STORIA DELLE OLIMPIADI – PECHINO 2008

di STEFANO CERVARELLI


La capitale cinese si aggiudica i giochi con lo slogan” una nuova Pechino, una grande Olimpiade”.

Per la verità la versione originale recitava così” Xin Beijng,Xin Aoyun” (una nuova Pechino, una nuova Olimpiade) a chi faceva notare la differenza un esponente del comitato olimpico cinese rispose che, nella versione originale, lo slogan nascondeva il timore che venisse frainteso, ossia che la Cina volesse trasformare i Giochi  “e questo – disse- non sarebbe piaciuto ai componenti del CIO”. Ed ancora “Avrebbero pensato che un paese comunista stava cercando di impossessarsi del movimento olimpico”.

L’attenzione posta nel linguaggio era una eloquente ed importante dimostrazione  di quanto le autorità cinesi avevano appreso nel 2000, quando si videro superare da Sidney.

Appariva  adesso chiaro che per ottenere le olimpiadi i cinesi avrebbero dovuto subito  stemperare, ancor meglio, smorzare del tutto, i timori e le resistenze della comunità internazionale, già peraltro avanzate nel corso della precedente candidatura.

Ed infatti, come otto anni prima, l’ipotesi dei giochi a Pechino non mancò di provocare reazioni negative, di ogni tipo e da ogni parte.

Ecologisti, attivisti per i diritti umani, misero in atto  una contestazione praticamente  perpetua: prima, durante l’assegnazione dei giochi e dopo. I gruppi ambientalisti fecero notare  come, nonostante gli impegni presi dalle autorità governative e dal comitato organizzatore, i lavori di preparazione ed il rapido ammodernamento, che Pechino stava dandosi,  aggravavano ancor più la situazione ambientale della capitale: una delle città più inquinate al mondo.

La campagna ambientalista non mancò di ottenere consensi ed adesioni internazionali. Il fondista etiope Haile Gebrselassie, che l’anno precedente lo svolgersi dei giochi aveva stabilito il record del mondo sui 30Km, annunciò che non avrebbe preso parte ai giochi a causa dello smog.

I movimenti in difesa del Tibet misero in atto numerose proteste per denunciare l’indifferenza mostrata dal CIO verso quel problema.

Ma le maggiori critiche vennero, come c’era da aspettarselo, dai movimenti per la difesa dei diritti umani. Amnesty International e Human Rights Wach chiesero al CIO di non votare per Pechino; in seguito chiesero poi alla comunità internazionale di boicottare i giochi cinesi, e quindi, successivamente, pretendere dal governo cinese, un impegno preciso per il rispetto dei diritti umani.

Analoghe posizioni furono prese anche da esponenti politici americani ed europei.

Puntuale arrivò la risposta dei vertici della politica internazionale e dei leader del mondo dello sport. Questi sottolinearono “ il contributo positivo che i giochi avrebbero dato alla risoluzione dei problemi  posti.”             

Una volta assegnate le olimpiadi il CIO andò oltre e nell’esprimere le sue congratulazioni disse “che la Cina entrava, a pieno titolo, nella comunità internazionale e che i giochi 2008, ripetendo un concetto ormai monotono  “ avrebbero  permesso a quel paese un radicale avanzamento dei diritti umani”.

A supporto di questa tesi arrivò la dichiarazione della nuotatrice australiana Shane Gould, vincitrice a Monaco nel ’72 di tre medaglie d’oro. L’atleta, attivista per la promozione dei diritti umani, condividendo l’entusiasmo per l’assegnazione, disse: ”I giochi di Pechino avranno  un ruolo determinante per l’avanzamento dei diritti umani”.

Non mancò di far sentire il su appoggio anche Henry Kissinger che negli anni ’70 era stato l’artefice di una prima apertura alla Cina , con la politica del “ ping-pong”.

Molti furono gli sforzi e le parole dette per far apparire le olimpiadi come un efficace toccasana dei problemi che affliggevano quello Stato. Wang Wei, dirigente del comitato organizzatore cinese, all’indomani dell’assegnazione dei giochi, dichiarò, ancora una volta, che questi avrebbero: ” migliorato tanti aspetti sociali: l’educazione, l’assistenza medica ed i diritti umani”. Riconoscendo, implicitamente, ma non tanto, l’esistenza di tale problema.

