Paolo Vercesi: protagonista ed eroe negli eventi bellici dal 1915 al 1943
di DANIELE DI GIULIO ♦
Nel 1915, all’inizio della 1^ Guerra Mondiale, il giovane Paolo VERCESI, ex ragioniere presso la Cassa di Risparmio di Milano, decise di frequentare il Corso per Ufficiale di complemento da dove uscì con il grado di sottotenente e rimase in tale status fino al maggio del 1917.
Nella primavera di tale anno, le unità italiane sferrarono un massiccio attacco contro le forze austro-ungariche sull’Isonzo, in termini sia di uomini sia di mezzi: iniziò la decima battaglia.
L’obiettivo di tale offensiva era di raggiungere Trieste ma, per poter portare a termine tale intento, era necessario uno sforzo sussidiario: conquistare, nella parte media dell’Isonzo (cioè sopra Gorizia), il bastione a picco sulla riva sinistra del fiume costituto dalla sequenza di quattro monti: Cucco, Vodice, Santo e San Gabriele.
Paolo VERCESI [Bosnasco (Pavia), 17 luglio 1896- Veja Glavica (Pogdorica) Montenegro, 16 maggio 1943]
La Brigata Firenze (su base 127° e 128° reggimento) fu impegnata nell’attacco del monte Cucco e del Monte Vodice. Il sottotenente VERCESI, inquadrato nella 11^ compagnia/III^ battaglione “Fiori”/128° reggimento, partecipò alle prime ondate: il 14 maggio i reggimenti della Firenze raggiunsero le linee austriache, che resistettero con una tenacia degna delle migliori truppe dell’impero, ma il giorno successivo presero Cucco, resistendo contro i furibondi contrattacchi austriaci.
Tale battaglia è considerata la più cruenta del 1917: la Brigata Firenze ebbe 60 ufficiali e 1.778 militari fuori combattimento e per tale atto la sua bandiera di guerra fu insignita della Medaglia d’Argento al valor militare. In tale contesto, al sottotenente VERCESI fu concessa la medaglia d’argento e la promozione a tenente in servizio permanente effettivo per meriti di guerra. Infatti, il giovane Ufficiale, preso il comando di sua iniziativa, aveva condotto il suo reparto (11^ compagnia) con animo fermo e sereno alla conquista di una forte linea nemica irta di insidie e, raccolti attorno a sé i superstiti, giungeva di slancio in prossimità di Monte Cucco. Il giorno dopo, durante un violento contrattacco austriaco, preceduto da un intenso fuoco di artiglieria, con la parola e l’esempio incitava i suoi alla lotta, ricacciando il nemico e con i pochi rimasti oltrepassava la vetta, apprestando le difese per assicurane il possesso (14-16 maggio 1917).
Nell’ottobre del 1917, la Brigata Firenze si schierò sopra Cividale del Friuli per poi posizionarsi in linea tra Peternel e Clodig. Il Tenente VERCESI nel suo diario annotò: “…Eravamo giunti a Peternel il 17 ottobre dopo una marcia di circa 4 ore sotto la pioggia, vi avevamo piantate le tende sotto un vero acquazzone su per un pendio ripido e fangoso che aveva fatto levare ai soldati non poche imprecazioni all’indirizzo della sorte poco benigna… Il 18 abbiamo incominciato a costruire le nostre tende grandi per la mensa e per il comando di battaglione. Il 19 si aggiungeranno alla famiglia altri aspiranti ufficiali del 98° corso. Alla mia compagnia ne assegnarono uno di ottima preparazione. Il 20 istruzione sulle montagne vicine… Il 22 andavo in ricognizione al passo di Zagradan con l’aiutante maggiore, l’aspirante Ducci e 4 sottoufficiali. Tiravano maledette granate e non è stata cosa piacevole quella di affacciarsi sulla valle del Tolmino…Il 23 si ricevevano ordini più precisi, si attendeva veramente il fuoco avversario nella notte sul 24. Alle 2 notte del 24 incominciava il bombardamento con granate a gas asfissiante. Mi sono sentito stringere il cuore mentre mi passavano immediatamente mille pensieri di malaugurio.. Alle 16.00 mentre si attendeva il rancio veniva l’ordine di partire nel minor tempo possibile…”
Il 24 alle 2 di notte iniziò la 12° battaglia dell’Isonzo o di Caporetto e solo attraverso il diario del Tenente Paolo VERCESI si è potuto stabilire l’ora esatta della resa di Peternel: le 4 di pomeriggio del 26 ottobre 2017. Al riguardo, l’Ufficiale fu ascoltato dalla “Commissione d’inchiesta-Caporetto”, istituita dal governo Orlando il 12 gennaio 1918 che terminò il suo lavoro il 23 novembre 1919. Lo scopo di tale commissione era di stabilire le ragioni dello sfondamento del fronte italiano nel settore tra Plezzo e Tolmino, avvenuto il 24 ottobre 1917 e la tragica ritirata fino al Piave.
