Ucraina  

di MARCELLO LUBERTI

Un anno fa intervenivo su queste pagine per parlare del mio tardivo regolamento dei conti con il Comunismo (“Redde rationem”, 24 febbraio 2021).

Affermavo, tra l’altro: «È stato quindi un basilare fraintendimento? Mi ero accodato al richiamo di un’utopia ma desideravo solo il temperamento delle più gravi ingiustizie e storture? È stato come inquadrare le Maldive per poter desiderare una sdraio a Castelporziano?»

C’ è un post-scriptum, un seguito della Storia che non potevo immaginare, anche se alcune campane intonavano ritornelli sinistri: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin.

“L’avevo detto, era già tutto scritto” non fa per il mio modo di guardare la Storia, ma col senno del poi si può argomentare se le considerazioni che avevo formulato siano coerenti con quanto accaduto.

Purtroppo si. E mi spiego.

In compagnia di milioni di persone sul pianeta, Putin è soltanto la persona più potente al mondo che non ha fatto i conti col crollo del Comunismo e della sua realizzazione dal 1917 al 1989.

Quando parlo di crollo, intendo il fallimento politico, economico, organizzativo di quella esperienza, nonché l’incapacità di preservare sul piano geopolitico il blocco sovietico risultante dalla Seconda Guerra Mondiale, che vedeva il controllo della Russia sui paesi limitrofi.

Non è secondario sottolineare che quel controllo non si realizzava attraverso libere elezioni e assetti democraticamente scelti dai paesi satelliti. Infatti, appena dopo il crollo del Muro, essi hanno colto l’opportunità per auto-determinare il proprio destino e dare vita ad unità statuali distinte, con esiti diversificati sul piano degli assetti di democrazia, libertà e separazione dei poteri.

Il problema è il rapporto con la Storia. Un crollo di quella portata è un evento secondario nella Storia? Sul piano della legittimazione della guerra di Putin, possiamo affermare che si debbano di riportare indietro le lancette della Storia come se nulla fosse successo?

Seppure fossimo dubbiosi su questo punto, interroghiamoci sugli strumenti, non sulle finalità della Storia. Ebbene, questo salto all’indietro si realizza per mezzo di un accentramento di poteri in Russia nelle mani di un uomo solo, che detiene ancora il consenso della popolazione, si dice, ma che ha compresso i diritti democratici fino all’eliminazione degli avversari politici e alla creazione di uno stato di polizia. E ha consolidato e aumentato le risorse assegnate alla forza militare.

Si potrebbe concludere, con molti appigli nella storia passata e recente, che dove c’è un dittatore c’è una guerra.

Da ultimo, anche se in realtà sarebbe il primo problema, pongo la questione dell’auto-determinazione dei popoli. Comunque la si pensi sulla Storia, e su parti dell’attuale Ucraina oggetto di rivendicazioni da parte della Russia, non si può ignorare il fatto che il popolo ucraino ha da trent’anni una sua sovranità distinta. Sovranità riconquistata grazie alla libertà dal giogo dell’impero sovietico.

Tornando alla questione del Comunismo, direi che i suoi orfani, per i quali esprimo comunque comprensione, fanno fatica ad accettare il fatto che la libertà, la democrazia, con tutti i suoi difetti, sono più importanti dell’idea di una società di eguali, emancipata dal bisogno economico, idea che non si è riusciti a realizzare. E quando ci si è andati vicini, è stato al prezzo della libertà e dell’inefficienza economica rispetto ai sistemi di mercato.

Ah, Castelporziano, Castelporziano …

MARCELLO LUBERTI