DOMENICHE BESTIALI
di STEFANO CERVARELLI ♦
C’ era una volta….
C’era una volta, nei lontani anni ’80, una canzone il cui titolo era ”Domenica Bestiale” e la cantava Fabio Concato.
Bestiale perché il cantante immaginava come sarebbe stata bellissima, appunto in termini superlativi “bestiale” la domenica che si apprestava a trascorrere con la sua donna.
Una canzone che fece successo anche perché passare una domenica così come veniva descritta era un po’ il sogno di tutti i ragazzi e, diciamolo, non solo di loro.
Oggi questo aggettivo, tra l’altro mai andato fuori moda, sta tornando prepotentemente nel linguaggio corrente ma non per descrivere “zuccherose” giornate in dolce compagnia dell’amata, ma per altro molto altro… di peggio.
Sempre di domeniche si tratta, ma di ben altro tenore.
Dall’agosto scorso, in coincidenza della ripresa dei campionati di calcio in tutta Europa, con gli stadi aperti, e non sempre con capienza ridotta, sono tornate di moda, appunto le “domeniche bestiali” ma non quelle di innocenti evasioni, ma quelle degli Ultrà (vale a dire quelle dei sbandati delle curve).
Si era detto, e secondo me lo ridiceva per trovare un senso, una ragione di speranza a quanto stava succedendo, che saremmo usciti dal Covid più buoni, più tolleranti, ben disposti verso il prossimo, più disposti al dialogo ed alla comprensione reciproca e, soprattutto, ne saremmo usciti con l’esatta percezione e reale misura del giusto valore, della giusta importanza da dare alle cose, agli avvenimenti.
Ed invece……. io non so se in qualche campo dei rapporti sociali, delle attività, le speranze riposte nel dopo pandemia si siano realizzate, di certo nel calcio no.
I lunghissimi mesi di chiusura degli stadi non hanno portato nessun effetto benefico alle coscienze malate, delle orde balorde che hanno ripreso a perseverare dentro e fuori gli stadi.
27 agosto Verona-Inter, gli ultrà nerazzurri se la prendono addirittura con un conduttore televisivo, Fabrizio Noris e il figlio, vengono accerchiati e malmenati, uscendo da quel canagliesco assalto con uno zigomo rotto ed un timpano perforato.
Ancora ultrà nerazzurri, 18 per la precisione, la trasferta successiva si presentano a Firenze ai cancelli dello stadio Franchi, armati mazze di ferro.
Vengono denunciati e per loro si prospettano 10 anni di Daspo, cioè il massimo della pena.
La guerriglia (perché di questo si tratta) degli ultrà non conosce né limiti né confini; ed il triste è che ci vede spesso protagonisti, anche all’estero.
Partita di Europa League in Inghilterra tra Leicester (la squadra che Ranieri portò a vincere la Premier 5 anni fa) ed il Napoli.
Al seguito della squadra viaggiano ultrà partenopei e cosa fanno una volta dentro lo stadio? Fanno volare i seggiolini delle tribune da tutte le parti.
Fuori dello stadio poi (i tifosi inglesi non aspettavano altro) si è accesa una vera e propria guerriglia tra hooligans britannici e una dozzina di tifosi napoletani che, al lancio di pietre e bottiglie di birra, hanno reagito con mazze e cinghiate.
La partita è finita 2-2 mentre fuori alla spedizione partenopea non è andata tanto bene: 12 persone arrestate dagli agenti di Scotland Yard.
A proposito della polizia inglese c’è da dire che questa, settimanalmente, è chiamata a dirimere battaglie tra opposte fazioni di tifosi più “caldi” che si danno comodamente appuntamento in Rete.
Restiamo in Inghilterra per vedere come, quando i giocatori di colore non vengono presi di mira dai social, ci pensano altri. E’ accaduto a Budapest durante l’ultimo incontro Ungheria-Inghilterra; dalle tribune era un continuo “ buu–buu” da parte dei figliocci di Orbàn all’indirizzo dei giocatori inglesi.
Per quanto ci riguarda, visti i precedenti, la presenza delle squadre romane nelle coppe, indubbiamente, rischia di fare alzare il tasso di pericolosità delle due tifoserie (non dimentichiamo scene dove il coltello ha avuto la “parte” principale).
