gli organizzatori “a fare tutto ciò che è in loro potere per garantire che nessun atleta o funzionario sportivo russo o bielorusso possa prendere parte sotto il nome di Russia o Bielorussia. I cittadini russi o bielorussi, siano essi presenti come atleti individuali o di squadra, dovrebbero essere accettati solo come neutrali. Non devono essere visualizzati simboli, colori, bandiere o inni nazionali”.

I dirigenti del CIO continuano dicendo che il Comitato si è trovato di fronte a un dilemma: da una parte la “missione del movimento olimpico di contribuire alla pace attraverso lo sport e di unire il mondo attraverso lo sport” dall’altra “il senso di equità nel non punire gli atleti per le decisioni del loro governo se non vi partecipano attivamente”.  Ma per compensare queste sue parole e non sbilanciarsi troppo e quindi offrire un spazio di movimento, ecco arrivare la giustificazione al proprio operato.

Secondo il Comitato Olimpico Internazionale, mentre gli atleti provenienti da Russia e Bielorussia potrebbero continuare a partecipare ad eventi sportivi, a molti atleti ucraini è impedito di farlo a causa dell’attacco al loro Paese. Si tratta di “un dilemma che non può essere risolto”, ecco perché l’Executive Board  avendo “attentamente  analizzato la situazione, con il cuore pesante, ha emesso la risoluzione”.

In pratica si sostiene che gli atleti russi e bielorussi avrebbero la possibilità di partecipare mentre non potrebbero farlo i loro colleghi ucraini, quindi ecco che allora non devono partecipare neanche loro.

A questo punto andiamo a vedere cosa dice la carta Europea.

La Carta europea per lo sport enuncia, a livello internazionale, dei principi che costituiscono il modello sportivo europeo; tra questi  principi si annovera quello della non discriminazione, per consentire a tutti il libero accesso alle attività sportive, senza distinzione di sesso, razza, colore, lingua, religione. La Carta intende  inoltre proteggere gli sportivi da ogni sfruttamento a fini politici commerciali o finanziari. Ripeto: proteggere dallo sfruttamento ai fini politici……

A sua volta il Trattato di Lisbona del dicembre 2007, entrato in vigore nel 2009,  modificando il precedente trattato sull’Unione Europea firmato a Maastricht nel 1992, parla di sport come diritto europeo.

A questo punto vorrei dire qualcosa sulla questione della presenza dei tennisti russi agli Internazionali di Tennis di Roma; anche se questo articolo uscirà quando saranno già iniziati, un breve accenno voglio farlo, limitandomi ad una breve osservazione che certo non esaurisce l’argomento, anche se non esaurisce, vista la sua complessità, l’argomento sul quale potrò tornare.

Mi sembra che con quanto scritto abbia espresso la mia idea, aggiungo soltanto che tra il caso di Londra e quello di Roma – qualunque sia la soluzione adottata – ci sono tante differenze, dovute proprio al diverso tipo di manifestazione. In ogni caso, come dicevo prima, stiamo parlando di “puro” professionismo, con tutto ciò che ne deriva; tra le varie cose infatti Roma potrebbe rischiare di essere esclusa dal circuito internazionale, con tutti i danni che ne conseguirebbero.  Spero che il governo prenda la decisione giusta, tenendo bene a mente tutte le problematiche.

A proposito di governo: come si sta muovendo la politica, quella istituzionale? Sarà motivo di una prossima chiacchierata, non voglio assolutamente abusare della pazienza di chi legge.

Concludo augurandomi che quanto si dice a proposito dello sport non siano parole vane e di circostanza e, di conseguenza, quando queste hanno l’occasione di concretizzarsi, divenire operative, si agisca affinché questo  avvenga veramente.

Non dimenticando che più volte, atleti di Paesi belligeranti, incontrandosi sui vari  terreni di gioco, hanno dato prova di lungimiranza maggiore dei loro governanti.

STEFANO CERVARELLI

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