“SALUTI & BACI” di Silvio Serangeli – 14. Il ballerino

di SILVIO SERANGELI

Ho molto apprezzato la goccia di saggezza dell’intervista  a Antonio Gramsci che cerca di spiegare l’attuale Russia e la guerra con parole semplici che dovrebbero far riflettere la canizza che si è scatenata contro il nemico di sempre: il comunismo. Più che di bombardamenti e di conseguenze per noi italo-europei i notisti, dal bavoso Paolo Mieli, al pietoso Gianni Riotta con la sua lista di prescrizione dei putiniani, e giù giù si esercitano nel loro mestiere preferito, ovviamente a paghetta stellestrisce: dagli ai comunisti, russi e magari cinesi, trabordando goffamente perfino nella cultura, con la pagliacciata del sindaco Nardella che offende il David e la marea di giovani brave (sic!) violiniste ucraine propinate a tutte le ore con presentatrici  passate dallo starnazzamento dei Pooh, ai vaccini, al risiko della piantina Ucraina. Un Rinascimento e Umanesimo quello giallo blu che avevamo vicino casa, di cui non ci siamo mai accorti! Nessuna simpatia per Putin da parte mia e di tante persone che la pensano come me, ma che hanno almeno un barlume di buon senso. Ho sempre avuto un sentimento profondo per l’Urss attraverso i miei viaggi: l’ultimo, l’indimenticabile crociera sul Volga da Mosca a Leningrado con la gigantesca statua di Lenin sulla diga che ti compare nella tiepida notte. E questi, mane e sera sui giornali e nelle gazzarre televisive, a testa bassa tirano fuori dai loro bauli di scampoli ammuffiti tutto il logoro campionario anticomunista. E magari dimenticano che sul palcoscenico delle storiacce ce ne sarebbero tante da raccontare sul nostro mastrolindo yankee: dalla guerra di Corea alla Baia dei Porci, il  Vietnam e poi Grenada e l’invasione di Panama, la Guerra del Golfo, la Guerra del Kosovo, senza dimenticare l’Afghanistan e l’Iraq; sempre loro, le sentinelle del mondo, che arrivano in Siria, in Libia, bombardano un po’ qui un po’ la: Yemen, Somalia, Pakistan, qualche colpetto di stato in Sud America,  e il gran finale stile passerella del varietà nel saluti e baci dall’Afghanistan. Certo ci sono le distruzioni, le fughe, i bambini che piangono, la disperazione che per racconti di famiglia conosciamo bene: la fame vera dei nostri vecchi senza gli aiuti umanitari, la fuga nelle campagne senza i pullman extralusso,  la conosciamo bene e ci viene da fare qualche pensiero cattivo, non sulla povera gente coinvolta e vittima, ma sul loro pifferaio funambolo ballerino che ha  rubato da subito la scena internazionale con i cosiddetti media affamati da questo fenomenale  grande fratello che non mollano e lo continuano ad esaltare nella sua smisurata voglia di protagonismo, sempre con la magliettina da poveraccio e lo sguardo strafatto. Da capo dello stato, anziché cercare di mediare per salvaguardare i propri cittadini li spinge allo sbaraglio con le bombette molotov: tutti a confezionarle in una festa sconsiderata. Altro è l’eroismo,  ma questo è sfrenato protagonismo di un folle, compiaciuto dell’applauso fragoroso della Camera dei Comuni al suo show. E te credo, in GB  è arrivata la miseria di 2.000 ucraini, da noi abbiamo superato la bellezza di 21mila, non di passaggio, ma decisi a farsi una nuova vita qui. In queste mattinate primaverili qui a Roma mi capita di trascorrere un’oretta all’aperto fra la strada e i portoni dei nostri condomini, e magari al giardino qui vicino. Con il portiere Ivano alcuni vicini e passanti si intrecciano i commenti fra persone di una certa età e di un certo livello culturale. La domanda del momento è : «Ma questo qui, questo ballerino, dove si è messo in testa di portarci? Ma chi è? Che vuole? Ogni giorno ne spara una. Parla della Terza Guerra Mondiale, e noi dovremo starlo a sentire e seguire come se fosse il Profeta? Ma chi ci governa non si  rende conto che questo è un mitomane, un Beppe Grillo al cubo,  a cui frega solo di fare l’eroe, straparla di terza guerra mondiale come se fossero noccioline?». Le persone comuni la pensano così. Così gli amici giovani di mio figlio e mia nuora, i conoscenti di famiglia, le amiche di telefono di mia sorella. E’ un sentire diffuso: «stavamo per uscire dall’incubo della pandemia, l’economia andava bene, perché ci dovevamo impiastrare con questi» si sfoga il macellaio: « non sono i negretti a testa bassa a raccogliere pomodori, uneurosignò, questi li conosciamo bene vengono a fare i padroni, non li ferma nessuno». Mentre soggiorno in un accogliente pronto soccorso l’infermiere si sfoga: «tanto questi faranno di tutto per non vaccinarsi, sono scaltri s’inventano che hanno gli anticorpi; ogni volta che si presentano ci creano problemi».  C’è dunque una guerra, e come tutte le guerre è brutta e facile da raccontare per i cronisti d’assalto con la scritta Press e magari l’elmetto per quello che è, e c’è la gente di questo nostro malandato paese che non si capacita perché ci siamo andati a infilare e a rischiare l’osso del collo. Ma chi ci governa ha valutato bene il ballerino pifferaio? Si è lasciato trasportare dall’onda mediatica del bene contro il comunismo del male? E Draghi ha capito che l’ignavo presidente USA non lo considera per niente. Di questa guerra, per gli yankee lontana, conta solo che egli ha recuperato qualche punto nei sondaggi. Nella sua bella patria con il codazzo occidentale che resuscita i crimini d’oltre cortina e magari della Cina, e così con un lieve passaggio di piuma cancella le pistolettate ai presidenti, i voti farlocchi e magari una simpatica Viareggio al Parlamento e due presidenti macchietta con il penultimo che magari aveva una bella moglie e questo che non è neppure un ex attore, un comico o un ballerino come il presidente Z. E cancella ad arte la miseria nera dei ghetti e le roulottopoli fatiscenti delle campagne americane. Per questo circo dovremo continuare a fare sacrifici, correre appresso ai prezzi della pasta, sperare che non ci siano razionamenti per il gas? Intanto prepariamoci al nostro mestiere preferito: l’accoglienza che, badate bene costa  e costa molto.

SILVIO SERANGELI

P.S. – Ai tempi in cui sedevamo allegri sul vulcano del sessantotto, l’indimenticabile maestra di vita, Maria Vittoria Zagari ci coccolava, ma ci avvertiva  che negli anni il nostro giudizio sarebbe cambiato, saremo stati più saggi e moderati. Aveva ovviamente ragione.