SUL FUTURO DELLA CITTÀ

di LUCIANO DAMIANI

Da sempre si discute sul futuro della nostra città, ultimamente, però, con l’aria di rinnovamento che pervade l’Europa e la questione energetica sempre presente e pressante in questa città, il dibattito è particolarmente acceso, si moltiplicano le attività e gli incontri ad ogni livello, ma c’è una cosa che non si è ancora compresa, a giudicare dal dibattito in corso, forse due. Lo scrivo a commento dell’articolo di Piero Alessi apparso in questo blog qualche giorno fa.

La natura delle ‘fonti sostenibili’ è tale da richiedere un cambio del punto di vista. Fino a ieri la questione energetica sviluppava il suo discorso sulla produzione in grandi centri e la distribuzione da essi. In altre parole, grandi centrali termiche e più o meno grandi centrali idroelettriche – quella del Vajont doveva essere la più grande d’Europa – ed una rete composta da grandi nodi e collegamenti fra essi. La rete di distribuzione è ancora adatta a questo tipo di filosofia. Con l’avvento delle fonti sostenibili la produzione di energia passa man mano dai grandi siti produttivi a produzioni meno importanti ma diffuse sul territorio, in alcuni casi, in giro per l’Europa, vi sono piccole realtà territoriali completamente autosufficienti ed anche alcune realtà di scala. C’è quindi un problema di revisione della rete, cosa che occorre riconoscere affatto semplice. Il ‘sostenibile’ comunque, avanza a dispetto della scarsa resilienza della rete, insomma credo sia indubitabile il riconoscimento di una importante pressione nel verso di questo cambiamento. Ed è proprio da questa incapacità di adattamento della  ‘Rete’ che gli interessi legati al gas prendono forza.

Quello che non si è compreso nelle discussioni sul nostro territorio, è legato proprio alla natura delle fonti sostenibili, chi le propone, ormai da tempo, non sostiene di sostituire la produzione delle grosse centrali ma sostiene di produrre energia sostenibile per se ovvero per il ‘proprio sviluppo’ . Nella fattispecie ci sono progetti, legati al porto ed in prospettiva all’intera città, che vanno nella direzione della produzione in proprio dell’energia necessaria. Questi progetti sono già da qualche tempo sui tavoli del MISE e della UE. Ricordo che il Porto di Civitavecchia sta partecipando ad un bando di concorso Europeo proprio su questi argomenti, progetti, lasciatemelo dire, nati dall’impegno dei comitati cittadini. Progetti che pensano Civitavecchia ed il suo porto, piloti di un nuovo paradigma energetico sul Mediterraneo.

L’equivoco, in sintesi, sta nel fatto che il rinnovamento energetico, al di là delle ‘fonti’, sposta la sua gestione dai grandi gruppi e grandi siti produttivi a diffusi e differenziati medio piccoli produttori, si può certo parlare di autoproduzione energetica, quel che ci piace esprimere con l’espressione ‘democrazia energetica’. Ed è proprio questa idea di ‘democrazia energetica’ che va in conflitto con gli interessi dei grandi gruppi, ed è in questo il grosso equivoco presente nel dibattito sul futuro di questa città. Non si tratta quindi di trasformare TVN in un produttore massivo di energia sostenibile, tanto meno si tratta di far diventare questo territorio un territorio che produca energia sostenibile per mezza Italia. Si tratta, invece, di svincolarsi dalle centrali come produttrici energetiche e di dar vita ad un progetto di autoproduzione energetica pulita, non si tratta di sostituire la produzione di TVN e TVS con pannelli solari e pale eoliche, si tratta invece di autoprodurre l’energia che occorre al territorio in un percorso a lungo termine iniziando da alcune realtà ed allargandolo sempre più. È qui l’equivoco diffuso.

Foto 1 Damiani

Didascalia: Nella foto il Municipio di Friburgo pubblicizza la produzione di energia sostenibile prodotta dai suoi pannelli solari. La foto è del 2015, Si tratta di sviluppare impianti ed applicazioni sul nostro territorio a partire dalla realtà produttiva più importante, il porto. Tante sono le aree e le superfici portuali utilizzabili per la produzione di energia da solare e per la produzione di idrogeno che utilizzi la sovrapproduzione sostenibile da solare e da eolico. La foto, nel suo piccolo, è l’esempio di un a amministrazione che crede nella democrazia energetica e nel valore di un ambiente salubre.

La natura delle sostenibili permette questo percorso per step, a differenza delle centrali che prima di poter erogare energia debbono essere completamente terminate. Al limite, ogni pannello ed ogni pala può produrre energia subito appena installate a prescindere se le altre già lo siano.

Il modello di sviluppo che vorrei vedere adottato è quello che vede la città non più ‘polo energetico del centro Italia, ma percorso che vede il territorio avviarsi a rappresentare un modello di sostenibilità e democrazia energetica, quello che vede mettere le basi di una bonifica e riqualificazione ambientale generale nella prospettiva di uno sviluppo di servizi e turismo che vede motivo di sviluppo nella centralità di questa città dal punto di vista logistico e turistico del tutto evidente, Siamo al centro dell’Etruria meridionale, siamo il Porto di Roma e siamo ad uno sputo dal suo aeroporto, non c’è amministratore che non vorrebbe avere tali potenzialità a disposizione.

Ammesso e non concesso che abbiamo ben compreso tutto questo, c’è da domandarsi se abbiamo una classe dirigente che lo abbia essa compreso, che voglia perseguirlo e che ne abbia la capacità. Ed è proprio sulla classe dirigente che c’è lo scontro, il muro più grosso da abbattere. Se da una parte pare che siano qui tutti convinti ad intraprendere la strada del rinnovamento energetico, anche se in modo ancora confuso ed equivoco, dall’altra abbiamo un potere centrale e forse anche regionale, che non riesce o non vuole svincolarsi, dagli interessi dei grandi gruppi protagonisti dell’energia. Gli interessi sono davvero tanti e potenti e, come non bastasse, trovano nella controparte politica e popolazione facilmente addomesticabili. Come qualcuno ha commentato, purtroppo, pare già tutto deciso, il rinnovamento energetico non passerà per questa città, almeno non nei prossimi anni. Tutti coloro che contano, quelli che decidono, sono stati convinti che la transizione passa per il gas, del resto lo pensa anche il Consiglio Europeo, per cui, con buona pace dell’uscita dal fossile, il nostro territorio temo sia votato ancora per anni alla produzione energetica da gas, e la sua quota di PRR sarà in esso spesa. A meno di una grossa botta d’orgoglio del territorio che mi piacerebbe tanto ci fosse ma, ad essere realisti, pare molto improbabile, visto che la nostra classe dirigente, a fronte di un importante traffico turistico sia pur di passaggio, non è riuscita neppure a produrre un ufficio informazioni turistiche. Ma de che volemo parlà? Prima del cambiamento energetico abbiamo bisogno di un cambiamento di teste.

LUCIANO DAMIANI