“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – UNA FIABA.

di STEFANO CERVARELLI

Dopo aver scritto ultimamente di avvenimenti e di episodi sportivi, legati purtroppo alla guerra, generando sentimenti di tristezza, questa volta parlerò di una fiaba, che non è una fiaba, ma una storia vera, e quindi parlerò di una storia vera che però sembra una fiaba (allora di che parlo?… decidete un po’ voi) l’importante è che quanto sto per narrare sia avvenuto lontano dai campi di battaglia; è una storia che nasce lontano dall’Italia ma che, nel nostro Paese, ha il lieto fine.

Come tutte  le  fiabe  anche questa comincia con  “C’era una volta…”.

C’era una volta, non molto tempo fa (appena tre anni) in Guinea un ragazzo di sedici anni, orfano di padre, che un giorno, visto l’ambiente in cui viveva, decide di andarsene; lascia la madre, la famiglia, gli affetti più cari e parte destinazione l’Italia spinto dalla speranza di trovare un futuro migliore, ma soprattutto di non rimanere preda della tratta delle persone.

Arriva in Puglia e lì, in quell’angolo di terra straniera, inizia a costruire la sua seconda vita, quando tanti suoi coetanei sono ancora alle prese con la progettazione della “ prima”; viene affidato a una cooperativa-Rinascita- che si occupa (e si preoccupa) di realizzare ed attuare progetti di accoglienza in quella regione, precisamente tra le città di Lecce, Brindisi e Taranto.

Nel Salento la cooperativa, tra le altre cose, gestisce strutture per l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati: e proprio in una di quelle strutture Moustapha viene accolto.

Il giovane inizia a frequentare scuola e corsi di pizzaiolo e panettiere, trafila quasi abituale per questi ragazzi, e nel contempo riesce a dedicarsi alla sua grande passione, il calcio; inizia a giocare proprio con la squadra formata da giovani della cooperativa: la Rinascita Refugees, partecipando a partite e tornei amatoriali, ed è proprio nel corso di queste partite che Moustapha mette in mostra le sue spiccate doti naturali d’attaccante.

Sentite cosa dice Vincenzo Nobile, direttore sportivo dei Refugees: ”Mi ha impressionato un suo gol; è partito dalla metà campo con una velocità impressionante, tirando all’incrocio dei pali, tutti sono rimasti attoniti: era imprendibile”.

La cooperativa decide di costruire un squadra ufficiale proprio nell’anno dell’arrivo di Moustapha in Italia, e quindi c’è  l’affiliazione alla Lega  Nazionale Dilettanti Puglia della Figc; alla guida della squadra c’è mister Niang Baye Hassane, un passato d’allenatore, che nella cooperativa ha l’incarico di mediatore di accoglienza.

Per il giovane guineano Hassane diventa, anche fuori dal campo, un punto di riferimento, molti non hanno esitato a definirli “come padre e figlio”.

Un giorno al centro di accoglienza Rinascita arriva un uomo, è un talent-scout, il suo lavoro consiste nel girare i campi di provincia, dove si disputano campionati minori, alla ricerca di giovani promettenti  da segnalare alle società professionistiche.

Sa, quest’uomo, che nei centri di accoglienza non è difficile imbattersi in qualche ragazzo rifugiato che sa trattare bene il pallone; da poco  gli è giunta all’orecchio la notizia che lì nella squadra Rinascita Refugees, c’è un giovane, proveniente da poco dalla Guinea, che sta facendo sbalordire tutti per le sue capacità tecniche, vuole quindi constatare di persona.

Ora dovete sapere che sono  moltissime le segnalazioni che arrivano dai centri di accoglienza, e sa per esperienza che spesso le chicchere entusiastiche non corrispondono poi alla realtà ed il calciatore in questione si rivela essere uno come tanti;  questa volta però la fonte della notizia è attendibile e quindi decide di andare a vedere giocare questo giovane, che sta sbalordendo tutti.

