Il mondo solidale

di ANNA LUISA CONTU

Secondo gli ultimi sondaggi  la maggioranza degli Italiani è contrario all’invio di armi all’Ucraina.

Nella loro  istintiva saggezza popolare, anche un po’ ottusa e senza mediazioni culturali, le persone comuni intuiscono che cosa è la guerra , la conoscono  per averla vissuta realmente  i più vecchi, o perché l’hanno sentita raccontare o l’hanno vista raccontata dai grandi giornali e televisioni.  La scenografia di guerra è uguale ovunque.

I morti  giacciono insepolti per giorni prima di essere coperti in un sudario di plastica nera e seppelliti in fosse comuni. Giacciono accanto ad una bicicletta con le ruote e i manubri contorti,  ad una macchina sventrata, ad un cane che guaisce accanto a quello che è stato il suo padrone, in uno sfondo di devastazione, di palazzi distrutti, di strade sepolte da macerie.

La guerra è lo stesso flagello ovunque;  ovunque si manifesta come forma estrema della violenza, con la morte casuale, mentre si esce dai sotterranei dove ci si nasconde per sfuggire ai bombardamenti, per trovare qualcosa da mangiare o andare  in campagna a governare le bestie, presi in mezzo a due eserciti che si scontrano.

L’invasione dell’Ucraina da parte dei Russi ha destato riprovazione, condanna, commozione per i morti e  i milioni in fuga, mobilitazione umanitaria, accoglienza. Centinaia e centinaia di inviati, giornalisti,  reporter freelance, con la loro bella pettorina con la scritta Press, raccontano  il grande e il piccolo della guerra. Mai, a memoria, nessuna guerra è stata ed è tanto documentata. Né la guerra in Iraq, né la guerra in Afghanistan o le altre guerre che hanno  scarso appeal, la Palestina o lo Yemen.

Lo sconcerto è che , dalla fine della seconda guerra mondiale, non c’era stata guerra in Europa, questa era nel nostro cortile di casa. E mentre cresceva la russofobia nelle accademie, nelle università, nei luoghi della cultura , dello sport di pari passo con sanzioni severe contro la Russia, si dimenticava o si nascondeva quella guerra distruttiva contro la Serbia di Milosevic accusato di genocidio dei kossovari. Questa accusa di genocidio viene formulata sempre più spesso e invece di inchiodare l’accusato o gli accusati alle loro nefandezze ha il risultato di banalizzare i veri genocidi della  Storia umana, lo sterminio degli ebrei, dei nativi americani e degli armeni.

E così quello che rimaneva della Yugoslavia, uno stato multietnico che aveva combattuto con gagliardia contro i nazisti,  venne ridotta, dopo una devastante e sanguinosa guerra civile, alla sola propaggine della Serbia, distrutta dai bombardamenti all’uranio impoverito dalla Nato, con gli aerei che partivano dall’Italia.

Nascondere o dimenticare perché bisogna riesumare la retorica dei buoni contro i cattivi, dell’impero del Male contro l’impero del Bene, il nostro mondo libero contro i genocidi, i novelli Hitler. E così una guerra che secondo la strategia russa doveva assicurare a questa nazione il suo fianco occidentale contro un allargamento irresponsabile della Nato, è stata trasformata, dalla propaganda occidentale,  in uno scontro di civiltà; la resistenza Ucraina stava combattendo per i nostri valori occidentali.

Non bisogna scomodare i grandi pensatori o il nostro Antonio Gramsci, per ribadire che le guerre fra Stati si combattono non per motivi astratti ma per concretissimi motivi di potenza e di supremazia politico -economica.

Però se qualcuno osa negare la narrazione manichea dominante nei media nazionali ed internazionali che vede i buoni da una parte sola contro le canaglie, viene tacciato di essere filo Putin, di essere un vecchio arnese veterocomunista,  invecchiati samurai dell’antiamericanesimo.  Gli insulti diventano sempre più fantasiosi, la rabbia contro le quinte colonne putiniane trattenuta a stento man mano che l’opinione della gente comune si sposta verso posizioni pacifiste e contro il riarmo.

È stato illuminante assistere ad un dibattito in cui l’ex ministro degli interni Minniti, quello degli accordi per il respingimento degli immigrati nei lager libici, sbracciarsi , abbandonarsi all’ira contro un interlocutore che ne contrastava i “ ragionamenti”, o il mite direttore dell’ Avvenire , Tarquini, che diceva cose sensate sulla guerra, zittito dai pasdaran di Repubblica.

Questa ondata di russofobia, scatenata dall’azione proditoria di Putin contro l’Ucraina, io mi sono fatta l’idea che alla Russia non le  si perdoni  di aver osato sperimentare e realizzare un modello economico e sociale alternativo al dominio del capitale sulle persone e sulle cose. Certo quel modello è fallito, si è trasformato in uno Stato di polizia, dove le libertà personali che avrebbero dovuto esprimersi al massimo livello nella democrazia dei soviet, sono state conculcate. Ma quell’esperimento fallito non ha ucciso negli esseri umani il desiderio di giustizia sociale, di uguaglianza, di pace.

So già che qualcuno mi attribuirà nostalgie sovietiche. Non ne avevo ben prima che Berlinguer proclamasse finita la spinta propulsiva dell’Ottobre.

Questa “operazione speciale” russa  (chi si ricorda l’ operazione di polizia  internazionale in Iraq di andreottiana memoria?) in  due mesi di combattimenti è andata assumendo un’altra qualità  per gli occidentali. Invio di armi e aiuti a sostegno dell’Ucraina in un primo momento e tentativi diplomatici di far cessare la guerra. Ora non si parla più di cessate il fuoco, si dice , da parte americana e inglese che bisogna vincere la guerra.

Almeno è caduto il velo di ipocrisia. Americani e inglesi sono sul terreno, sia come istruttori dell’esercito ucraino, che come mercenari. Si dice che nelle acciaierie Azovstal ci siano centinaia di occidentali. Quindi l’intento degli USA, che da anni stanno armando l’Ucraina, è sconfiggere la Russia e togliere di mezzo un concorrente, per quanto debole, della sua supremazia sul mondo. Quando finì la guerra fredda si parlò di Europa dall’Atlantico agli Urali, ma l’Occidente dal 1991 ha fatto tutt’altro.

Nella conferenza stampa  del 28 aprile il presidente Biden ha annunciato lo stanziamento di trentatré miliardi di dollari in aiuti militari all’Ucraina, che si aggiungono agli altri 20 già erogati. Una cifra gigantesca, solo per solidarietà e amore della libertà Ucraina? Nella stessa intervista il presidente ha affermato che l’industria bellica americana, il famigerato complesso militare industriale, avrebbe dovuto rimpinguare e rinnovare le armi e questo avrebbe creato molti posti di lavoro in America. Tanto cinismo io non l’avevo mai sentito esprimere.

Le trattative per finire la guerra sono inesistenti, il tentativo del Segretario Generale dell’Onu fallito per l’intransigenza di Putin e la sconsideratezza delle dichiarazioni dei ministri Inglesi e americani.

Ci avviamo in un pericolosissimo crinale, la parola “guerra atomica” è stata sdoganata e non c’è al mondo un personale politico che lavori per evitarla, né ce n’è in Europa, sulla quale si dovrà fare un altro discorso che qui risulterebbe troppo lungo.

Solo gli amanti della pace, la superpotenza disarmata, possono mettere fine a questo scontro per la supremazia e lavorare per un mondo multipolare  solidale e senza guerre.

ANNA LUISA CONTU