Il ministro dello sport Yan Weimin parlò del: ”certo progresso  che si sarebbe avuto nella cultura, nella salute pubblica, nell’educazione allo sport, con le olimpiadi”, concluse poi dicendo: ”Un progresso che risulterà essere utile anche per la causa dei dritti umani” altra esplicita ammissione.

Ma al di là delle speranze esternate nei discorsi il vero significato dei giochi di Pechino,  oserei dire la  profonda essenza, risiede nella loro importanza simbolica, in quanto rappresentarono una  nuova, repentina, definitiva centralità  di quel  Paese  per la comunità internazionale.

Lo dimostra il fatto che l’assegnazione dei giochi non fu certo causale od estraneo a quanto  accadeva nell’universo “ rosso”.

Le olimpiadi arrivarono, infatti, al culmine  di una serie di successi internazionali della Cina. Nel 1997 Hong Kong era tornata sotto la sovranità cinese, dopo più di un secolo e mezzo di controllo britannico. Due anni dopo, in coincidenza con  il 50° anniversario della nascita della Repubblica popolare cinese, Macao tornò sotto il suo controllo. Alla fine del 2001, erano passate poche settimane dall’assegnazione dei giochi, la Cina entrò nel WTO (organizzazione mondiale del commercio) per terminare nel 2002 quando Shanghai venne scelta come sede dell’esposizione universale del 2010, vale a dire a distanza di due anni dalla conclusione dell’Olimpiade.

La Cina in definiva chiedeva una cosa a queste olimpiadi: apparire come lo Stato necessario per le relazioni internazionali e per quelle olimpiche, ripromettendosi, forte del suo miliardo e duecento milioni di abitanti, di far compiere un salto di qualità nella diffusione dei valori dell’olimpismo, volendo prodigarsi per fare dei giochi: ”un ponte di armonia tra diverse culture”.

E da questo punto di vista, per la verità, ce la misero tutta per stupire il mondo.

La prima  sorpresa arrivò all’inizio del 2008 quando il comitato organizzatore annunciò che le strutture olimpiche erano ultimate: quasi otto mesi prima dell’inizio dei giochi!

Le autorità cinesi avevano costruito, in tempi da record, un parco olimpico di 1.215 ettari contenente un villaggio olimpico, 14 palestre, uno stadio per 80.000 persone, un museo permanente per diffondere i valori dell’Olimpismo; tutto questo circondato da 700 ettari di boschi; costruito e rinnovato 31 sedi dei giochi, ai quali si aggiunsero 6 sedi fuori della città e  59 centri per gli allenamenti!

Ad un mese dall’inizio dei giochi per le strade iniziarono a girare migliaia di volontari bilingue e agenti di sicurezza.

La seconda sorpresa fu costituita dall’imponente cerimonia di apertura  nello stadio denominato “a nido d’uccello”; realizzato in collaborazione tra architetti svizzeri ed inglesi venne  chiamato così proprio perché la sua forma  ricordava volutamente il riparo  dei volatili che, nelle intenzioni degli ideatori e progettisti,  doveva rappresentare, per gli atleti,  il riparo di un nido, cioè la sicurezza, la tranquillità che la Cina offriva loro.

A colpire  poi fu tutta la scenografia, che  nella sua complessità e nello stesso tempo leggerezza,   non mancò di suscitare  una forte ammirazione. In essa, attraverso il viaggio nella storia, si snodarono i tre filoni principali del senso olimpico cinese. Olimpiadi verdi, Olimpiadi  ad alta tecnologia e Olimpiadi del popolo. Un viaggio che si svolse mostrando la magnifica fusione tra i 5.000 anni di storia della civiltà cinese ed i nuovi sviluppi della convulsa società moderna.