Maggiore Paolo VERCESI in Etiopia
Nel 1935 il Maggiore VERCESI, inquadrato nel contingente italiano, fu impegnato nella campagna di Etiopia. Nelle sue attività operative entrò in contatto con il futurista Filippo Tommaso Marinetti. Entrambi avevano combattuto nella 1^ Guerra Mondiale e, incredibilmente, anche Marinetti con il grado di sottotenente di artiglieria aveva combattuto nella battaglia di Monte Cucco: il 14 maggio 1917, in località Case di Zagora, rimase ferito all’inguine e alle gambe, guadagnandosi sia la promozione a tenente sia la concessione della medaglia di bronzo al valor militare.
Il padre del futurismo italiano redisse nel 1937 Il Poema africano della Divisione “28 Ottobre”: libro autobiografico in cui narra con precisione aneddoti, fatti di cui è testimone e protagonista diretto, riportando documenti, bollettini e comunicati. In tale trattato si cita testualmente: “[…] Per verificare se Scelicot contiene nemici andiamo in ricognizione con il Maggiore Vercesi e il Maggiore Rossi fuori dal fortino di passo Dogheà sulla carovaniera che il genio sistema…”Altra citazione: “[…] In odore di pepe rosso muffa sterco il Maggiore Vercesi alto snello e il piccolo gesticolante ascari interprete Ling Seium interrogano l’abissino pastore feudatario del villaggio Monos…”.
Il 1° dicembre del 1941, durante la II Guerra mondiale, venne costituito il 383° Reggimento Fanteria “Venezia” per trasformazione del 235° Reggimento. Il nuovo rgt. aveva in organico: comando e compagnia comando, 3 battaglioni fucilieri, 1 compagnia mortai da 81, 1 compagnia cannoni da 47/32 e venne assegnato alla Divisione di Fanteria “Venezia” (19a), dislocata in Montenegro.
Col. Paolo VERCESI con il reggimento schierato
In data 12 maggio 1943, il 383° rgt. fanteria “Venezia” fu allertato, in quanto le forze di Tito erano in procinto di sferrare un attacco tra Podgorica e Bioce: si predispose pertanto l’invio del III battaglione con il supporto dei mortai da 81 mm nella suddetta zona per predisporre un’immediata e pronta difesa. Il “glorioso” Col. Vercesi (così lo definisce il militare Edo SARTI nella sua testimonianza) decise di partire con i suoi uomini, nonostante che la sua partecipazione non fosse prevista in quanto era già presente il Ten. Col. BRUCCHIERI (comandante del III battaglione) ma il coraggioso Colonnello intuì che la missione era estremamente pericolosa e pertanto si affiancò alla 4^ compagnia come “soldato tra i soldati”.Nel 1942 il Col. Paolo VERCESI, ex Comandante della Scuola Allievi Ufficiali di Complemento di Fanteria Arezzo, assunse il comando di tale unità, e nel mese di febbraio, dopo un periodo addestrativo per garantire l’amalgama del reparto, il Reggimento fu inviato in territorio jugoslavo e dislocato a Plijvlie in Montenegro. Il compito dell’unità era di garantire attività di presidio, esercitando un’azione di: controllo, vigilanza e difesa nella zona di Podgorica, Berane e Kolašin.
All’una di notte del 14 maggio iniziò il combattimento: il fuoco di preparazione da parte delle unità nemiche investì le difese predisposte e successivamente fu sferrato un intenso attacco da parte delle forze preponderanti di Tito che non distolsero il valoroso Ufficiale a svolgere la propria azione di comando con serena e ferma decisione, cosicché la resistenza dei suoi uomini, protrattisi per oltre un giorno e mezzo, potesse consentire l’afflusso di altre forze in soccorso.
Il Col. Paolo VERCESI, sprezzante del pericolo, animò con la parola e con l’esempio la resistenza dei suoi uomini e, mentre era intento al trasporto di una pesante cassetta di munizioni insieme al militare SARTI (miracolosamente rimasto illeso), fu colpito a morte (16 maggio 1943). Per questo luminoso esempio di fortezza d’animo e di alto senso del dovere, fu insignito della Medaglia d’argento al V.M. .
Il sacrificio dei valorosi caduti del 383^ reggimento (circa 400 militari) non fu inutile: avevano dapprima fermato e poi rallentato l’avanzata nemica, intenzionata ad aprirsi la strada verso l’Albania e per poi successivamente proseguire verso la Grecia. La suddetta immolazione consentì ad altre forze del contingente italiano di intervenire successivamente ed eliminare la minaccia.
Sul campo di battaglia, dove giacevano i corpi dei soldati italiani, giunsero le avanguardie delle forze titine che perpetrarono degli atti di vilipendio sui corpi senza vita del Colonnello VERCESI, del Capitano DE ROSSI e del Ten. Cappellano VERONESI: tale azione bestiale, purtroppo, era sovente nel Teatro Operativo Jugoslavo. A Podgorica, fu predisposto un cimitero militare per accogliere questi valorosi e, dopo la fine della II Guerra mondiale, le loro salme furono tumulate nel Sacrario Militare dei Caduti d’Oltremare di Bari al cui ingresso campeggia la scritta: “Visitatore rispetta questo luogo ricordati che coloro che qui riposano si sono sacrificati anche per te”.
