LO SPORT SECONDO PAPA FRANCESCO – 7. RISCATTO

di STEFANO CERVARELLI

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JUDO NELLA PALESTRA SCAMPIA

Siamo giunti  al termine di questo breve cammino intrapreso per fare conoscenza con il pensiero di Papa Francesco riguardo lo sport.

Riflessioni, quelle di Sua Santità, affidate ad una lunga intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport all’inizio dell’anno e dalla quale sono state estrapolate sette parole, diciamo così, guida,  di quella che è stata definita “L’Enciclica laica sullo sport”.

L’ultima parola che vedremo è: RISCATTO.

Al pensiero del Papa seguirà, come sempre, un riassunto del commento di don Marco Pozza, traduttore in un linguaggio più sportivo delle parole di Francesco.

“ Dire sport è dire riscatto, possibilità di redenzione per tutti gli uomini.

Sì, infatti non basta sognare il successo, occorre svegliarsi e lavorare sodo.

Per questo lo sport è pieno di gente che, col sudore della fronte, ha battuto chi era nato con il talento in tasca.

I poveri hanno sete di riscatto: offri loro un libro, un paio di scarpette, una palla e si mostrano capaci di gesta impensabili.

La fame, quella vera, è la motivazione più formidabile per il cuore: è mostrare al mondo di valere, è cogliere l’unica occasione che ti danno a giocartela.

Questa è gente che non vuole farsi raccontare la vita, vuole vederla con i suoi occhi.

Ha fame, tante fame di riscatto. Per questo certe vittorie portano a commuoversi “.

Ed ecco don Marco Pozza , teologo  amante della maratona e del  ciclismo.

“Il riscatto – come dice bene Papa Francesco – è una fame che attanaglia, costringendo a fare l’impossibile.

L’emigrazione, la povertà, la malattia, la periferia, sono la culla del riscatto.

Grandissime vittorie sono nate all’indomani di tremende batoste, sportive ed umane.

Il riscatto, spesso, nasce dalla caduta ed i segreti del successo sono rimasti sempre gli stessi: cominciare, finire. In mezzo vi è nascosto un perché. Farà  la differenza.

E’ il riscatto del clan Maddaloni a Scampia, per molti “ terra di nessuno”.

La porta della palestra di Gianni (campione e padre di tre campioni di Judo) è come la porta della chiesa di Francesco: sempre aperta.

Per chi ne ha bisogno, senza distinzioni, lo sport, il Judo in questo caso, come forma di riscatto sociale.

Un riscatto che viene a ripagare di lunghe gavette,di sconfitte cocenti, della poca fiducia che ti riservavano all’inizio. E’ stato accertato che certuni, mentre dormono, sognano una vittoria, altri, invece, scendono dal letto per lavorare sodo.

“ Quando mi sono risvegliato senza gambe -ha raccontato una volta Zanardi – ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa”. Non era una battuta ed i successi ottenuti lo hanno dimostrato.

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Per Papa Francesco, però, non basta inneggiare al riscatto. E’ necessario offrire possibilità di riscatto.

“Nessuno può cambiare la propria vita se non vede un orizzonte, se non vede

più un filo di luce”.

Alla fine di questo percorso, dopo aver conosciuto ed, inutile aggiungere, apprezzato il pensiero del Papa e la sua ampia conoscenza delle tematiche sportive, cogliendo inoltre  i ripetuti segnali lanciati da don Marco, permettetemi  di dire, in conclusione,  che sarebbe bello se lo sport, con la ricchezza che contiene, e che soltanto chi non vuole non sa vedere, non venisse messo troppo ai margini della vita sociale.

Specialmente nella nostra città.

STEFANO CERVARELLI