LO SPORT SECONDO PAPA FRANCESCO. 5: SPIRITO DI GRUPPO

di STEFANO CERVARELLI

Spirito di gruppo: e’ la quinta parola che incontriamo nella breve conoscenza che stiamo facendo del pensiero di Papa Francesco sullo sport.

Per essere più precisi una delle sette parole, estrapolate dal suo lungo intervento sull’argomento tenuto nel corso di una intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport e che ne cosituiscono la linea guida.

Una parola che richiama un concetto fondamentale dell’attività agonistica che vale per tutti e non solamente, come può sembrare, per chi pratica sport di squadra.

Infatti, in tante occasioni anche negli sport cosidetti individuali, ci sono situazioni dove lo spirito di gruppo si crea non soltanto sulle pedane, piste o piscine, e rappresenta il collante per i successi sportivi.

Lo spirito di gruppo consiste poi in quella forza, quella molla, che fa nascere, e mantiene vive, iniziative a livello amatoriale, di qualunque genere a qualunque età, a qualunque livello.

Prima di…..”passare” la parola a Francesco voglio dire ancora una cosa.

Da esperienza diretta ho notato che lo spirito di gruppo si affievolisce laddove i ragazzi si recano presso l’impianto sportivo per fare ”l’ora di attività sportiva” all’ultimo momento, già pronti e vanno via  immediatamente al termine della seduta, senza passare per quel luogo sacro che è lo spogliatoio,

senza cioè quel contatto con i compagni, compagne, quello stare insieme un po’ prima e dopo l’allenamento, fermarsi a parlare, magari anche con l’allenatore, senza cioè praticare quel “fuori allenamento” che tanto aumenta il senso di appartenenza alla squadra, al gruppo. Permettetemi una nota personale: le squadre più forti che ho allenato nel Basket, a parte le professioniste, sono state proprio quelle dove oltre che squadra i ragazzi/e erano anche gruppo, in particolare fuori dal campo; ma qui il discorso ci porterebbe lontano.

E giunto  invece il momento di leggere cosa dice Francesco, a cui seguirà, come sempre, un breve commento di don Marco Pozza, che, chi ha avuto la bontà di seguirmi, oramai conosce.

“Fare squasdra è essenziale, nella logica dello sport, così come nella vita di tutti i giorni.

Nessuno si salva da solo; e come credente posso attestare che la fede non è un monologo, bensì un dialogo, una conversazione.

Pensiamo ad esempio a Mosè che sul monte dice a Dio di salvare anche il popolo, non solo lui ( Es. 32 ).Verrebbe da dire, usando una metadfora sportiva, che ci potremmo salvare  solamente come squadra.

Lo sport ha questo di bello:che tutto funziona avendo una squadra come

cabina di regia. Gli sport di squadra assomigliano ad un’orchestra: ciascuno dà il meglio di se per quanto gli compete sotto la sapiente direzione del maestro d’orchestra. O si gioca insieme, oppure si rischia di schiantare.

E’ così che piccoli gruppi, capaci però di restare uniti, riescono  a battere squadroni incapaci di collaborare assieme.

C’è un proverbio in Africa che dice che  se una squadra di formiche si mette d’accordo è capace di spostare un elefante.

Non funziona solamente nello sport questo.”

 

“ Che nessuno si salva da solo è un punto fermo del Papa” dice don Marco Pozza- ricordando le parole pronunciate da Francesco in piazza San Pietro la sera del 27 marzo”. Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata, furiosa, ci siamo accorti che non possiamo più andare avanti  ciascuno per conto suo, ma solo insieme. Nessuno si salva da solo”.

Un adattamento in ottica di fede, aggiunge Don Marco, del discorso di Al Pacino nel bellissimo film Ogni maledetta domenica:” O noi risorgiamo adesso come collettivo o saremo annientati individualmente……Cosa volete fare?”.

Le formiche del Papa sono tutte qui: un gruppo di persone legate da un sogno è probabile che lo facciano diventare un sogno.

Spesso di  qualche atleta si sente dire ”sa fare squadra, sa creare gruppo”; solitamente lo si dice del Capitano e Capitano non lo si diventa per caso (anche se dal calcio non sempre arrivano buoni esempi: questo lo dico io), oltre che per doti caratteriali bisogna essere capaci di tessere i singoli in unità, facendoli diventare una potenza( aggiungo sempre io: compito non certo facile, e spesso però il capitano viene scelto a prescindere dal possesso di certe qualità).

Un bellissimo esempio di gruppo l’abbiamo avuto nel dream-team rosa a Londra 2012, nel fioretto femminile: Di Francisca, Errigo, Vezzali, Salvatori, Dorate, la loro unità, il trasmettersi reciprocamente entusiasmo, fiducia, ha fatto sì che diventassero un gruppo granitico, imbattibile.

Il pensiero di squadra di Francesco è la tavolata dell’ultima cena.

Anche lì si mise su una squadra: dodici contro tutti, con l’allenatore in campo.

Presi da soli i 12 erano schiappe: uniti si sono trasformati in una squadra fortissima, che ancora oggi scende in campo con il nome Chiesa.

C’è chi para i colpi, chi attacca, chi difende: è la vita.

E dentro questa vita la Chiesa accetta di giocarsi il suo destino”.

Fin qui don Marco Pozza.

Concludo con una brevissima annotazione: requisito base per creare lo spirito di gruppo è proprio lo stare… in gruppo, ma come si fa a stare insieme senza scuola, senza sport, ossia i capisaldi della socialità? Attraverso Internet?…per favore!

STEFANO CERVARELLI