ALMANACCO CIVITAVECCHIESE DI ENRICO CIANCARINI – Maria Fulvia Bertocchi, salotto e teatro.
di ENRICO CIANCARINI ♦
Nicola Cavalieri di San Bertolo nacque a Civitavecchia il 30 dicembre 1788 dalla civitavecchiese Giovanna Costa e da Giovanni, comandante del forte, nativo di Comacchio. La famiglia nel 1798 si trasferì nella “piccola Venezia” emiliana. Nicola fu un insigne ingegnere e presidente della Pontificia Accademia dei Nuovi Lincei e membro di molte altre istituzioni scientifiche. Morì nel 1867, la sua città natale gli dedicò la piazza di fronte alla Chiesa del Ghetto. Quando questa fu scelta per innalzarvi il monumento ai Caduti della Grande guerra e fu ribattezzata Piazzale degli Eroi, Cavalieri di San Bertolo dovette sloggiare ed accontentarsi di una via più periferica. Molti civitavecchiesi, ancora oggi, credono che Cavalieri di San Bertolo non sia un cognome ma un antico ordine cavalleresco.
Maria Fulvia Bertocchi nacque a Civitavecchia il 29 giugno 1775 dalla civitavecchiese Rosa Mordacchini, già vedova Ferri, e da Giovanni, esperto ragioniere della Reverenda Camera Apostolica. Dopo pochi anni, i Bertocchi si trasferirono a Roma. Maria Fulvia fu una scrittrice e drammaturga molto apprezzata nella capitale e in Italia, fu membro di numerose accademie, nel suo salotto ospitò illustri letterati e famosi uomini di teatro. Civitavecchia non le ha dedicato alcuna via.
Nelle ricerche che sto portando avanti per La Marchesa e le zitelle. Donne nella storia di Civitavecchia mi sono imbattuto in questa figura femminile che nella prima metà dell’Ottocento fu protagonista attiva della scena culturale romana con le sue opere teatrali e con il “salotto” mondano e letterario che animava la sua casa.
Il suo primo biografo, Ubaldo Maria Solustri, la commemora nel 1877 nell’adunanza generale dell’Accademia dei Quiriti; i Pensieri su Fulvia Maria Bertocchi sono pubblicati dal Buonarroti. Erano trascorsi venticinque anni dalla morte, avvenuta il 16 gennaio 1852, centosettanta anni fa. Solustri ricorda la sua nascita: “Rosa Mordacchini ancora in fresca età rimaneva vedova di certo Ferri, con due figliuoli giovinetti, Luigi e Teresa, quando disposavasi a Giovanni Bertocchi, esperto ragioniere. Al 29 di giugno del 1775, essendo impiegato nelle dogane di Civitavecchia, divenne padre di Fulvia Maria”. Pochi anni dopo, la famiglia si trasferisce a Roma in Via dei Coronari in “quella casa che fa angolo alla contrada chiamata del Micio”.
Dopo la morte dei genitori, è il fratello Luigi ad occuparsi di lei assegnandole “un quartiere libero, le cibarie, e una pensione vitalizia da potersi godere una vita modesta ma tranquilla, applicata ai suoi cari studi e alle sue cure donnesche”.
Nella tragedia in versi Aristobolo (1806), l’editore veneziano, Antonio Rosa, fornisce alcune notizie biografiche dell’Autrice: “sin dalla più tenera età mostrossi cotanto inclinata alle lettere, che un amoroso zio suo giureconsulto aver volle speciale cura della di lei educazione. Questa così felicemente riuscì, che già nell’adolescenza la giovinetta Bertocchi possedeva la lingua latina e la francese, né i tre lustri ancora avea compiuti, che anche nel greco era essa espertissima. Del pari colta nella lingua italiana, nella storia, nella filosofia, e in ogni studio filologico”.
La sua prima opera è stampata nel 1797, Breve istruzione de’ principali successi del vecchio, e nuovo Testamento ai fanciulli cristiani. La recensisce il Giornale ecclesiastico di Roma nel numero del 5 agosto in cui loda la giovane Fulvia Maria “la quale ha impiegato i suoi femminili talenti nella lettura e studio della sacra storia per essere di vantaggio a se, ed agli altri, anziché nel leggere e contemplare inetti Romanzi, e favolose storie, le quali riempiono il capo di idee chimeriche, e di sognate, e false virtù, onde contribuiscono non poco a guastar la mente ed il cuore”.
