Cambiare musica e cambiare sguardo
di CATERINA VALCHERA ♦
Per oltre due anni siamo stati i destinatari di un’informazione riguardante il rischio sanitario che continuamente indulgeva – in modo improprio – a un lessico bellico, a metafore e similitudini riconducibili sempre all’area semantica e percettiva della guerra: prepararsi ad affrontare il virus, il nemico, difendersi dall’impatto con la proteina che avrebbe scatenato nel nostro corpo una guerra devastante, alzare muri vaccinali, creare cinture sanitarie contro l’espandersi del contagio. Mancavano solo i cavalli di Frisia. Ora la guerra non è metafora, non è medium per indicare altro, è metaforica solo in senso etimologico perché trasporta con sé rovina, lacrime, lutti, persone e cose. In un effetto di trascinamento inarrestabile, spazza via la felicità sociale in modi violenti e repressivi. Non me ne vogliano i maschi del nostro amato blog, ma a me in questo momento viene in mente, e in soccorso, Virginia Woolf, sì lei, la grande femminista e pacifista Virginia. I cavalli di Frisia che possiamo costruire noi qui sono immateriali, ma hanno la pesantezza delle idee e delle parole di pace che Virginia scrisse. Parole di relazione contro parole di distruzione, separazione e morte. Voglio pensare attraverso lei, affidarmi pensieri di una donna che ha posto al centro della sua opera e della sua vita un’idea “altra” di socialità e vitalità, uno sguardo sicuramente anomico per i suoi tempi, ma sempre attuale. Vediamo in queste ore scorrere immagini soprattutto di donne che fuggono con i loro figli, donne strette nella morsa di un potere che non hanno voluto o a cui non hanno attivamente contribuito, donne che conoscono perfettamente il bene e il male, come tutte le donne, il dolore e la resistenza, la fatica del vivere e l’accompagnamento al morire. Ma che non amano il pensiero coatto, la propaganda muscolare- fatte poche patetiche eccezioni- il richiamo alle armi e all’aggressione. Virginia assiste spaventata e incredula al sorgere del nazifascismo, perde un nipote nella guerra civile di Spagna e commenta What a wast!, un misto di orrore e ironia per una sorte come quella della guerra che impone per l’appunto un tale “spreco”, la desolazione della morte di un giovane in fiore. Che si può fare? – si chiede Virginia- se non contrapporre la singolarità, la diversità femminile per guardare le cose da un altro angolo visuale, con un altro sguardo capace di smascherare il conformismo politico dei meccanismi di potere? Nel suo feroce pamphlet Il libro contro la guerra le dichiara la sua guerra personale, sacrificando anche le sue scelte di scrittura per un vero impegno pacifista.“La guerra rende tutti schiavi della forza” che è, a suo avviso, “la più sordida delle esperienze”. Confessa di temerla, di odiare quella macchina di morte, ma insieme la sente come qualcosa di irreale, quasi una generica astrattezza irreparabile, che atterra l’individuo, il personale e il privato in un’anonima indifferenza nei confronti della persona. Ne Le tre ghinee rileva proprio questo paradosso storico, dei maschi pre-potenti che non possono poi lottare contro le loro stesse proprietà specifiche, i loro attributi virili: sarà piuttosto compito della donna “emancipare” l’uomo, intonare nuovi canti nell’esercito e nell’esercizio di un pensiero alternativo. Nel suo micro-saggio Pensieri di pace durante un raid aereo, composto per un simposio negli Stati Uniti del ’40, ma pubblicato postumo nel ’42, la Woolf tesse un discorso critico pensato per suggerire soluzioni pratiche e proporre strategie pacifiste agli alleati pronti a scendere in guerra; anche in questo scritto non rinuncia a parlare dei diritti delle donne, sulla base sempre dell’identificazione patriarcato-fascismo e ad esprimere la certezza preventiva che anche i suoi amici di Bloomsbury non l’avrebbero apprezzata in un momento tragico come quello. Ma il suo insegnamento perenne è che il privato e il pubblico sono intimamente legati e che c’è qualcosa di inammissibile sul piano pubblico nei corpi dei morti, nella profanazione dell’unità della figura umana. Macerie e cadaveri sono una realtà in cui non bisogna entrare, cui non bisogna aderire, neppure per odio emotivo. La donna inglese sdraiata al buio sotto il rumore degli aerei.. come può lottare per la libertà se non fabbricando idee di celebrazione della vita contro quel “rantolo di morte”? Tuttavia, perché le idee raggiungano l’obiettivo, debbiamo essere in grado di innescarle ( ecco le bombe al femminile di Virginia!), di metterle in atto..[…]I politici e gli strateghi che occupano posizioni da cui poter realizzare delle idee, sono tutti uomini.[..] In quest’istante è come se gli aerei che passano mi segassero un ramo sopra la testa. Rombano intorno, continuando a segare giusto sopra il tetto e all’unisono un suono simile scava un varco nel cervello.[..]La verità è che stanotte siamo tutti egualmente soggiogati e fatti prigionieri, gli uomini inglesi negli aeroplani, le donne nei loro letti.[..]Cerchiamo di portare allo scoperto… l’Hitlerismo inconscio che ci imprigiona, il desiderio di aggredire, dominare, schiavizzare.[..]Paura e odio sono emozioni sterili, infruttuose… Gli attuali strateghi crederebbero davvero che la semplice parola “disarmo” scritta su un pezzo di carta a un tavolo di trattative (mi viene da chiosare “dove sono sempre escluse le donne”..) basti a far cessare le guerre? Il mestiere sarà forse abolito, ma Otello continuerà a esistere.
