Salvate il soldato Ryan

di SILVIO SERANGELI

Se scorrete l’èpos del soldato a stelle e strisce, che ci perseguita dal dopoguerra nel calderone di film e telefilm, forse potete intravedere una chiave di lettura della disfatta afgana di queste ore. E se vi ricordate l’altrettanto vasta produzione cinematografica amerikana sulle vicende dell’impero romano potete comprendere come le menti militari e spionistiche di quella nazione della gestione di quelle conquiste non c’abbiano capito niente. Meglio: l’antica Roma nella sua storia secolare è sempre stata rivisitata con i centurioni cattivi e gli schiavi buoni, i leoni nel colosseo che sbranano i poveri cristi, l’inettitudine e i vizi che dilagavano. Roma: Sodoma e Gomorra 24h su 24. Vedi il film “il Gladiatore” che fu una rivisitazione della vecchia filmografia che inondò le nostre sale nel dopoguerra: i buoni contro i Romani cattivi, fino al recentissimo polpettone satellitare SKY “Domina”  con Livia Drusilla che è un’assatanata di sesso e di ogni tipo di crudeltà. È una chiave di lettura, un genere che devono aver bevuto con prolungate sorsate anche gli addetti alla politica muscolare USA. Se il Pentagono, il dipartimento di Stato, l’intelligence, questi soggetti incapaci di  fare il loro mestiere perfino nei dettagli di questa fuga ingloriosa dall’Afghanistan, avessero magari letto qualche pagina degli storici a noi cari nella stagione liceale, magari senza poter consultare il vecchio Mazzarino-Laterza del nostro esame universitario, avrebbero compreso che non basta dispiegare forze nettamente superiori, armamenti per qualità e quantità vincenti in partenza. Non bastano i muscoli, ci vuole il cervello. Bombardiamo, distruggiamo e poi? I Romani, in questo furono maestri: nella gestione delle loro conquiste  e nel rapporto con i popoli. Così nella drammaticità epocale della tragedia afghana, lo stesso presidente americano è la personificazione del più classico Ponzio Pilato della fasulla agiografia cristiana:  «ci laviamo le mani, scusate, ci siano stufati, togliamo il disturbo», come se si trattasse di smontare una tenda da campeggio. Il soldato Ryan torna a casa, dobbiamo pensare ai cavoletti nostri. Tanto la fuga biblica dei profughi afghani se la ciucciano gli europei che stanno lontani lontani, oltre il nostro oceano. E noi magari continuiamo beatamente a ingozzarci con i barbecue d’ordinanza nel nostro universo di obesi, magari intervallando qualche scoppiettata d’allenamento e una gita carnevalesca al Palazzo del Congresso. A questo punto mi tornano in mente i ricordi che sentivo da ragazzino fra i nonni e i miei genitori intorno al tavolo di cucina col ripiano di marmo. Non c’era la televisione e per fare le nove si stava così in compagnia: i ricordi, qualche partita a scopa o a dama. E sentivo dire che poi questi liberatori avevano portato le scatolette e le cioccolate, ma erano prepotenti e offendevano, davano fastidio alle donne. E mio padre parlava dei liberatori che avevano lasciato allo stato brado le loro truppe libere di saccheggiare, violentare le donne. Della strafottenza degli ufficiali. Delle marocchinate nel meridione non si parla mai. Così negli anni la cultura coloniale americana si è impadronita del vissuto italico. Gli americani buoni da una parte, i russi cattivi (26 milioni di morti fra i loro militari e civili nella Seconda Guerra Mondiale). Bisogna allearsi con talebani per cacciarli! E appresso mezzo mondo al grido «liberiamo l’Afghanistan». Ricordate? Nella realtà la storia militare americana, che trova la conferma della sua tragica debolezza strategica con la vicenda afghana, è costellata di errori marchiani, sfumati nella lettura occidentale, abile  a nascondere i cocci sotto il tappeto della cruda realtà. Ricordate la comica dell’invasione di Cuba nell’aprile del 1961? La disfatta della Baia dei Porci? E il fresco presidente Kennedy tutta Libertà e Nuova Frontiera?  Quali menti l’avevano progettata? Per pietà lasciamo perdere la disfatta con l’eroico Vietnam. E come è stata possibile la svista delle Torri Gemelle? Quanti film e telefim ci hanno propinato la Cia in azione con le sue strumentazioni fantascientifiche,  gli agenti belli e seducenti, sempre pronti alla vittoria finale sul cattivo nemico, guarda caso brutto, rozzo, sudaticcio, e russo? Nelle mirabolanti cronache di questi anni dai vari fronti con protagonisti i figli del soldato Ryan gli inviati ci hanno raccontato di mirabolanti imprese, bombe intelligenti, di sfaceli. Magari aggiungendo qua e là qualche immaginina delle popolazioni disperate, delle città distrutte. Ricordate le guerre Usa per mettere a cuccia i sanguinari dittatori? Anche lì, e allora, come ora con l’Afghanistan. Che fino ha fatto l’Iraq, e la Siria e la nostra, ahimè, vicinissima Libia? Attenzione: i cinesi continuano a fare affari, e non sono più quelli di «una clavatta, due lile».

SILVIO SERANGELI