Il risultato di questa visita è che Marco Ogliari, ex allenatore del vivaio della Sambenedettese, – e che quindi  di giovani giocatori se ne intende e che ora sta mettendo a frutto questa sua esperienza  come talent scout  sui campi del Salento – non perde un istante a segnalare Moustapha Cissè al suo riferimento, ossia il responsabile degli osservatori della Atalanta.

Roberto Marta, questo è il suo nome, si fida della segnalazione di Ogliari, anche perché un suo amico avvocato salentino, che ha avuto occasione di vedere giocare Moustapha durante un torneo, gli conferma che il ragazzo è in possesso di un livello tecnico superiore.

La società nerazzurra non ci pensa più di tanto ed inizia la pratica per  tesserare la giovane promessa, ma non può farlo subito perché i regolamenti FIFA  limitano i tesseramenti  dei minori extracomunitari per combattere il fenomeno della tratta dei baby campioni. La firma arriva cinque mesi dopo la maggiore età.

Moustapha inizia a fare i primi allenamenti con la squadra primavera e fa il suo esordio in questa categoria nel 2021: nel giro di una settimana fa tre goal al Napoli ed al Milan.

Domenica 20 marzo 2022, Hassane, allenatore della Rinascita Refugees, e quindi primo allenatore di Mustapha Cissè, riceve una telefonata: l’aspettava, sapeva che sarebbe arrivata.

Gli arriva una voce concitata, emozionatissima che gli dice: ” Mister sto sognando, vieni a svegliarmi!”.

“No, figlio mio, non stai sognando, abbiamo visto tutti cosa hai fatto!“ Ma cosa era successo? Cosa aveva fatto? Perchè Moustapha credeva di esser in sogno e chiedeva di essere svegliato?

Gian Piero Gasperini, allenatore della prima squadra dell’Atalanta, convinto delle capacità del giovane, appena maggiorenne, aveva deciso di convocarlo per l’incontro del campionato di serie A contro il Bologna, una partita delicatissima, nella quale la squadra bergamasca si giocava moltissime possibilità di raggiungere una posizione in classifica che le avrebbe consentito di continuare a sperare nella  qualifica alla Champions League. ma doveva vincere.

L’incontro strascina in perfetto equilibrio, senza reti, ma all’Atalanta non basta; Gasperini prende una decisione coraggiosa: fuori un attaccante come Muriel e dentro…e dentro lui Moustapha Cissè! Lui che tre anni prima era fuggito disperato dalla Guinea, trovato riparo in centro d’accoglienza per rifugiati minorenni, ora si vedeva mettere in campo nel campionato di serie A italiano da una delle più forti squadre con lo scopo di segnare in una partita dal valore enorme! Se non ha il sapore di fiaba questo…

Provate ad immaginare lo stato d’animo di Moustapha: il tumulto che passa nella testa, nel cuore per arrivare poi  alle gambe, è consapevole della fiducia e della responsabilità che gli è stata affidata: fare gol, far vincere l’Atalanta, il momento è di quelli magici, prima di entrare in campo riceve l’ultima carezza dal suo allenatore, in seguito dirà che in quei momenti pensava solo che doveva tirare in porta, che  doveva segnare.

Il progetto dell’Atalanta passa traverso i suoi piedi.

Moustapha sa che deve segnare, è lì per quello, e segna; realizza il gol della vittoria, il gol che  mantiene vive le speranze della sua squadra, un gol che per lui vale tutte le sofferenze passate; in campo esplode la gioia: i compagni lo portano in trionfo, conoscono la storia di quel ragazzo.

Hassane, il suo vecchio allenatore, dirà: “Eravamo tutti insieme con i suoi ex compagni al ristorante a vedere la partita; quando ha segnato c’è stata una esplosione di urla, abbracci, è stato come se avesse fatto gol nella finale della Coppa del Mondo: è stato bellissimo”.

Bellissimo, come si adduce alle favole ma anche alle storie che sono come favole e quindi  destinate ad entrare nelle narrazioni delle genti.

No, Moustapha, non hai sognato.

STEFANO CERVARELLI