All’età di trenta anni ha già pubblicato undici tragedie e sei commedie, molte delle quali messe in scena a Roma. I biografi accennano alla debolezza di recitare nei suoi drammi anche in tarda età.
Nel 1821 a Roma sono stampati la Raccolta di n. 100 soggetti li più rimarchevoli dell’Istoria greca e la Raccolta di n. 100 soggetti li più rimarchevoli dell’Istoria romana. Sono illustrati dal famoso incisore Bartolomeo Pinelli e corredati dai testi esplicativi di Fulvia Bertocchi, in italiano e francese.
Nel 1824 Ginevra Canonici Fachini pubblica a Venezia il Prospetto biografico delle donne italiane rinomate in letteratura in cui celebra la Bertocchi “nome che fra gli eruditi gode meritatamente”. Puntualizza che è celibe, ama recitare, rallegra gli amici mettendo in scena rappresentazioni teatrali da lei scritte recitate in un piccolo teatro di società. Membro dell’Accademia dei Vecchi Imperiti frequenta il Teatro Capranica, il Clementino, il Pace, il Valle. Successivamente al 1830 deve accontentarsi di mettere in scena le sue opere nel salotto di casa.
È accolta nell’Arcadia dove assume il nome di Mirtinda Tespiense, nell’Accademia degli Aborigeni è appellata Palmira, inoltre è socia della Tiberina e dell’Esquilina. Nelle accademie romane ha la possibilità di conoscere e frequentare letterati e commediografi che poi invita nel suo salotto per conversare di letteratura e teatro, spesso li invita ad assistere alle rappresentazioni delle sue commedie e tragedie nel “domestico teatro” in cui si riserva sempre una parte.
L’accademico Solustri chiude i suoi Pensieri con questo ampolloso elogio della scrittrice:
“Oh! Vorrei che tutte le donne del mio paese avessero tutte le virtù, e tutti i nei di Fulvia Maria Bertocchi, tutti i meriti e tutte le sue colpe … perché le Fulvie Marie Bertocchi non vivono in ogni contrada, e in ogni tempo”.
Dopodiché, il sipario cala inesorabile per decenni sulla figura e le opere di Maria Fulvia Bertocchi finché la storica ed archivista Serena Dainotto pubblica nel 2010 e nel 2012 due saggi apparsi in alcune opere collettanee: “Il teatro educativo di Maria Fulvia Bertocchi (1775-1852)” e “Il salotto di Maria Fulvia Bertocchi” rivalutando la sua figura di protagonista della scena culturale romana nella prima metà dell’Ottocento.
La giovane Bertocchi si trova a vivere nella Roma repubblicana del 1798/99 in cui la vita culturale esce da un lungo letargo e soprattutto il teatro assorbe dalla Francia rivoluzionaria gli immortali ideali di liberta, eguaglianza e fratellanza.
Nel 1798 la “cittadina” Fulvia Bertocchi mette in scena la tragedia Eteocle. Lo ricorda Renzo De Felice nel saggio La vita teatrale nella Roma repubblicana del 1798-99 (1954) in cui scrive che le “Effemeride letterarie di Roma diedero nel loro numero dell’anno VII vari estratti, esprimendosi in modo estremamente favorevole sia sull’opera che sull’autrice”.
La Bertocchi non si limita a scrivere, a mettere in scena e a recitare le sue tragedie ma propone al governo repubblicano un Progetto per un teatro nazionale e per un’accademia relativa ad esso. La Dainotto ha rintracciato il manoscritto all’Archivio di Stato di Roma. Scrive:
“Tale iniziativa sorprende per l’audacia con cui la promotrice espone le sue idee, tenuto conto del particolare contesto romano che aveva visto per lungo tempo l’esclusione delle donne dalle scene teatrali. Una giovanissima donna, non nobile e non ricca, ma favorita solamente da una grande cultura e animata da profondi ideali, la cittadina Bertocchi, emerge così da protagonista, chiedendo all’Istituto nazionale di prendere in considerazione il suo ambizioso progetto dalla doppia valenza, culturale e sociale”.
