“CHE AMBIENTE CHE FA” DI LUCIANO DAMIANI – RIFLESSIONI SUI MOVIMENTI

di LUCIANO DAMIANI

Stimolato o se vogliamo, in risposta alla “cartolina” di Silvio Serangeli, apparsa su questo blog il giorno terzo di questo mese, mi sono sorti una serie di pensieri che mi piacerebbe mettere in fila componendo quindi delle riflessioni sull’ambiente, ovviamente, ma con riferimento ai movimenti ambientalisti, la loro azione ed il loro inserimento e funzione nella società di questi ultimi tempi, con un occhio attento alle vicende locali.
Da qualche tempo sono in cerca di risposte  alla seguente domanda: “perché il partito dei verdi ha un così basso consenso e perché i movimenti hanno un così basso seguito? Ad essere sincero la risposta non l’ho trovata, o meglio, non ne ho trovata una del tutto credibile, nel senso che manca sempre qualcosa. L’articolo di Serangeli, però, mi ha offerto una chiave di lettura che potrebbe avere un suo senso come risposta al quesito di cui sopra. Silvio ha elencato tutta una serie di battaglie accomunate, se non erro, dal “NO”. Il “no” al nucleare forse é stato il più eclatante per la mia memoria, ma molti altri ce ne sono stati, particolarmente sulle infrastrutture, una vasta produzione di manifestazioni “all’insegna del NO”, citazione dall’articolo di Serangeli.
Ad una riflessione fredda, non preconcetta, pare innegabile che ai tanti no, sempre legittimi, siamo in democrazia, non sono state affiancate proposte alternative. Non ricordo, ad esempio, che il movimento antinucleare abbia elaborato e prodotto proposte alternative, neppure in seguito, per soddisfare alle maggiori richieste energetiche, alla indipendenza, ma forse ho scarsa memoria. Credo comunque sia innegabile che molti “no” si son detti a prescindere, senza alternativa.

L’espressione della protesta é certo legittima, né sono i movimenti ed associazioni varie deputati a trovare soluzioni alle problematiche ambientali del nostro tempo, però é pur vero che una protesta accompagnata dalla proposta ha tutto un altro spessore tutt’altra credibilità. Forse questo può essere uno dei motivi della scarsa capacità di consenso, forse “l’insegna del NO” ha in se un grosso limite, il limite dell’estremismo come se il movimento ambientalista si rivolgesse esclusivamente al popolo dei talebani ambientali. Sarebbe interessante una ricerca che sondasse quanto il NO a prescindere sia all’origine ad esempio dello scarso apprezzamento elettorale. Certamente le motivazioni non sono mai uniche o assolute, i fattori sono certo molteplici, ma questo aspetto sarebbe certo interessante da esplorare.
Saremmo però ingiusti e scorretti se pensassimo che questa sorta di etichetta sia ancora assolutamente attuale. Sarà forse la maturazione dei movimenti, ma oggi le proteste sono spesso accompagnate da proposte alternative.  Bisognerebbe intanto capire quanto e dove l’ambientalismo del NO abbia frenato lo sviluppo. Siamo forse per questo in ritardo nei confronti degli altri paesi? Forse, ma é infatti pur vero che sta alla politica trovare soluzioni e le deve trovare anche nella considerazione delle legittime istanze dei territori o della popolazione, é la sua missione. Sta di fatto che, non meno per la incapacità della classe dirigente, politica e non, che il paese si trova spesso in ritardo su alcuni temi rispetto agli altri paesi occidentali. Il ruolo della politica e della classe dirigente di un paese é anche quello di affrontare e risolvere le problematiche che il paese deve affrontare, in quest’ottica appare sin troppo facile scaricare sui movimenti ambientalisti la responsabilità dei molti o troppi ritardi. Le dittature non hanno bisogno del consenso ma in democrazia l’ascolto ed il rispetto delle istanze dei territori é fondamentale. Questo non vuol dire che non esista, ad esempio, il superiore interesse nazionale, che tutto supera, ma vuol dire che occorre un serio impegno nel trovare soluzioni efficaci ma quanto più condivise possibile. Una guida in questo può essere lo stabilire quale sia l’interesse superiore, e non v’è dubbio che esista il primato della salute e della tutela dell’ambiente rispetto alle questioni economiche che pure vanno considerate ma con sapienza ed equilibrio, doti che non dovrebbero mancare al legislatore ed al dirigente.

I recenti avvenimenti hanno mostrato come i movimenti ambientalisti non siano più quelli del “NO” a prescindere, non é più una opposizione tout court ma vengono proposte soluzioni alternative. Per quanto é più vicino a noi possiamo citare ad esempio il percorso alternativo per la tratta Civitavecchia Monteromano della superstrada trasversale, oppure la proposta del parco eolico offshore e la funzione trainante di ENEL nelle sostenibili, in vista del Phase Out del carbone. In ultimo la protesta contro il biodigestore anaerobico é accompagnata dalla proposta di più digestori aerobici distribuiti nel territorio. 

