Storie di libri-Marginalia-Stendhal-CV /1
di SILVIO SERANGELI ♦
Premessa. L’idea di questo breve saggio fra cronaca giornalistica e feuilleton è venuta nel corso di un colloquio con Fabrizio [Barbaranelli] sui marginalia stendhaliani posseduti dal padre Fernando e sulla storia avventurosa dei libri del console. Perché non trascriverla? E qui onoro l’impegno, ricordando che per scelta editoriale solo una piccola parte di queste notizie si trovano nei miei lavori stendhaliani.
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I libri che ha lasciato Stendhal provano come non siano fogli morti, soltanto un lascito ingombrante. Essi sono con le invadenti note a margine lo specchio della sua dissennata vitalità, dei suoi pensieri profondi, delle capricciose impuntature, delle sue furie critiche: un groviglio non facile da decifrare, per la grafia a volte impossibile e perché contiene allusioni e rimandi che non possiamo conoscere. Ci sono date, luoghi, persone, giudizi critici, riflessioni personali, progetti, conti, spesso messi insieme alla rinfusa, in periodi e occasioni molto diversi che la critica considera di vitale importanza per delineare la figura dello scrittore. Anche di questo “vizio” vive Henri Byle, magari al lume di candela nella sua stanza all’ultimo piano di Palazzo Palomba, nella solitudine della notte, rotta dal gorgoglio del mare sotto casa e dalle sferzate della tramontana che fa sbatacchiare le imposte. Stendhal apre il suo libro, s’inoltra nel mondo magico delle pagine, gli sovviene un pensiero, un’idea da annotare, un urgente bisogno di lasciare traccia; interrompe la lettura, prende la plume e lascia i suoi segni dove e come capita: Dominique incontra se stesso. I libri sono l’unica cosa che Stendhal-Dominique possiede. Li porta sempre con sé nei suoi spostamenti, nelle sue case: quella di Civitavecchia e quella a Roma.
Casse di libri gli arrivano via mare e vengono depositate nella sede del consolato. Nella vicenda terrena del console scrittore non ci sono solo i libri segnati dai suoi pensieri. Il vizio è di vecchia data. Il piccolo Henri scriveva sull’intonaco fresco della stanza della zia e sulla parte interna della sua cintura. E da ragazzino con un padre reazionario e distante e il nonno Gagnon, colto e aperto alle idee nuove, che gli apre la sua biblioteca, egli scrive il suo primo marginalia nell’edizione francese di Dante, Comédie de Dante, de l’Enfer, du Purgatore et du Paradis, …, del 1596: «La Comédie de Dante ou l’Enfer. Henri». Non può fare a meno di lasciare brevi annotazioni sui polsini delle camicie e sul gilè.
Da grande scriveva all’interno delle bretelle il giorno e l’ora in cui gli si era concessa la sua «puttana italiana» Angela Pietragrua con cui ebbe una relazione a dir poco tempestosa durante il suo soggiorno milanese. Per i curiosi: 11 e mezza del 21 settembre 1811. Alla penna non sfuggono neppure il quadrante del suo orologio, una carta da gioco. Tutte notizie di prima mano che ci fornisce lo stesso scrittore con un evidente compiacimento. Nel Fondo Stendhal-Bucci della Biblioteca Sormani di Milano, oltre alla biblioteca e alle sue due librerie, è conservata la celebre scatola cilindrica di cipria, di legno di pero laccato, che reca al suo interno le scritte di alcuni nomi incomprensibili e le date: «22 mai 1824 e 11 septembre 1821». Insieme a questa specie di porta oggetti, c’è la mazza, il suo bastone da passeggio. L’uso abituale delle note a margine non significa che lo scrittore avesse bisogno di spazi bianchi da riempire. I manoscritti delle sue opere testimoniano l’abitudine di far rilegare pagine non scritte intervallate al testo, per dare modo di intervenire con aggiunte e correzioni. Ma era più comodo, più legato all’estro annotare all’istante su quello che capitava: i libri sottomano. Henri Beyle non ha mai avuto una vera e propria casa, e non c’ha mai tenuto. L’unica abitazione stabile con la sua biblioteca anche nei lunghi periodi di congedo è quella di Palazzo Palomba.
Quando può viaggia, approfitta dell’ospitalità degli amici, non disdegna le sistemazioni temporanee negli alberghi, frequenta salotti e teatri. Una presenza costante sono i suoi libri che spesso viaggiano con lui. «Letto a Civita-Vecchia, trovo questo [terzo] volume [del Don Chisciotte] inferiore ai primi due… ». «Sono sveglio da due ore e mezzo per questo [libro] che trovo inferiore alla sua fama…[Memorie di Casanova, lette da mezzanotte alla due di notte]». «Corsa a Cerveteri Visto le statue il 27 alla sera e il 28 il mattino. Ucciso lodole il 27». «Fedele alla mia promessa non compro libri da 20 mesi». «Il principale timore che ho avuto nello scrivere questo romanzo [Armance] è d’essere letto dalle cameriere e dalle marchese che somigliano a loro». Sono questi alcuni esempi significativi della variegata miriade dei marginalia.
SILVIO SERANGELI (1 Segue)
A parte certi esuli pensieri sulle casse di libri e qualche considerazione sull’uomo (verso le donne), documenti e immagini preziose, queste, proprio per quelle informazioni che tante volte si ritrovano “a margine” e rivelano fatti e cose altrimenti non conoscibili.
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