“L’avrà cucinata in sarmì”
di VALENTINA DI GENNARO ♦
Nei primi anni del Novecento, il mio bisnonno Elpidio con il primogenito Angelo salpano da Palermo in direzione degli Stati Uniti d’America.
Una lunga traversata, la quarantena e poi il viaggio verso le miniere della Carolina.
Rimarranno in vita pochi mesi dopo il loro arrivo. Verranno assassinati dalla “mano nera”: così diceva la mia bisnonna Caterina che non volle più che si nominasse il nome del marito, reo, secondo lei di aver portato il figlio primogenito a morire lontano da casa.
“Omo de vino nun vale un quatrino” bestemmiava tra sé, mentre si muoveva con il bastone di crognolo e le gonne con la sottana. Altri quattro figli da crescere e due guerre mondiali davanti.
Nel viaggio da emigrati non erano soli e Elpidio e Angelino, li accompagnavano un’altra coppia di papà e figlio maschio primogenito, rispettivamente cognato e cugino dei miei avi.
Mio padre nel raccontarmi questa storia diceva sempre che la sfortuna della nostra famiglia iniziava lì, i nostri, morti a migliaia di chilometri da casa, gli altri invece tornarono anni dopo “co un vapore de quatrine”.
Quest’altra coppia di padre e figlio, infatti, iniziarono il loro lavoro di minatori.
Non erano i soli civitavecchiesi: alcuni tornarono dopo pochi anni di vita all’estero e portarono notizie alla moglie rimasta a casa.
Questa mia lontana parente venne così a sapere che il marito viveva “more uxorio” con un altra donna italiana emigrata e che, per giunta, faceva anche da madre al figlio!
Partì pochi giorni dopo appresa la nuova, Nonno Danilo la descriveva come una donna molto brutta e analfabeta, arrivò a Palermo, si imbarcò, giunse negli Stati Uniti d’America, quarantena a Ellis Island, poi il viaggio per la Carolina.
Senza parlare una parola di italiano corretto, figuriamoci di inglese.
Qui i ricordi si mischiano alla fantasia e al noir.
Si dice che quando arrivò al paesino di minatori e una volta scoperto il marito con la nuova compagna, di quest’ultima non si seppe più niente.
Danilo diceva: “je l’avrà fatta magná in sarmì a tutti quanti”.
Cominciò dapprima a cucinare, infatti, per i lavoratori e poi aprì un “drugstore”.
Letto proprio così come si scrive.
Da lì la loro fortuna e la possibilità di tornare in Italia.
Cosa avranno lasciato in me i racconti epici di queste donne, questa storiografia tramandata oralmente, condita di superstizione, miseria e fantasia? Un patrimonio da coltivare e tramandare.
VALENTINA DI GENNARO
Valentina cara resto stupita da tanta temerarietà e determinazione in un’epoca in cui la figura femminile “non osava, non poteva” soprattutto se non possedeva bellezza e agi! Tu, per quel poco che ti conosco, stai riscattando ampiamente questa tua ava! Ma dimmi….tu cucini il “sarmì “?🤔😃
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Devo trovare un ricettario!
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Valentina, peccato che alla fine la famiglia ha un limite numerico ed le storie terminano. Tu narri con concise ma efficaci frasi una realtà che sembra essere oggi lontana. Eppure è storia accaduta. I racconti di famiglia aprono uno scenario della città che i documenti e le fonti non fanno apparire. Per le bocche americane quel sarmì sarà stato ottimo. Dubito per i palati italici.
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Brava Valentina, questo scritto ha la vivacità di una chiacchierata fra donne, fra fornelli e ammiccamenti non troppo velati. A me ricorda la letteratura latino americana, tipo Donna Flor…
Del resto amore, passione, gelosia e “sgozzamenti” si legano bene con la nostra tradizione di fare “er sarmi”, tutto scuro scuro, con l’aggiunta pure del cacao amaro, per dare un po’ di gentilezza alla francese…
Forse per analogia con il colore ricordo le pastarelle di tuo nonno Danilo, eccezionali! Erano delle boules di cioccolato”ammassato”e ricoperte di scaglie di cioccolato. I palati fini le chiamavano “sfamasergenti”!
Non è che nonno Danilo seguiva il metodo sarmi?!
Auguri a tutte le donne, oggi!!!
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Bello. Mi ricorda un episodio di ” pomodori verdi fritti…”.
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Vero!
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Anche un fratello di mio padre andó in America ma spedito a velocità supersonica dalla madre che era amica di Don Sturzo a cui lo affidó; pare che appena diciottenne fosse diventato l’amante della moglie di un noto mafioso locale in quel di Mussomeli, zona ad alta densità mafiosa; poi si racconta che in America le cure di Don Sturzo non gli evitarono cattive frequentazioni: si racconta che fu inviato da Lucky Luciano a preparare lo sbarco degli alleati in Sicilia……. Forse il mafioso cornuto nel frattempo era defunto😂😂😂😂
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Un racconto da “Mondo nuovo”! Bellissimo ritratto di donne poderose e coraggiose… E anche gelose dei loro uomini.. Una cartolina di un passato che a noi pare mitico e condito (al sarmi’) di particolari succosi.Ma era storia vera, microstorie che si inserivano nella macrostoria del Novecento e che ci restituiscono sapori culturali perduti nell’omogeneizzato globale. Grazie Vale!
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Bella,molto bella questa storia che, mentre si legge, si riesce a vedere come un film. Storia vera che ti appartiene che ti fa sentire un legame di affetti ,le radici della tua vita. Bella, mi piace molto.
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