Nel grande spettacolo, realizzato con l’ausilio di 15.000 figuranti, si notò, comunque, l’assenza di ogni riferimento alla Cina di Mao ed al comunismo. Credo  interessante sapere che nell’equipe di registi chiamati a realizzare la cerimonia di apertura figurava anche Steven Spielberg che poi, nel corso del 2008, si dimise per protesta contro la vendita, effettuata dal governo cinese, di armi al Sudan, paese responsabile  dei massacri nella regione del Darfur.

Durante la cerimonia  oltre alla bellezza scenografica ed artistica, le autorità cinesi compirono un altro piccolo (o grande?) atto di diplomazia politica.

Nel palco d’onore vennero ospitati  i protagonisti più importanti della politica mondiale. Il presidente statunitense George W. Bush, il presidente francese Saerkozy, il primo presidente dell’Afghanistan post-talebani Hamid Karzai, una cinquantina di ministri degli esteri, Henry Kissinger ed il presidente russo Vladimir Putin.  La Cina aveva riunito tutto il mondo  sotto la bandiera dello sport.

Ma la scena fu di breve durata.

Proprio mentre si trovava nel palco d’onore Putin dovette lasciar ben presto il riparo di quella bandiera e rientrare  d’urgenza a Mosca, perché, proprio quel giorno, la capitale russa veniva trascinata in una crisi militare. Era giunta notizia che in Georgia soldati russi sembravano fiancheggiare i ribelli dell’Ossezia e dell’Abkhazia, invece di agire come forza d’interposizione, come stabilito nel mandato internazionale del 1992.

L’assenza del leader russo comunque non intaccò più di tanto l’immagine che la Cina voleva mandare a tutti i continenti: quella di un mondo che si ritrovava riunito a Pechino durante i giochi, per inviare un messaggio di pace, di solidarietà.

Insomma le olimpiadi cinesi si rivelarono, anche per motivi contrastanti come vedremo, essere un evento planetario ed un successo incredibile ed inaspettato per il governo di quel paese.

Infatti dopo il successo di immagine, ecco il successo economico; si vendettero sette milioni di biglietti per le 302 competizioni disputate. La Cina crebbe dell’8% rispetto all’anno precedente; le olimpiadi garantiscono utili per 1,7 miliardi di dollari, grazie agli sponsor e al merchandising olimpico, ai turisti e ovviamente ai diritti TV.

La sola NBC versa 894 milioni di dollari comprando i diritti  per il Nord America.

Successo di pubblico: gli spettatori, in  tutto il mondo, che hanno potuto seguire i giochi avvalendosi anche delle trasmissioni via internet in streaming gratuito, sono stati 1.200 miliardi.

Successo organizzativo grazie al lavoro di circa due milioni di volontari e costanti, seppur non invasivi, sistemi di sicurezza.

Infine il successo  sportivo. Pensate che Pechino fu teatro di 36 record mondiali e 143 record olimpici! Furono stabiliti 62 record olimpici! Per di più a vincere almeno una medaglia furono 86 paesi.

Le Nazioni partecipanti furono 204, gli atleti 10.942 ( 6.305 uomini-4.637donne ). L’Italia andò con 346 atleti (215 uomini- 131 donne).

Nell’elenco dei successi ottenuti  dalla Cina in queste olimpiadi va aggiunto anche quello ottenuto   dai suoi atleti. Un vero e proprio trionfo: 100 medaglie conquistate, di cui 51 d’oro, 21 argenti e  28 bronzi.

Gli Stati Uniti conquistarono complessivamente più medaglie (110), ma meno ori (36)  più argenti (38) e bronzi (36); alle loro spalle la Russia con  72 medaglie (23-21-28); seguono, distanziate, Gran Bretagna e Germania rispettivamente con 47 e 41 medaglie complessive.

Protagonisti assoluti, e simboli dei giochi, furono  il nuotatore statunitense Michael Phelps e il velocista giamaicano Usain Bolt. Il primo mantenne la promessa fatta ad Atene e vinse 8 medaglie d’oro; il velocista stabilì il record del mondo sui 100 m., vinse i 200 m. e conquistò l’oro anche nella staffetta 4 x 100.