Parola di Virginia Woolf.
CATERINA VALCHERA
❤️
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Caterina siamo, purtroppo, tutti impegnati nel comprendere il reale così come tragicamente si presenta. Le parole di Virginia Woolf sembravano appartenere alla storia. Ed invece,gli aerei che segano sono in questo momento a Kiev.
Dovevamo col III millennio prender coscienza di tante cose positive:
prender coscienza ecologica.
prender coscienza antropologica (unità\diversità umana)
prender coscienza di una solidarietà planetaria in un cosmo vastissimo
prender coscienza di un destino comune (esser qui, dasein, senza un perchè).
Ed invece!
Invece siamo ancora di fronte all’antico culto tribale dell’ Homo Sapiens Demens col suo culto della Patria.
Siamo entrati con la II guerra mondiale nella “fase Damoclea”, pensavamo di uscirne. Ci sbagliavamo.
La Patria deriva da pater.
Perchè non pensare alla “Matria”?
Matria racchiude tutto il senso che tu dai al femminile come non soltanto vittima e soggetto di dolore per i figli morti, ma come possibilità di redenzione dalla fase damoclea e dalla triste presenza dell’Homo Sapiens Demens (non è mai un singolo, ma una sottospecie abbastanza diffusa nello spazio e nel tempo).
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, ❤️
Di Maria di Betania si parla solo nei Vangeli apocrifi perché Pietro vuole solo la Maria Maddalena.
❤️❤️❤️
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Ho sbagliato. Era Maria di Magdala.
Maria di Betania veniva solo rimproverata per il “costo” dei profumi.
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Caterina, non parlo del contesto bellico, perché tu lo hai interpretato in modo esemplare. Rimando solo a quella atmosfera che tu hai saputo creare, tipica di una scrittura femminile.
Maria di Magdala è la conclusione, ed anche l’inizio temporale, di una serie di letture alle quali, oggi, tu mi hai avviato. Potrei quindi concludere con questa donna, Maria di Magdala, guarita da Gesù e liberata dagli spiriti maligni, forse una malattia mentale o una depressione, diremmo noi. Si mise al seguito del maestro e doveva costituire un punto di riferimento importante, ma presentare i fondamenti della fede sulla base di ” vaneggiamenti di donne” appariva inaffidabile. Con il passare del tempo, nella predicazione, le tre Marie si fusero e fu gravida di implicazioni l’ identificazione con la “peccatrice”. Di Maria di Magdala si sono avute letture intense da parte degli Gnostici, ma mai è stato messo in discussione il predominio maschile. Maria Maddalena, la peccatrice, non sarà mai una interlocutrice ed una predicatrice.
Ho continuato per ” celebrare” da sola, senza cortei e manifestazioni, questo silenzioso otto marzo sfogliando romanzi e drammi teatrali che , con Virginia, hanno attraversato la mia storia di lettrice, Santa Giovanna dei Macelli, Madre Courage e Madame Bovary, per la quale l’azione cede al sogno dell’azione. Anche in lei c’è come in Virginia quasi una sospensione tra attesa-delusione- attesa, ma per Virginia, donna in carne ed osa, l’ultima attesa culminerà in un suicidio, romantico…romantico…,Ora sembra che i tempi di scrittura, e i poteri e le capacità, delle donne siano ampliati, piacciono i ” vaneggiamenti ” di donne, ma i tempi di scrittura sono ancora degli uomini. La differenza di genere e la rivalutazione del femminile sono prontamente rivendicate da uomini: lo psicanalista é dalla parte del ” non tutto” e il filosofo da quella della ” differenza”. Il pensiero e lo scrivere ” diviene donna”, ma non coinvolge il divenire delle donne.
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Ho amato la Woolf dalla prima volta che lessi un suo libro, mi sembrò a me appena adolescente, che rappresentasse tutto quello che volevo essere; festeggiare oggi l’8 marzo con una guerra devastante alle porte mi conferma ancora di più della necessità di operare un cambio di paradigma anche nelle nostre strategie di lotta per il riscatto della condizione femminile e la necessità di trovare nuove strategie di lotta. Rimane la desolazione e la tristezza nel cuore
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Tuffati nella melmosa, incerta atmosfera degli anni trenta, stiamo qui dinanzi alla consueta domanda: che fare?
I guerrafondai dovrebbero aver paura di Virginia Woolf, del suo pensiero lucido,tagliente, analitico (“Ci chiediamo soltanto perché quell’educazione facesse sì che chi la riceveva fosse consciamente e inconsciamente in favore della guerra.”).
Caterina, in questo giorno era quanto mai opportuno parlare dell’ impegno civile della scrittrice inglese. Grazie
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