Finita l’esperienza repubblicana, la Bertocchi non abbandona la scena culturale capitolina ma prosegue la sua attività letteraria e teatrale nel suo salotto. Scrive la Dainotto:
“Non sappiamo esattamente in quale periodo la Bertocchi abbia iniziato ad aprire il suo salotto ai migliori ingegni letterari di Roma, ma si può arguire che già sul finire del periodo francese rappresentava un valido punto di incontro per i giovani talenti”.
Fra di essi scopriamo il giovane Giuseppe Gioachino Belli che ammirava la “geniale Fulvia Bertocchi, nel cui salotto e relativo teatrino, il Poeta assai probabilmente fece le prime armi”. È Guglielmo Ianni, principale biografo del Belli, a ricordarlo. Nel salotto di Fulvia Bertocchi, “singolarissima donna”, oltre al Belli si potevano incontrare Cesare Sterbini, librettista del Barbiere di Siviglia, e Jacopo Ferretti che per Rossini scrisse il libretto La cenerentola.
Quel salotto poteva essere frequentato da studenti e letterati civitavecchiesi? Di Belli conosciamo gli anni trascorsi in città, Ferretti frequentava Civitavecchia in cui aveva caro amico e collega Francesco Flammini dei Magazzini camerali di sale e tabacco. L’avvocato e letterato Benedetto Blasi, in rapporti stretti con il Belli, il giovane studente e poeta Paolo Calisse, “bazzicavano” il salotto di Maria Fulvia Bertocchi? Non lo sappiamo ma ci piace crederlo visti i rapporti di amicizia che i due cittadini civitavecchiesi coltivavano nell’ambiente letterario capitolino in cui la Bertocchi era protagonista ben conosciuta.
Un’altra storia dimenticata che propongo agli amici e lettori nel tentativo d’inserire a pieno titolo Maria Fulvia Bertocchi, nata a Civitavecchia, nell’ideale Pantheon dei nostri concittadini che ben si adoperarono per la cultura italiana.
ENRICO CIANCARINI
È molto probabile che frequentassero il salotto della Bertocchi perché le “salonnieres” esercitavano una forte attrazione per i giovani e la funzione di sponsor per artisti, letterati e compositori.. Chopin ebbe in George Sand il suo mecenate, ma anche in Italia erano molte le signore i cui salotti nell’Ottocento svolgeranno lo stesso ruolo delle Accademie del ‘700.Molto interessante la biografia della Bertocchi, poliedrica protagonista non solo della scena letteraria ma anche della politica attiva!! Grazie per questo nuovo cammeo femminile!!
"Mi piace""Mi piace"
Maria Fulvia sarebbe inserita a pieno titolo nel Pantheon. Così attuale con il suo coraggio di servirsi della propria intelligenza. Si sentono ancora i manifesti illuministici: l’uscita della “donna” dallo stato di minorita’. Ma il romanticismo inizia la sua epoca, e Maria Fulvia inizia la sua carriera letteraria con studi storici sulla vita di illustri uomini greci e romani. Vive,, nella Roma del cardinal Consalvi, del liberalismo moderato, dove la borghesia della sua famiglia, ossia la borghesia degli avvocati, del ceto impiegatizio e commerciale chiede un sistema liberale, già sperimentato nell’occupazione francese. In Lei è tipico il forte richiamo alle tradizioni storiche della cultura omantica, che mirava alla formazione di una coscienza nazionale. Le Accademie, le associazioni(tu nomini Buonarroti???) tendeva o a rompere i ponti con la cultura del passato e poi il teatro e la musica!, che assorbono gli ideali di fratellanza!
Maria Fulvia”scrive, mette in scena, recita”, propone un Progetto per un teatro nazionale! (quando le donne erano escluse..)
"Mi piace""Mi piace"
Mi piace questa sua anima libertaria e, forse, il salotto frequentato dal Belli e Benedetto Blasi. Di sicuro romantica, per la sua frequentazione di giovani artisti e Lei stessa artista. I quel clima il ruolo della musica fu fondamentale e la donna esaltata come entità superiore anche per la sua sensualità… È donna Madame de Stael e non dimentichiamo la rivendicazione della dignità
femminile.
"Mi piace""Mi piace"
Grazie dei vostri commenti. Questo articolo sarà presto un capitolo del mio prossimo libro “La Marchesa e le zitelle. Donne nella storia di Civitavecchia “.
"Mi piace""Mi piace"