Tanto per dare un’idea basta dire che un tifoso giallorosso è stato arrestato per aver dato una testata ad un poliziotto semplicemente perché questo lo invitava a non superare la linea di demarcazione tra i settori dello stadio.
Parlando poi di settori, di distanziamento, di accesso limitato, devo dire che queste regole vengono rispettate in tutti i settori tranne che nelle curve dove l’assembramento è di massa, mentre per le mascherine devono aver trovato un tipo particolarissimo, perché invisibile; e questo, badate bene, non accade solo in Italia.
E torniamo in Europa. Gli stadi tedeschi contengono a stento i numerosissimi tifosi, così come quelli francesi, specialmente quando a scendere in campo è il Psg; in questa nazione, sugli spalti, si fa sentire, e molto, l’effetto Messi. Un effetto che molte volte non ha mancato di trasformarsi in una sorta di “ubriacatura generale d’euforia” il cui passo dal diventare una polveriera era abbastanza breve: e non solo a Parigi.
Lens-Lille è stata sospesa temporaneamente, a lungo, dopo l’intervallo, a causa di una invasione di campo dei tifosi di casa che cercavano, ad ogni modo, il contatto con quelli ospiti.
Stessa sorte toccata alla partita Nizza-Marsiglia; spettacolo replicato poi nell’incontro di Europa League tra Marsiglia e Galatasaray allo stadio Velodrome, con l’aggiunta, per rendere più coreografica la scena, di lancio di petardi e fumogeni contro il settore riservato ai tifosi della squadra turca.
“ Stanotte, per far svolgere una partita di calcio, ci sono voluti 550 agenti “ ha dichiarato sconsolatissima la commissaria Frederique Camilleri, Prefetto della Polizia.
Ora c’è da sapere che Marsiglia e Galatasaray sono nel girone della Lazio; a tale proposito, quando leggerete queste note, si sarà già disputata, essendo in programma il 21 ottobre, la partita tra la Lazio e il Marsiglia; da quanti poliziotti sarà stato sorvegliato l’Olimpico? La speranza è quella di leggere solo cronache sportive.
Fin qui ho parlato di violenza che regna negli stadi “importanti” ma questa insana abitudine non conosce limiti, ne differenza di categorie.
Anzi… più ci addentriamo nel calcio, più i riflettori si abbassano, rendendo meno luminosa la scena, più si affievolisce l’attenzione dei media e più si registrano episodi limiti. Partite le cui cronache poco hanno di sport, società vittime di micro gruppi di paese, violenti e quel che peggio incontrollabili, che riescono ad accumulare Daspo pur stando appollaiati in una tribuna di 100 persone.
Non è un fenomeno limitato ad alcune aeree: accade dalla Sicilia alla Val D’Aosta.
Basta un episodio a dare l’idea di quanto avviene su questi campi. Durante l’incontro Oleggio Castello-Carpignano, partita della Prima Categoria piemontese, è accaduto che l’allenatore (che tra i suoi compiti ha anche quello di dare l’esempio) della squadra ospite, Giovanni Alosi, ha colpito con un pugno in piena faccia il giovane arbitro Andrea Felis di Torino.
Scene di violenza, che pur non toccando limiti estremi, purtroppo si verificano con certa frequenza su i campi e categorie minori: anche, purtroppo sugli spalti, dove siedono i genitori.
Il cosiddetto mister (ma merita ancora questo appellativo?) si è dichiarato pentito, ma certo non gli è valso ad evitare di essere condannato con Daspo di 5 anni.
Il giovane arbitro Andrea Felis, quel fischietto che ha rischiato di ingoiare per la violenza del cazzotto ricevuto, non ha tardato a rimetterselo in bocca e tornare ad arbitrare; nell’occasione sulle tribune era presente il presidente dell’Aia Alfredo Trentalange, a portare la la testimonianza e la solidarietà di tutti i direttori di gara.
Specialmente di quelli giovani come Andrea che, per la passione per il calcio, compensati solo da magri rimborsi spese, ogni settimana vanno sui campi, tantissimi, di periferia di paese, mettendo a rischio la propria incolumità.
STEFANO CERVARELLI
Triste resoconto, così, tutto di seguito… fa desiderare la fine del calcio. Poi pensi che la violenza “bestiale” è dentro gli uomini, dentro il branco; e che l’occasione offerta dagli stadi la troverebbero comunque, social favorendo. Urge ritrovare l’uomo che è in noi.
"Mi piace""Mi piace"