IL TEATRO TRA VERITÀ E DENUNCIA: MARIO TRICAMO – 2. L’infanzia e l’adolescenza
di GIULIA MASSARELLI ♦
Secondo di tre fratelli, Mario Tricamo nasce il 4 febbraio del 1954 a Messina da una famiglia di modeste condizioni. Madre casalinga e padre marinaio sui traghetti, dopo ripetuti spostamenti, nel 1966 la famiglia Tricamo è costretta a trasferirsi e stabilirsi definitivamente a Civitavecchia.
Questo cambio di rotta, traumatico per il fratello maggiore Antonio, ormai diciassettenne e poco flessibile ai cambiamenti, per Mario è stato un vero e proprio trampolino di lancio: infatti, si adattò con facilità al nuovo ambiente, cercando sempre di scoprire nuovi spazi dove poter librare la propria fantasia.
Curioso ed affamato di novità, all’età di quattordici anni segue il fratello Antonio nel mondo del teatro e calca il suo primo palco: da quel momento nascerà in lui la passione per lo spettacolo, una passione che non lo lascerà più.
Mario Tricamo non era mai superficiale, l’ironia e la leggerezza lo rendevano una persona socievole e benvoluta da chiunque lo incontrava. Amava leggere, viaggiare con la fantasia, raccontare storie ai propri nipoti che tutt’ora vedo in lui un modello da seguire. Mario Tricamo non ha mai smesso di inseguire le proprie passioni, ciò che gli faceva vibrare l’anima, che lo emozionava e lo rendeva felice.
Affascinato dall’arte, in tutte le sue forme, gli piaceva andare al cinema ed amava vestirsi bene. Elegante nel suo stile, astuto e brillante, non apprezzava essere contraddetto.
Non solo una sensibilità artistica già albergava nello spirito famigliare, ma anche un’apertura mentale non indifferente per i tempi che correvano.
Nessuno dei tre figli ha continuato il lavoro del padre: Antonio e Mario ammaliati dal palcoscenico, hanno seguito la scia del teatro; il più piccolo, invece, sempre sensibile all’arte, ha indirizzato la sua creatività al mondo della musica in qualità di batterista.
Mario era anticonformista, non sopportava la routine, la quotidianità, la ripetitività delle cose. Gli piaceva arrivare immediatamente al punto, senza compromessi, senza indugi.
Per lui era importante reinventarsi continuamente, scoprire, indagare: ogni chilometro in più che gli appariva lungo il corso della sua strada, doveva rappresentare la novità.
Ed è proprio nelle prime volte, negli incontri fugaci, nelle brevi, intense e numerose esperienze, che Mario Tricamo ha saputo captare i migliori strumenti del mestiere, facendone tesoro, fino a farli propri.
Quella dell’artista siciliano è una vita spesa a inseguire le proprie passioni con grinta e determinazione, conquistando piccole e personali vittorie con sudore, studio ed impegno fino a quando anche le forze, o meglio la memoria, colma di idee e parole, ha cominciato ad abbandonarlo.
Dopo la scuola media, che iniziò direttamente a Civitavecchia, conseguì il diploma al liceo classico. Indubbiamente, oltre che a istruire e garantire un’ampia cultura, il liceo classico ha spronato Mario alla ricerca della bellezza, a dare forma alle idee, alla creatività. È così che all’età di diciotto anni, durante il periodo liceale, porta in scena le sue prime regie.
Come un pellegrino, Mario andava spesso a Roma, sia per fare teatro – per fare esperienze e crescere nell’ambiente – che per amore, un indistruttibile, eterno amore durato tutta la vita. Se per indole artistica aveva sempre bisogno di nuovi stimoli ed idee, il suo punto fermo, la stella fissa, era la famiglia, i due fratelli; amava Civitavecchia, città che lo ha visto crescere, dal quale è fuggito ma solo per tornare più saggio e saturo di esperienze. Non ha avuto figli ma un bellissimo rapporto con i suoi adorati nipoti – come ricordano gli stessi – che lasciò, ancora non sazi delle sue storie, nel 2008 a soli cinquantaquattro anni per le conseguenze dell’Alzheimer, malattia che ha cancellato la sua memoria ma non i nostri ricordi.
Il periodo filodrammatico (1968 – 1975)
Mario si avvicinò al teatro quasi per gioco, seguendo il fratello più grande che a sua volta decise di iscriversi a delle lezioni di teatro trovando un annuncio per strada. La prima compagnia teatrale di cui fecero parte era la compagnia di Pino Leone, a Civitavecchia. Pino Leone, appena venticinquenne, comincia la sua formazione grazie ai corsi di recitazione e regìa tenuti da Orazio Costa presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico e a quelli del Centro Studi Stanislavskij; terminati gli studi, fece tesoro di quanto appreso e lo ripropose a Civitavecchia. Così facendo, con il suo corso di recitazione offrì la possibilità a tanti ragazzi, come Mario e Antonio, di dare spazio alla propria vocazione. Con il patrocinio dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo e dell’Assessorato alla Cultura di Civitavecchia, Pino Leone fonda e dirige il Gruppo Teatro Studi Aristide Baghetti – in memoria dell’attore professionista di Civitavecchia – avviando il Corso di teatro. Fu proprio questa la prima esperienza teatrale dei fratelli Tricamo.
Il Gruppo ha operato ininterrottamente, sempre sotto la direzione di Pino Leone fino a tutto il 1975.
Mario Tricamo passa presto dalla carriera attoriale a quella registica, e a diciotto anni firma le sue prime regie: fu il primo a portare a teatro l’atto unico L’inventore del cavallo di Achille Campanile. Dopo questa importante regìa, proseguì rappresentando Sganarello o il cornuto immaginario di Molière e La Difunta atto unico del filosofo Miguel de Unamuno.
L’artista civitavecchiese era molto brillante con la mimica: infatti all’età di sedici anni nello spettacolo Il professore di pianoforte di George Feydeau – con la regìa di Pino Leone – aveva una scena in cui prima della battuta doveva mangiarsi un biscotto secco, che non riusciva proprio a inghiottire: solamente con la mimica riuscì a far ridere il pubblico.
È forse questa una sua peculiarità, l’empatia con un pubblico che ha sempre apprezzato e percepito la sua spontaneità e immediatezza, senza filtri, senza compromessi né sovrastrutture.
Le ultime regie di Mario come teatrante amatoriale furono dedicate all’opera pirandelliana L’uomo, la bestia e la virtù e La purga di Bebè di Georges Feydeau nel 1975, sempre in una compagnia di attori dilettanti, mossi dalla gran voglia di fare e di vivere il palco.
GIULIA MASSARELLI (continua)