IN VIAGGIO VERSO TOKYO 2020……ANZI NO:2021!

di STEFANO CERVARELLI ♦

In uno dei miei ultimi articoli accennai a come l’Olimpiade, essendo  una manifestazione diciamo “ sovrana“,  goda  di una riconosciuta universalità.

Universalità della quale si è servita-ed intenderà servirsi anche in futuro-la politica.

Questo perché lo sport, pur essendo un fenomeno periferico del sistema politico internazionale, a volte rappresenta, a tutti gli effetti, uno strumento

valido della politica estera.

In fondo lo sport, proprio per il suo doppio essere “ apolitico e politico“ è stato sempre parte integrante della diplomazia internazionale mentre, dal canto suo, il CIO svolge un ruolo importantissimo all’interno di questo processo.

Alla luce di questo vorrei fare un viaggio-in più tappe-nella storia dell’Olimpiade proprio alla ricerca  di quel nesso che, da secoli, lega un gesto sportivo ad una più larga trama di fattori umani, economici, politici, ideologici; vedremo episodi   che hanno caratterizzato moltissime edizioni dei giochi, facendo, di questi, un palcoscenico per rivendicazioni che, se a volte hanno destato solo seria apprensione, in altre sono sfociate in tragedia.

Non mancheranno, infine, episodi curiosi, divertenti, che hanno contribuito a rendere affascinante il meraviglioso romanzo dell’ Olimpiade.

La tappa iniziale ci porterà da Atene, sede della prima edizione dei giochi moderni, a Stoccolma, dove si  è svolta l’ultima edizione, alla vigilia della prima guerra mondiale.

1896  Atene.   Questa edizione ebbe, come si può dire? dei precedenti che risalgono al 1859 allorquando, un decreto reale, stabilì che i giochi si tenessero ogni quattro anni; ma si trattò, più che altro, di giochi da fiera, che a gare vere e proprie accostavano esibizioni come tiro alla fune, arrampicata sull’albero della cuccagna ed altre cose di questo genere; tutto aveva luogo in una piazza e nelle vie di Atene.

Nel 1893, il costituendo comitato dei CIO, in un bollettino, stabilì quali giochi dovessero far parte dell’olimpiade, superate poi altre difficoltà di ogni tipo si arrivò alla prima edizione ufficiale dell’Olimpiade moderna.  Nel momento in cui si celebra  il gusto dei ritorni dei giochi  olimpici dopo 1.500 anni  si ha il primo respingimento sportivo della storia: riguarda proprio un atleta italiano. Questo, vista l’assenza del nostro Paese, decide di partecipare da solo e si reca a piedi (!) ad Atene per correre la maratona; possibilità che gli viene negata perché ritenuto  professionista: si chiamava Carlo Airoldi.

Nella seconda edizione, quella di Parigi del 1900, abbandonato il progetto di disputare i giochi sempre ad Atene (anche perché la Grecia impegnata nella guerra contro la Turchia non aveva rinnovato la richiesta) nella capitale francese non vi fu nulla di olimpico, neppure il cerimoniale, inaugurato ad Atene, e nessuno, né Monarchi né Presidenti, che dichiarassero aperti e chiusi i giochi.

Questi oltretutto, con l’intento di darle maggiore visibilità, vennero inglobati all’interno nella terza esposizione universale e presentati come “Concorsi di esercizi fisici e di sport” senza nemmeno far comparire il nome Olimpiade.

L’esposizione soffocò la manifestazione sportiva, la cui visibilità  risultò essere  molto scarsa, dispersa com’era tra stand, baracconi e fiere; si cerca di porvi rimedio diluendo le gare (dureranno 5 mesi! dal 22 maggio al 28 ottobre), mentre le medaglie verranno distribuite due anni dopo! Un vero fallimento. Oltre che venir meno la sacralità, scarsissima è la risposta dei mezzi d’informazione.

L’Italia vincerà tre medaglie : due d’oro, una d’argento, ma di fatto è come se non avesse vinto niente in quanto intorno alle gare (equitazione e scherma) sorgono equivoci di ogni tipo: non ultimo il fatto che sembra si trattasse di competizioni inserite nel tabellone intrattenimenti dell’ Esposizione.