DANIELE DI GIULIO
DEO IGNOTO.
Accogli, Ignoto, nella Tua luce tutti coloro che sono morti a causa della violenza,della guerra, dell’odio, della bestia umana.
Non guardare alle loro credenze, non curarti dei loro linguaggi.
Pietà verso coloro che si sono immolati nei campi di battaglia, nei luoghi tristi dello sterminio.
Pietà per chi ha compiuto il proprio dovere di soldato.
Monito per i tracotanti della Terra sia il loro sacrificio, monito per gli aridi, monito per gli impietosi, monito per i poveri di spirito perchè sappiano comprendere con il cuore e non con le viscere il dono della libertà.
Dio Nascosto ed Ignoto Tu puoi essere, Tu puoi non essere. Siamo gettati nella incertezza dell’esistenza ed ogni fede è dubbio per i mansueti, certezza per gli stolti.
Ma agli uomini di buona volontà rimarrà sempre quale fede certa il ricordo di tutti coloro che hanno con dignità adempiuto il proprio dovere.
Sia questa fede guida per avanzare sulle vie del Bene.
Verso una umanità redenta dalla bestia umana.
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Grazie Carlo Alberto per queste tuo splendide parole. Al riguardo, riporto una poesia “ITALIA” dell’eterno Giuseppe UNGARETTI, scritta durante la Prima Guerra Mondiale:
Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni
Sono un frutto
d’innumerevoli contrasti d’innesti
maturato in una serra
Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia
E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre
(Locvizza, il I° Ottobre 1916).
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Grazie Daniele per questa ricca testimonianza. Le gesta eroiche devono essere custodite nelle nostre memorie. Qualche anno fa ho incontrato a Bergamo, per lavoro, una signora di cognome Stegher. La prima cosa che le chiesi fu se fosse imparentata con Italo. Lei candidamente mi rispose che era il fratello di suo padre e che era mancato. Allora le precisai che mi riferivo a un altro Italo Stegher, nato a Civitavecchia, morto durante la Grande Guerra e insignito della medaglia d’oro. La signora ignorava la sua esistenza così come ignorava il fatto che a Civitavecchia gli fosse stato dedicato un Largo e una Caserma. A quel punto volli approfondire – da buon ispettore – se ci fossero legami di parentela tra i due e così scovai in rete un prezioso documento sulla storia della famiglia Stegher (in origine Steger e proveniente dalla Baviera) scritto da Paolo Basilici (http://www.basilici.info/storiedifamiglie.htm). E così scoprii che la dottoressa Elisabetta Stegher era figlia di Giulio, a sua volta fratello di Italo e Vittorio, tutti e tre figli di Aldo, fratello dell’eroe. Quindi Italo Stegher medaglia d’oro era il fratello del nonno di Elisabetta. Tra l’altro, leggendo il documento del Basilici, scoprii che l’Italo nipote, ingegnere progettista, aveva realizzato, nel 1963, il ponte svincolo dell’autostrada Roma-Civitavecchia. Sarà una coincidenza?
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Ciao Bruno, ti ringrazio per i tuoi commenti. Nel 2014, Carlo Alberto Falzetti e il sottoscritto elaborammo un bollettino della Società Storica sugli Eroi civitavecchiesi nella Prima Guerra Mondiale. Alla presentazione del libro, presso la sede del CESIVA (ex-Scuola di Guerra), invitammo anche l’Ingegnere Stegher da te citato (nipote di Italo) e fu un emozione per tutti noi. Successivamente, l’ingegnere mi regalò una bussola (perfettamente funzionante) appartenuta allo zio Medaglia d’oro al valor militare. Insieme a Carlo Alberto decidemmo di donarla al Museo del CESIVA: attualmente è visibile in quanto posta in una teca del citato museo, corredata con una foto e relativa didascalia inerente all’atto eroico del nostro eroe civitavecchiese.
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ringrazio in modo particolare il col. Daniele Di Giulio per la sua ricerca difficile di notizie su un episodio della seconda guerra mondiale e soprattutto della prima..Non posso negare l’onda di emozioni che ancora ,dopo tanti anni,mi viene violenta incontro nel ricordo dell’ultimo saluto a noi familiari prima di partire nella consapevolezza che non l’avremo più rivisto. Grazie anche a Fabrizio e a Carlo Alberto Falzetti per la sua bellissima preghiera e agli amici che hanno voluto condividere l’interesse per questa storia drammatica.
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Grazie per le vostre parole e riflessioni, ora purtroppo si può comprendere meglio il mio carattere avendo avuto queste notizie a tredici anni. Grazie ancora. Giorgio Vercesi
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