EMOZIONI SULLA GUERRA – MANIFESTAZIONE A BERLINO CONTRO LA GUERRA IN UCRAINA

di MARINA MARUCCI

Non è facile parlare di guerra. Non è facile parlarne senza incappare nella retorica perché  a parole siamo tutti contro la guerra. Ma oggi che la vediamo  davanti ai nostri occhi, in una Europa che ne è   stata indenne per più di settanta anni, fa veramente un altro effetto. Certo  dopo il 1945 i conflitti ci sono stati, anche vicino a noi, come nell’ex Jugoslavia, ma quest’ultimo si percepisce come qualcosa di diverso, con una portata storica epocale. Per come la vivo rappresenta la fine degli ideali di convivenza pacifica, che dopo la caduta del muro di Berlino avevano ridisegnato il mondo. Non voglio fare un’analisi  geopolitica dei motivi che ci hanno portato a questo  disastroso  conflitto tra l’ Ucraina e la  Russia, che sembra la riproposizione di Davide contro Golia, lascio tali   considerazioni a chi è più bravo di me,  preferisco  dare voce, corpo  e sostanza alle emozioni. Questa guerra viene combattuta anche con  le  immagini  trasmesse in TV, attraverso   le informazioni che ci arrivano su i nostri  telefonini, le insistenti fake news, le false dichiarazioni,   insomma da  tutto l’apparato social che la fa vivere nelle nostre case. Le incursioni di Anonymus dentro   la  televisione russa, gli attacchi cibernetici ai sistemi di protezione degli apparati  statali, ci dicono che il conflitto travolge ogni aspetto del nostro quotidiano, senza mai staccare e senza risparmiare nessuno. L’ansia di conoscere e sapere le notizie ci coinvolge costantemente. Vorremmo essere rassicurati, per verificare quanto  durerà lo stato di incertezza totale in cui dovremo  ancora  vivere , dopo  due anni di  devastante pandemia da Covid 19.

In molti  hanno voluto credere che i contingenti militari russi, ai margini del  territorio Ucraino, rappresentassero soltanto  “l’ esposizione muscolare della potenza vicina o  semplici esercitazioni”, per poi scoprire che  la realtà era ben altra.  E’ l’ illusione di questo tempo dalla memoria fluida e dai rapporti virtuali, dove ogni aspetto della nostra vita può essere rimodellato artificialmente.   Risulta straziante  vedere in diretta, commentate dagli  inviati,  le città ucraine  diventate spettrali,  con i  palazzi svuotati dai loro abitanti  stipati in rifugi, nell’attesa del  prossimo bombardamento del tutto simile al 1940; come  le immagini   dei  Tank russi, affossati nelle  trincee scavate a difesa delle città come in  ogni guerra convenzionale.   Un pugno nello stomaco sono  i civili nelle stazioni della metropolitana, così indifesi, che cercano, insieme ai loro affetti più cari, (compresi cani e gatti) di trovare riparo dalla pioggia di bombe che nessuno sa dove potrà cadere. Lacerante è ascoltare  quella voce che grida rispetto per tutti  i profughi, sia quelli Ucraini, accolti benevolmente dalla nazione Polacca, sia per gli  sventurati provenienti dalla Siria, dall’Afghanistan ed Iraq, visto che  alle sue frontiere la Polonia ha costruito  un bel muro di filo spinato, rigettandoli  indietro, come fossero creature di un Dio minore.

 Su i social molti postano le parole sulla guerra  di Gino Strada, un uomo che ha conosciuto molto bene gli effetti collaterali delle bombe sui civili inermi, ma, lasciatemelo dire, forse le percepiamo come  frasi assolutorie che ripetiamo a noi stessi, per non sentirci troppo responsabili, ma lo siamo, siamo tutti coinvolti.

Vivo un sentimento di notevole frustrazione perché noi,  “ragazzi dell’Europa”,  non siamo stati in grado di capire appieno, come  scrive Serge Latouche nel suo libro “Il mondo ridotto a mercato” (edizioni lavoro 1988)  cosa significasse  l’idea di  un pianeta dominato del pensiero unico e dalla globalizzazione, credendo che l’economia mondializzata, fondata sul liberismo economico più “rigoroso”, oserei dire spudorato, avrebbe  regolato  i meccanismi economici,  riducendo le disuguaglianze sociali ed evitato così i conflitti: il risultato è sotto gli occhi di tutti.

 Sono anche convinta che nella cancelleria mondiali  ci sia troppo testosterone. Soltanto gli uomini prendono decisioni e le poche donne che ne fanno parte hanno lo stesso loro linguaggio, perché  usando  quell’unica modalità sono arrivate ai posti di comando, per essere poi, a volte, pure sbeffeggiate. Un esempio : basta ricordare la  figura meschina dei vertici europei davanti ad Erdogan, padrone della Turchia,  che molto “garbatamente” impedì  alla mite e tranquilla Ursula von der Leyen di sedere al suo cospetto, quindi alla pari.  Ed ancora, purtroppo, siamo costretti a vedere nel   XXI secolo le donne sfollate con i  figli, gli anziani genitori o parenti, attraversare i confini, perché i loro uomini rimangono a combattere al fronte,  inteso come la  difesa delle case, delle città, della loro terra, del sacro suolo della “patria”violata, come in tutte le guerre.   La retorica dell’eroe, quasi sempre di sesso maschile,  dell’uomo solo al comando e del conseguente nazionalismo, dovrebbero essere concetti  obsoleti per noi  Europei civili e  democratici,  i principi ispiratori dell’Europa  Unita erano ben altri, ma oggi  vengono  rivitalizzati da  nazionalismi e populismi sempre più presenti , non soltanto nel nostro continente. Forse uno spazio maggiore all’approccio  al  femminile, un minore ruolo  da attribuire all’economia  nel quadro delle attività umane, aiuterebbe a far capire a noi donne e  uomini dell’Europa quale potrebbe essere un’altra strada da percorrere per il futuro nostro e dei nostri figli, rendendoci più vicini alle istituzioni democratiche, così in pericolo e da qualcuno considerate superflue.

Mi è rimasta molto impressa la foto della piccola nata  dentro la metropolitana di Kiev, durante i bombardamenti: qualcuno ha parlato della  “prorompente volontà del  manifestarsi di una  nuova  vita”, malgrado la distruzione intorno, forse è vero, ma la forza è rappresentata anche dalla donna che l’ha preservata con amore  per nove mesi, dando  la possibilità  a sua figlia di nascere.

MARINA MARUCCI