A vincere più di una medaglia però furono anche altri atleti. Lo scozzese Chris Hoy conquista 3 ori nel ciclismo su pista, il cinese Zou Kai fa lo stesso nella ginnastica come l’australiana Steph Rice nel nuoto femminile (200 e 400 misti, 4×200 stile libero).

Nella storia delle olimpiadi, e  dello sport in generale, entra anche una tiratrice georgiana: Nino Salukvadze, vincitrice del bronzo. Quando si trovò sul podio, abbracciò e baciò la russa Paderina, vincitrice della medaglia d’argento; ai giornalisti disse: ”E’ una piccola vittoria per la mia gente, se il mondo dovesse trarre una lezione da quello che ho fatto, sarebbe che non ci dovrebbero essere guerre da nessuna parte”.

“Lo sport – uscì scritto sui giornali- portava unità e pace dove la politica aveva portato la guerra”.

Nel Tennis, alla sua sesta presenza ai giochi, lo spagnolo Rafa Nadal conquista la medaglia d’oro; la vittoria del keniano Wilfred Bungei negli 800 metri ha un po’  di sapore nostrano dato che l’atleta vive e si allena in Veneto.

Gli Stati Uniti ancora una volta vincono l’oro nel torneo di Basket, ma questa volta devono faticare più del previsto per superare in finale la Spagna (118-107). Le gare equestri si svolgono ad Hong Kong, un fatto simile era già accaduto ai giochi di Melbourne nel 1956 dove le gare si svolsero a Stoccolma per via di una legge australiana che obbligava ogni tipo di animale importato a un lungo periodo di quarantena.

Come già riaccaduto in  precedenza anche ai giochi di Pechino non manca l’episodio capace di stimolare la nostra commozione. Il tedesco Matthias Steiner, vincitore dell’oro nel sollevamento pesi (supermassimi) sale sul podio tenendo tra le mani la foto della giovane moglie, Susanna, scomparsa in un incidente stradale.

Ed eccoci all’Italia. Non  conseguiamo un buon risultato: 27 medaglie complessive, di cui 8 d’oro, 9 d’argento e 10 di bronzo.

Valentina Vezzali conferma la sua netta superiorità nella scherma, specialità fioretto, vincendo la terza medaglia d’oro. Federica Pellegrini rivela completamente quanto aveva  lasciato intravedere  arrivando prima nei 200 s.l., stabilendo il nuovo record mondiale.

Roberto Cammarelle è olimpionico nei pesi massimi del pugilato battendo per KO tecnico il pugile cinese Zhang Zhilei. L’acuto dei nostri successi arriva dalla marcia dove Alex Schwarzer conquista l’oro nella 50 chilometri, superando, lo dico a beneficio di chi ha  avuto occasione di leggere su questo blog la sua storia successiva, tutti gli esami antidoping. Purtroppo per il nostro campione, colpa una legge scellerata, sarà la prima e ultima Olimpiade.

Le altre medaglie arrivano ancora dalla scherma con Matteo Tagliarol nella spada; dal Judo dove Giulia Quintavalle si impone nella categoria 57 Kg; dal tiro al volo, categoria skeet femminile con Chiara Cainero ed infine dalla lotta greco romana dove Andrea Minguzzi prevale nella categoria 81 kg.

Le delusioni  arrivano dagli sport di squadra dove le nazionali di pallavolo maschile, pallanuoto maschile e femminile non tengono fede alle aspettative riposte.

In compenso un’impresa veramente eccezionale la compie Josefa Idem che, a 44 anni, manca l’oro nella canoa (unico sport che come la F1 arrotonda ai millesimi) appunto per soli 4 millesimi di secondo!

I giochi furono inaugurati l’8 agosto 2008 alle ore 20,08, perché, per la tradizione cinese il numero otto indica fortuna successo e ricchezza non si può certo dire che questa edizione non abbiano confermato la  credenza popolare.

Di fatto con i risultati sportivi ottenuti e con la perfetta organizzazione dei giochi il governo cinese raggiunge il suo principale obiettivo: quello di mostrare come la Cina fosse divenuto uno stato ricco, da potersi inserire a pieno titolo nel tessuto economico internazionale e che non rappresentava affatto una minaccia per la pace e la stabilità, anche se, con una certa malizia politica, faceva intendere come le tante medaglie vinte stessero lì a ricordare al mondo la sua forza.