Certo vi sono state anche opposizioni tout court molto ‘ideologiche’ che avrebbero meritato una discussione ed un confronto sereno con un esito, alla fine, accettato dalle parti, penso alla TAV o alla ‘Gronda’ per la viabilità ligure. Per inciso, anche senza opposizione il ponte Morandi sarebbe comunque crollato, tanto più che, la variante non sarebbe stata ultimata per tempo, ma questa é altra faccenda. Anche per la TAP non si trattava di un mero ‘NO’ ma si proponeva un percorso alternativo. Da cittadino mi vien da pensare che sia più facile e conveniente lo scontro piuttosto che il confronto costruttivo, chissà.

C’è dunque da chiedersi se e quanto il movimento ambientalista sia maturato o stia maturando, la transizione ecologica meriterebbe una forza prettamente ‘verde’ ben presente in Parlamento e magari nel governo del paese. Troppo spesso, a livello politico, le ragioni economiche e delle lobbies, ben presenti negli ambienti che contano, si scontrano con le ragioni del risparmio energetico, della salute e della tutela ambientale, il più delle volte vincono le prime, i conti economici e le lobbies hanno ben altro ascendente nelle stanze della politica e del governo. Non per niente sole, vento e risparmio energetico sono espressioni ancora troppo poco declinate. Una presenza ambientalista nei tavoli che contano che sappia proporre é dunque necessaria.

Alcuni imputano gli effetti nefasti dell’attuale crisi energetica, la mancanza di autonomia, ai “no” ideologici dei movimenti ambientalisti, passando per le mancate trivellazioni sino a rimettere in discussione il referendum sul nucleare, come se Cernobil, Three Miles Island e  Fukushima non siano mai esistiti. Quanti se la prendono con i ‘verdi’ forse non sanno o non vogliono sapere che la dipendenza energetica é dovuta anche e non poco ad altri fattori, ad esempio penso si possa dire che le estrazioni del gas sono state ridotte perché era più economica l’importazione, così come é più economico importare energia dal surplus energetico nucleare della Francia, più economico che produrla con gli impianti nazionali. Due questioni che sarebbe troppo lungo trattare qui, ma che danno il senso delle scelte strategiche di questo paese che ha, probabilmente con colpevole ritardo, guardato alle fonti sostenibili ed al risparmio energetico. Considerando le risorse fossili evidentemente sempre a buon mercato ed illimitate, la politica nazionale si é, con evidente colpevole ritardo, accorta della opportunità di utilizzare le fonti sostenibili, sole e vento che sono gratis, e di mettere in campo una efficace politica sul risparmio energetico. Ho toccato con mano come, grazie al ‘bonus ambientale’, il semplice rifacimento degli infissi abbia comportato per me un risparmio energetico notevole, un consumo di gas ridotto di circa il 35% rispetto al consumo nello stesso periodo dell’anno precedente. Una tale misura di risparmio non avrebbe meritato una ben più precoce iniziativa politica e programmatica? Decisamente si alla luce della crisi energetica attuale. Che dire poi di una quasi assente politica del trasporto pubblico e dello smart working? Che ognuno si prenda le sue colpe, quindi, gli ambientalisti per i forse troppi “no” a prescindere, e la politica per essere stata troppo sensibile a certi interessi e troppo poco lungimirante.

Alcuni anni fa feci preventivare la capacità produttiva di pannelli fotovoltaici sui terrazzi inutilizzati del mio luogo di lavoro, il risultato fu che la produzione energetica sarebbe bastata ampiamente alle necessità ed avrebbe anche prodotto un notevole surplus da rimettere in rete o da accumulare. Oggi le performance dei pannelli sono decisamente migliori di allora ma, intanto, i terrazzi della città sono ancora inutilmente spogli mentre avrebbero potuto già da tempo produrre energia, praticamente gratis e senza problemi legati al trasporto della stessa.

Forse il movimento ambientalista si é occupato poco di produrre proposte, si é fatto caratterizzare invece come “quelli del no”, forse avrebbe dovuto essere maggiormente propositivo, forse si, ma avrebbe potuto esserlo senza uno sbocco politico? Senza un partito presente in parlamento? Difficile da dire mentre é certo che la sensibilità ambientale non é molto diffusa nel paese.
Certamente una forza parlamentare importante potrebbe mettere in campo quella propositività ambientale che manca al nostro paese, penso al 20% dei ‘Verdi’ tedeschi, invece abbiamo una galassia di comitati ed associazioni che, non avendo lo sbocco propositivo negli ambienti deputati, sono confinati all’opposizione alle opere contestate, verrebbe da dire alle barricate in un confronto troppo spesso ideologico. Insomma, quello che manca al movimento ambientalista, non pare oggi essere la capacità propositiva, ma manca invece la rappresentanza istituzionale che trasporti le istanze dei movimenti nelle stanze che contano, li dove si prendono le decisioni.

LUCIANO DAMIANI

Foto di copertina: un momento di una manifestazione contro il biodigestore. Aut. Nicola Bonaiuto