De Coubertin alla fine dirà: ”Sono stati giochi mediocri e senza prestigio, con assolutamente niente di olimpico”.

L’Edizione di St. Louis, 1904. Le olimpiadi subiscono ancora il fascino delle esposizioni. Il concetto di giochi olimpici è ancora troppo fragile, troppo debole la sua risonanza per pretendere una propria autonomia. Per la verità il CIO aveva indicato Chicago come sede della III Olimpiade; la città si stava preparando all’avvenimento quando dal Missouri arriva notizia che Saint Louis, che nel corso degli anni era cresciuta tanto da arrivare a  superare il mezzo milione di abitanti, stava organizzando una grande esposizione per festeggiare il centenario del passaggio del territorio della Luisiana all’Unione.  De Coubertin, nel ricordo di Parigi, cercò di evitare l’inevitabile spostamento; non trovando l’accordo il CIO si rivolse addirittura al Presidente Roosevelt affidando a lui la scelta della sede.

Così anche la prima edizione oltreoceano si svolge nel contesto di una esposizione internazionale e le cose vanno peggio dell’edizione precedente.

Infatti, se a Parigi i giochi si erano tenuti tra l’indifferenza, qui la gente  equivoca enormemente e sotto la definizione “ giochi” si aspetta di vedere all’opera personaggi strambi, particolari, imprese spettacolari, audaci. Ed in effetti parte di questo accade perché St. Louis farà registrare  la vergogna delle “giornate antropologiche” .

Celebrate il 4 e 5 agosto  tra risate e lazzi degli spettatori  si trattò di   gare riservate a uomini di  pelle nera, a indiani d’America, a filippini, a pigmei e persino ai turchi e siriani!

Quanto di più lontano si potesse immaginare  da un vero spirito olimpico!

Episodio squallido,  senza dubbio da cancellare dalla storia dello sport. Anche questa volta i giochi durano mesi e le gare si disputano trai vari  padiglioni ed impianti di fortuna,il pubblico fu scarso( fatta eccezione per le giornata antropologiche) i visitatori erano attirati molto più dal trenino che girava per i vari stand che dai giochi.

Ma era chiaro che una popolazione così eterogenea, priva di spessore culturale, fosse insensibile al richiamo dell’avvenimento sportivo che proponeva, oltretutto,  contese che non avevano radicate trazioni locali.

A Saint Louis fece il suo ingresso la boxe che, a differenza dello stile inglese, imponeva ai pugili di coprirsi le mani con i guanti.

Insomma, dopo Parigi un altro passo falso delle Olimpiadi che ne minava la credibilità; per rimediare e nel tentativo di ridare prestigio all’Olimpiade, i reali greci offrirono la possibilità di celebrare dei giochi straordinari ad Atene due anni dopo, nel 1906, con il pretesto di festeggiare il decennale del ritorno dell’Olimpiade. Sarà un grande successo.

 
   

Dimenticavo: dalla prima Olimpiade americana arriva in Europa l’ice cream.

Alla ripresa della cadenza quadriennale (1908)  il barone De Coubertin  vorrebbe i giochi a Roma; era certo che la bellezza, la solennità della città avrebbero ridato vita  ad una manifestazione che sembrava stesse sul punto di collassare. Alla fine del 1905, convinto anche il Re dei Belgi Leopoldo, l’Olimpiade a Roma sembrava cosa fatta, tanto più che a suo favore si erano espressi anche Re Vittorio Emanuele, il sindaco di Roma e compiacimento era stato espresso addirittura anche da Pio X.

Ma non se ne fece nulla.

E quel che accadde allora mi riporta ai nostri tempi o meglio a qualche tempo fa quando alcuni membri del governo, imitando i loro predecessori di allora, dissero ”Queste olimpiadi non  s’hanno da fare” ed anche allora Giolitti non volle sentir parlare di spese per l’Olimpiade.

Niente Roma dunque. Da ambienti vicini alla famiglia reale inglese venne avanzata la candidatura di Londra  subito, naturalmente, accettata.