Ma questo non bastò, anzi….fallita la campagna di boicottaggio  dei giochi, numerose ONG per la tutela dei diritti umani, si riunirono in un coordinamento internazionale denominato OLIMPIC WATCH con lo scopo di portare alla  conoscenza  del vero volto del governo cinese: quello della repressione e della mancanza di libertà.

Tale operazione si concretizzò in varie iniziative tra le quali quella di denunciare, in occasione proprio  delle  cerimonie di premiazione, i casi più gravi di violazione dei diritti ed invitare i cittadini dei paesi occidentali ad “adottare” i prigionieri politici cinesi.

Alla campagna aderì, con grande pubblicità, Carlo d’Inghilterra che dichiarò che non avrebbe partecipato alla cerimonia di apertura per protesta contro la repressione in atto nel Tibet.

Altro grande paladino della campagna fu Pietro Mennea che chiese  ai governi europei di boicottare i giochi .

I motivi contrastanti ai quali accennavo prima si ritrovano proprio nel particolare modo in cui questi giochi si posero all’attenzione dell’opinione pubblica.

Il mondo si trovò così’ a seguire con trepidazione e passione, facendo ognuno il tifo per i propri colori, le gare sportive, e contemporaneamente  fu chiamato anche ad interessarsi, tanto per dirne una, dei dissidenti rinchiusi nei logai, campi di lavoro forzato.

A  giudicare però da quanto andrò a dire sembrerebbe proprio che  tutto il lavoro di denuncia   servì a ben poco.

Nonostante le belle parole, nonostante l’assiduo controllo cui  le autorità furono sottoposte dalle ONG e da altri attivisti della difesa dei diritti umani, il regime riuscì a reprimere numerose manifestazioni  indette per chiedere maggiore democrazia e trasparenza, senza che questo provocasse nessuna ferma condanna internazionale.  E tutto sotto gli occhi di migliaia di giornalisti.

Forse fu proprio per questo che le olimpiadi di Pechino sono passate alla storia come un perfetto spaccato dell’ambivalenza della Cina nel sistema internazionale; una completa integrazione economica, non corrisposta da un’altra  adeguata adesione ai principi di quel sistema.

Per concludere: avete fatto caso che in questa edizione dell’Olimpiade non ci sono stati nè minacce nei casi concreti di boicottaggio…….? Né di doping..?

In compenso ci furono due singolari storie…rosa.

La prima ha per protagonisti due Judoka: Joao Derly, brasiliano e Pedro Dias, portoghese. Il primo aveva avuto un’avventura con la ragazza del brasiliano, complice la stessa. Infatti questa, approfittando dell’assenza dall’albergo del suo ragazzo, aveva deciso di “vincere” la noia in compagnia dell’atleta brasiliano. Il destino volle che i due si incontrassero al terzo turno. Vinse il portoghese, ma più della vittoria dichiarò di essere contento perché aveva avuto così modo di vendicare “l’oltraggio“ subito.

La seconda storia ha per protagonista la nostra Federica Pellegrini.

Era accaduto che nel 2007 la francese Laure Mamaudou aveva tolto il record mondiale dei 200 s.l. all’azzurra, lanciandole inoltre fuori dalla vasca, occhiate beffarde che la Pellegrini non dimenticò.

E che fece? Due cose: la prima fu quella di “rubare” il fidanzato della nemica, Luca Marin; la telenovela occupò le pagine di tutti i giornali scandalistici d’Europa, che mostrano le foto della nuova coppia felice.. A questo non fu che l’inizio della vendetta. La Pellegrini si allenò duramente con un solo obiettivo in testa: battere la rivale francese alle Olimpiadi e riconquistare il record mondiale; così fu.

Ma la vendetta non poté essere completa  perché  non ebbe davanti a lei la Mamadou.

Forse travolta dalla  delusione amorosa, la francese, come si dice in gergo, ”affondò” letteralmente non qualificandosi per la finale.

STEFANO CERVARELLI