La capitale inglese si preparò in fretta e bene; gli impianti principali furono realizzati in un unico complesso ed i giochi iniziarono ad assumere una forma più confacente a quanto intendevano rappresentare. E proprio la presenza o la candidatura a partecipare di quasi tutti i paesi del mondo, provocò le prime delicate questioni di carattere politico, legate proprio al desiderio delle   nazioni, non ancora ufficialmente riconosciute, di partecipare in completa autonomia.

Sopratutto la Finlandia che, essendo ancora paese vassallo della Russia zarista, non poteva partecipare con la propria bandiera.

Gli inglesi stessi si opposero a che gli irlandesi si presentassero come  gruppo separato,  provocando così il rifiuto di molti atleti dell’isola.

Ma quel che più grave è che questo problema rischiò di mettere in discussione la presenza degli Stati Uniti che allineavano molti atleti di origine irlandese.

Questa diatriba tra i due stati si ripercosse sulle pedane e sulle piste, specialmente nella lotta e nell’atletica, dove si ebbero competizioni di livello altissimo, per non parlare della partita di rugby tra i due paesi dove, potete immaginare quel che accade, con i tifosi in tribuna che “giocarono “una partita tutta loro, senza esclusione di colpi!

Si rischiò perfino un grave incidente diplomatico quando gli atleti americani  si presentarono al Campidoglio di New York, per la premiazione, trascinando un leone britannico al guinzaglio!

Per noi italiani presenti per la prima volta alle Olimpiadi, sebbene conquistiamo due medaglie d’oro con il ginnasta Alberto Braglia e nella lotta greco-romana con Enrico Porro,  queste  resteranno per sempre le olimpiadi  di Dorando Pietri protagonista di un’epica storia olimpica.

Stoccolma 1912.  Ultima edizione prima del conflitto mondiale.

Gli svedesi si accorsero dello scetticismo con il quale fu accolta l’assegnazione dei giochi a Stoccolma e si misero subito al lavoro, con buona lena, per dimostrare assolutamente priva di fondamento l’idea che in un paese nordico l’Olimpiade avrebbe perso calore.

Se a Londra  l’olimpismo si era fatto le ossa  a Stoccolma le consolidò; impianti adeguati, programmi accurati ridotti, e per  evitare una manifestazione che, a causa della  lunghezza, potesse perdere interesse, condensarono le gare in soli 10 giorni.  Questo fu  possibile anche alla contrazione delle discipline che dalle 26 di Londra passano a 16; viene escluso anche  il pugilato,  che in Svezia è vietato  perché considerato “sport violento”. Seppure l’ingresso ufficiale delle donne all’Olimpiade si avrà solamente nel 1928 ad Amsterdam, in questa edizione  le ragazze sono ammesse alle gare di nuoto.

A Stoccolma inoltre per la prima volta verrà usato il cronometraggio elettrico, seppure semi-automatico, vale adire che il cronometro parte con un sistema collegato alla pistola dello start mentre all’arrivo viene fermato manualmente.

Sempre per la prima volta le squadre sfilano nazione per nazione, dietro le rispettive bandiere.

L’edizione svedese fa registrare altri  due importanti  avvenimenti: la partecipazione per la prima volta del Giappone e nel contempo, l’ultima apparizione della Russia Zarista.

La Russia ricomparirà alle olimpiadi 40 anni dopo e sempre in una città baltica: Helsinki.

I nostri atleti raggiunsero Stoccolma viaggiando in treno, in vagoni di terza classe ed alloggiando in alberghi di infima categoria; ma fummo i più forti nella ginnastica vincendo sia la gara a squadre che la classifica  individuale, vinciamo medaglie anche nella scherma e nella marcia.

Purtroppo a Stoccolma è ancora irrisolta la questione  politico-sportiva, con il CIO che reclama piena indipendenza dei propri comitati olimpici e nazioni come Boemia, Ungheria e Finlandia che si vedono negare, dall’Austria e dalla Russia, il diritto di partecipare come nazioni indipendenti. Stessa sorte per Polonia ed Irlanda, alla fine viene raggiunto un compromesso, lungo da spiegare. C’è da ricordare invece che l’Olimpiade fu preceduta dal naufragio del Titanic, mentre un’altra più grande tragedia si apprestava a coprire l’orizzonte dell’edizione successiva dei giochi.

STEFANO CERVARELLI